venerdì 17 giugno 2016

Il Fato non bussa mica alla porta.




Un paio di giorni fa ho incontrato uno sciamano.

Ero a casa di amici e mi è stato presentato così, come si presenta il proprio dentista, l’avvocato o l’amministratore del condominio.

Ero incuriosito. Abbiamo parlato per un po’ di magia, esoterismo e occultismo. Giusto quattro passi nel Mistero.
Ero particolarmente interessato al tipo di lavoro che faceva. Mi raccontò che praticava guarigioni spirituali. Riti e incantesimi, ma principalmente la sua specialità erano le predizioni. Era specializzato nel futuro. 

Gli dissi: "Secondo me il Destino è troppo crudele per cantarsela prima"
Sorrise del mio commento, forse gli piacque e dopo un po' mi chiese se volessi una sua profezia, una lettura del mio futuro.

“No, non sono  interessato” gli dissi ringraziandolo; E prevenendo (o prevedendo) la successiva domanda aggiunsi: “Non mi interessa. Non perché non sia curioso o perché non credo che sia possibile. Nemmeno per paura, ma solo perché è inutile. Non servirebbe a niente.”

Rimase stupito di questa mia affermazione. Disse: "Tutti vorrebbero conoscere il futuro e magari cambiarlo" e aggiunse “Come non servirebbe? Spiegati meglio”

Risposi al volo: “Guarda, non ti voglio stufare con una spiegazione, ma se ti va ti racconto una storia così posso farmi capire senza annoiarti”.

Poi cominciai...

Durante il proibizionismo a Chicago negli anni 30’ viveva un famigerato Gangster. Un personaggio non solo crudele, astuto, e spregiudicato, ma temerario.
Quell'uomo pareva non conoscesse  la paura.
Era scampato a decine di imboscate e regolamenti di conti e ne era sempre uscito incolume. 
Il suo sprezzo per qualsiasi rischio lo aveva reso quasi leggendario.  Era un criminale  impossibile da spaventare.

Aveva però una strana mania: odiava i fiori o meglio odiava i fiori bianchi.  
Certamente era una bizzarra idiosincrasia, ma che ormai faceva parte del suo mito. 
Bastava un mazzo di margherite, perché quell'uomo dal sangue freddo come un alligatore perdesse le staffe. Non sopportava nemmeno un semplice bouquet in una stanza.

Una notte mentre se la godeva in un locale dove facevano musica, vide una bella ragazza. 
Lei era vicino al bar e si guardava in torno con il visino un po' annoiato. Lui ne approfittò subito per offrirle da bere. 
Conversando la ragazza gli disse che era un'aspirante attrice e anche cantante e ballerina. Insomma faceva questo e quello, ma senza troppa convinzione. 
Lui invece il suo lavoro lo aveva scritto in faccia. 
Non era certo bello. Alto però, e di corporatura muscolosa. 
I tratti duri del viso incorniciavano gli occhi neri che mettevano paura agli uomini, ma che alle donne piacevano.

Cominciarono a flirtare, e dopo un'ora e alcuni drink uscirono insieme dal locale. 
La ragazza rifiutò l’invito a casa del Boss, ma lo sorprese proponendogli invece di accompagnarla al suo albergo. 
“Per un ultimo bicchiere, ma niente di più.” 
Precisò lei, sottolineando la frase con un sorrisetto.

I due gorilla arrivarono insieme, perché accompagnavano sempre il gangster.
Una volta giunti a destinazione, controllarono la stanza, e dopo qualche minuto ne uscirono. Uno di loro disse: “Neanche un fiore, capo”.
I due balordi vennero poi congedati e se ne andarono ad aspettarlo in strada, mentre loro rimasero finalmente soli. 
Musica e whisky continuarono a far compagnia a quella bella serata e nonostante quello che lei aveva detto stavano arrivando quasi al dunque ancora vestiti. Proprio sul più bello lei si scostò via. 

Prima che lui protesse protestare, lei gli chiese: “Farò l’amore con te, lo prometto, ma raccontami la storia della tua mania per i fiori. Ti prego sono troppo curiosa, continuo a pensarci”.

Il gangster con un sospiro si lisciò i capelli e gironzolò per la stanza, infine si mise comodo su una poltrona. 
Guardò fuori dalla finestra come se nel buio cercasse la pazienza. 
Si sbottonò la giacca e guardandosi la cravatta, cominciò ad accarezzarla come fosse un gatto. 
Dopo qualche secondo la fissò e improvvisamente batté i palmi sulle cosce: "E va bene..."  
Si girò indietro come per guardarsi distrattamente alle spalle e aggiunse: “A patto che resti un segreto…O ti dovrò uccidere” addomesticò quella minaccia con un mezzo sorriso che però non la rese più amichevole.

La ragazza non si spaventò, anzi fece un piccolo salto di contentezza, poi incrociando gli indici davanti alla bocca rispose: “Lo giuro”.  
Si ravvivò i capelli e si sedette davanti a lui in attesa.

L’uomo stiracchiò un poco le gambe e cominciò la storia. 
La sua voce era bassa con un leggero accento del sud che gli faceva strascicare le parole come se il discorso stesso avesse un cadavere sulle spalle che lo appesantiva.

Iniziò così il racconto: “Sono sempre stato un criminale, perfino da ragazzo. Vivevo alla giornata senza genitori in periferia. 
Avevo messo su una piccola banda di bastardi, tutti ragazzi come me.
Rubavamo nelle case, ma il quartiere era così povero che a malapena riuscivo a mantenermi. 
Non sarei mai uscito dalla miseria. 
Poi un giorno, uno dei miei amici mi raccontò che ad appena cinque isolati c’era una casa di una vecchia ricca che viveva da sola.
La vecchia non si fidava delle banche e teneva i soldi in casa, sotto il letto in una scatola. 
Questo almeno era quello che gli aveva raccontato lo zio che faceva l’idraulico ed era entrato  in casa della signora una settimana prima per una riparazione.

C’era un problema.  
La donna era una maga. Una specie di strega che durante il giorno riceveva la visita di un sacco di gente importante, perché lei prevedeva la morte.
Aveva questo strano potere, capisci?  

La maga però ai suoi clienti diceva solo cosa avrebbero visto nel momento della fine. 
Non gli diceva il giorno o altro. Solo l’ultima immagine che avrebbero avuto davanti agli occhi.
Pareva poco, ma alla gente questo incuriosiva. Ci andavano e pagavano per sapere. 
La cosa incredibile è che la strega non sbagliava mai. 
Molti raccontavano la profezia ricevuta, magari ad amici e parenti. Forse per scaramanzia o per darsi importanza; Chi può dirlo? 
Però qualcuno di quei tizi moriva. Eh già! Perché in questa maledetta città non si campa molto. 
E quelli che sapevano poi davano ragione alla vecchia che ne usciva sempre alla grande, ci prendeva sempre. 
Era successo  decine di volte. Questo almeno, garantiva il mio socio.

A me parevano tutte  stronzate,  ma se mi potevano far guadagnare un bel gruzzolo… Fanculo alla vecchia. 
Quella notte stessa andammo a  fare il colpo.
I ragazzi della mia banda appena vista  la casa però se la fecero sotto. 
Era una villetta con un brutto giardino e la casa era veramente sinistra. Non so come ma metteva i brividi.

Alla fine fui l’unico che ebbe le palle di entrarci.
Scavalcai il recinto, ruppi il vetro della finestra e salii al primo piano. 
La porta della camera da letto era socchiusa e dalle finestre aperte e senza tende filtrava il chiarore della luna e dei lampioni della strada.  
Strisciai carponi sul pavimento e sollevando le coperte spiai sotto il letto. C’era veramente una valigia, non grossa, su per giù come una scatola.
Ero lì pancia a terra sul pavimento freddo divorato dalla curiosità e dalla tensione. Mi tirai fuori da sotto ma  rimanendo sdraiato aprì la valigia e vidi i soldi, tanti soldi!

Avevo il cuore in gola ma ero contento come a Natale. 
Mentre la richiudevo alzai lo sguardo e restai di sasso.  
La vecchia in vestaglia da notte era seduta sul bordo del letto e mi guardava con una minchia di faccia incazzata. 
Potevo sentirgli la puzza dei piedi da tanto le ero vicino.
Mamma mia quanto era brutta.

Dopo manco mezzo secondo fece un urlo, lungo, fortissimo. Sembrava una fottuta sirena della polizia. 
Con un balzo le fui addosso. La presi per quel collo rinsecchito, mentre la spingevo contro il materasso. 
Mentre stingevo lei aveva la bocca aperta e rantolava e si dibatteva. Dopo un po' finalmente smise di muoversi. I suoi occhi erano spalancati come due fanali, pensavo fosse morta.

Non ho mai più visto occhi simili in vita mia. 
Erano come un vetro rigato da del latte versato. Quello sguardo mi ipnotizzava e mi trapassava come una coltellata allo stesso tempo. 
Forse allentai la stretta perché d'improvviso la strega si rianimò, e stranamente mi appoggio una mano sul petto. Con un sibilo riuscì a dirmi: “Un fiore bianco, ecco cosa vedrai quando morirai”.

Te lo giuro, sentii il gelo lungo la schiena, anche se ero sudato marcio per lo sforzo. 
Mi salì dentro un odio furioso per quella maledizione a sorpresa. Strinsi con maggiore forza le mani al suo collo. Avevo gli avambracci che bruciavano, ma non smettevo di stingere e strattonare. "Crepa puttana" gridavo nella mia mente.
Mi svegliai come da un incubo e mi accorsi che la strega era finalmente morta. 
Ora sembrava un fantoccio con la bocca spalancata e la lingua penzoloni come quella di quei cani con la testa grossa e le gambe storte. Preciso a quelli pareva. 
Ero svuotato di ogni energia e respiravo a fatica, ma non riuscivo a smettere di guardarla.
La vecchia invece aveva  gli occhi all'insù come se cercasse delle zanzare sulla testata del letto“.

“Che facesti?” Chiese la ragazza interrompendolo, perché era divorata dalla suspense.

“E che dovevo fare? Prepararmi un caffè secondo te?” Disse lui sollevando le spalle mentre una smorfia gli piegava in basso gli angoli della bocca.

“Ho preso i soldi e sono scappato. Così ho iniziato una nuova vita criminale e come vedi è stato un successo. Un vero affare.

Nel mio ambiente tutti hanno sempre paura. Paura dei nemici, degli amici, delle spie. Io invece non ho paura di nessuno. Devo solo preoccuparmi dai fiori bianchi e basta. “

Rise il gangster, aprendo le braccia come in un'acclamazione. 
Poi tornò serio e senza dire nulla alzo il mento con un piccolo scatto per  pretendere quello che gli era stato promesso. 

La ragazza sorrise maliziosa. 
Si alzò e si voltò sollevando il vestito sino alle cosce. Armeggiando un poco con il reggicalze.
Quando si girò verso di lui però non si era tolta ancora nulla. Aveva invece in mano un cazzo di revolver. 

Non era una cantane né un’attrice, questo ormai lo sapeva anche il Boss. 
Lei era un killer, certamente venuta da fuori per quel lavoro che nessuno voleva fare, perché nessun era mai riuscito a farlo.

Lui spalancò la bocca e guardandosi intorno cercò. 
Forse c’era un fiore che non aveva visto? La stanza era esattamente come quando era entrato. 
Allora riacquistò la sua solita spavalderia. 

Disse “Non puoi, non puoi farlo, accadrà qualcosa che te lo impedirà e la pagherai".

Fece per alzarsi dalla poltrona.  Mosse appena il busto in avanti, e lo vide. Lo vide e basta. 

Non sentì lo sparo. Non riuscì proprio a sentirlo come se la vista avesse preso il sopravvento sull'udito. Vide solamente la fiammata.  
Una lampo intenso che si apriva in mille punte dalla canna della pistola che aveva puntata in faccia.

Il suo sguardo stupefatto così vide il bagliore disegnare davanti ai suoi occhi increduli un luminosissimo fiore biancastro.

Ovviamente fu l’ultima cosa che vide.