giovedì 21 agosto 2014

La Tenda Rotta.

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Il grande esploratore Piotr Vassily Baskin e il suo fido cane-slitta Ivan Drogo, avanzavano indomiti nella distesa ghiacciata delle Five Lands Liguri.
La tormenta segnava l'orizzonte con nuvole grigie rigate dal candore abbacinante dei turbinii nevosi.

 Baskin, armeggiava con la slitta, sistemando il carico e parlottando fra sé e sé sulle anomalie della perifrastica attiva e passiva. Il suo fido compagno guaiva intanto preoccupato, palleggiando lo sguardo: ora all'indirizzo del  prode avventuriero, ora verso la tempesta.
Piotr, captativo, lo rassicurò: "Non preoccuparti, nulla di male può accaderci. Ho il dono della preveggenza, prevedo il passato e nei miei giorni migliori anche il congiuntivo."

Ivan di rimando abbaiò: "Karasciò tovarish. Davai, davai".
Poi, la tormenta li ghermì.
Freddo, acqua, neve, lampi e frastuoni.
Il nostro capo spedizione inveiva contro tutto e tutti: "Che cazzo di rave è mai questo? Tanta strada per sfruttare un free-drink che mi hanno regalato,  e poi non si trova manco il bar"  Gridava così Baskin, mentre le possenti folate gelide disperdevano le parole e non si sentiva più una mazza.
Di riamando, Ivan Drogo disse: "Ma con tuto sto nevicare ci prendiamo una bota di neve?". 
Egli, fraintese: "Chi si piglia la botta? Nulla deve essere toccato della razione K di sopravvivenza! Difendiamo la Santa Barbara! Cazzo Ivan, facciamo quadrato come ad Austerlitz" urlò, l'indomito esploratore.

Quindi, estraendo l'arma del suo avo (una pistola 7.65 ad avancarica perennemente inceppata) la spianò verso il niente a mero scopo intimidatorio.
"Dov'è il Grizzly, Ivan, tu dimmi solo dov'è che gli raso il culo a quel -latro- di vettovaglie". 
 
In verità l'istantanea che si compose in questo cataclisma fu emblematica.

Lui, con maschio coraggio faceva scudo con il proprio corpo alle salmerie, in una mano l'arma, nell'altra un  nodoso bastone leggermente paraboloide che la Natura gli aveva offerto; Drogo, con canino imbarazzo per la situazione paradossale, gironzolava intorno al Leonida dei ghiacci, mostrando almeno compartecipazione e talvolta mordendo la neve come sostegno alla  lotta feroce ormai prossima.

Neanche  l'Onnipotente avrebbe potuto metter mano alle  scorte del Glande Pioniere.
Tale era il giusto livore e il paterno affetto con cui le custodiva.

La sua francescana dispensa, inviolabile, ammontava a pochi sacchetti di pizza, congelata, ma Buitoni all' 87%. Non era molto, certamente, ma era tutto quello che aveva e soprattutto: a cui teneva. 

Come avrebbe detto un maniaco su un autobus: -la tensione era palpabile- nell'attesa del conflitto immaginato; Dolorosa e inopportuna come un crampo prima di un gesto olimpico.
Nulla accadde però, nessuna tenzone, nessun eroismo, neanche un'intonazione di una ballata cavalleresca, perché nessuno era sopravvissuto al freddo polare di quelle latitudini.
L'unico nemico fu invece lo scorrere del tempo; Al modo de: -Il Deserto dei Tartari-  passarono le ore, poi i giorni, quindi  le settimane e infine i mesi in una estenuante attesa di un evento cruento che quando  accadde fu  invece salvifico.

Erano entrambi alle strette con i "pieti" quasi completamente congelati, fatto salvo per il calcagno destro di Adamantio del nostro eroe. 
Gironzolavano da molto senza meta e senza una mappa precisa, quando infine giunsero alla Taiga ghiacciata di Sestri Levante. 

Apparivano due granatieri napoleonici in ritirata dalla compagna di Russia che mestamente attraversano il lago Bajkal. Zoppicavano, stretti l’uno all’altro come gemelli siamesi, puntellandosi vicendevolmente su quella lastra liscia e ghiacciata come una lapide.
Fieri nello spirito se non nella marcia, malconci nei vestimenti e, ad onore del vero, entrambi un po' carenti nell'igiene personale, videro l'unico rifugio rimasto che raggiunsero, ormai stremati e intirizziti all'inverosimile. 
Era la gelateria Tritone.  

"Due granite piccole"- Ordinò deciso, Piotr Vassily Baskin, rincuorato dalla inaspettata fortuna e già noto al mondo accademico per la sua generosità munifica.
"Offro io, non preoccuparti del prezzo, Ivan." e così dicendo aprì il suo -borsellino da nonna-  consunto e di forma gnomica, ma "ahi loro" vuoto. 
Non certo per avarizia, sia chiaro, ma perché la sua innata nobiltà lo faceva dimentico del vile denaro.

"Come, Ivan non prendi nulla? Hai tre Euro per la mia granita?".
Inaspettata fu la reazione del,  fino ad allora, fedele segugio dell'est; Lo guardò dalla feritoia dei suoi occhi congelati e in perfetto emiliano l'apostrofò: -Ma va a'cagher-
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Poi, ratto  fuggì via...Verso l'Ucraina che almeno lì c'è un bel calduccio e certamente si rischia di meno.
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