sabato 10 gennaio 2009

Lo Zenit e il Nadir.


Lo Zenit (noto al mondo come il Pizzarro) e il Nadir (Nazir) sono le due antitesi occulte che sostengono una tesi fra le più fondamentali.
Quale?
Naturalmente la legge alchemica del "Menga" che nella tradizione Sufi dei Dervisci corrisponde alla danza rotatoria che porta alla catarsi.
Nei due omologhi viventi invece (Il Pizzarro e il Nazir) si manifesta con una notevole rotazione delle parti basse del corpo, quindi potremmo definirla una sorta di danza scrotale, interiore, nascosta e certamente esoterica.

Il Pizzarro (a volte tradotto come Bizzarro) è l'archetipo dell’ego, ma non un ego normale, bensì un ego superdotato ed erroneamente definito: "Cazzone".
Esso è nell'immaginario comune: "il Palese", "il Manifesto" e a volte anche "La Gazzetta dello Sport".

Di converso il Nazir appare invece, nell'universo fenomenico, schivo, malleabile e rappresenta invece il nascosto, l'inverno Belga, l'acqua fredda delle Fiandre.
Egli è dunque l'inconscio; Ed anch'esso erroneamente viene definito come incosciente, sacrestano, bilingue, falsone.
Nello sciamanesimo Andino viene chiamato: "El Pajero".
Tutte queste sono però interpretazioni semplicistiche di questi due Psicopompi e gli aggettivi detrattivi sono palesemente forvianti, ma esatti.
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Nei millenni queste anime raminghe vagano a ramengo.
Una (Il Pizzarrone) sorvola le terre emerse in costanti pellegrinaggi (la Francia ultimamente con le sue cattedrali pare essergli congeniale).
A volte vive in piccole isole ospite di lussuose residenze messe a disposizione da i suoi occasionali consanguinei, affini oppure semplici conoscenti.
Come un Cuculo, il Pizzarro, depone le sue due uova nel nido ospite e, una volta giunte a maturazione, vola via.
Qualcuno potrebbe definirlo un Maestro del trascen-dente, di cui conosce ogni otturazione.
Egli dispensa con generosità le sua saggezza stomatologica ammaestrando le genti alitanti ed esultanti.
Però la sua anima inquieta sente sempre il bisogno di partire (senza assicurazione alcuna) per non essere confinata mai in un rapporto, in una soluzione che vivrebbe come una trappola.
E' il mutamento personificato e stropicciato.
Solo in questo continuo cambiamento egli trova la certezza, appoggiandosi talvolta al bastone che la Natura gli ha offerto per riprendere fiato e ricominciare un nuovo pellegrinaggio.
Saltuariamente torna alla avita magione pascendosi nelle immense stanze del giusto riposo.
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L'altra, il Nazir (Nasune nella traslitterazione italiana) invece non si sposta mai.
Apparentemente immutabile, il suo corpo pare non essere scalfito dal tempo (ingordo e corruttore) se non per delle curiose capigliature sempre più rarefatte con cui si adorna (per altro con scarsi ed incerti successi estetici).
Vive in un piccola stanza, una sorta di antro, di foggia mediorientale molto tranquillo.
Nei pressi di questo luogo sacro di elaborazione interiore e meditazione trovasi un animale Totemico: il Ciro, guardiano dalla forma gnomica e dalla voce di Putto che ne protegge il riposo e funge da sentinella impavida a questo Tabernacolo.
Sorvolando sugli aspetti esteriori il Nazir è come detto il naturale contrappunto al Pizzarro, in una simbiosi osmotica di non facile definizione.
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Questi due "elementi" sono come Yin e Yang i due famosi scoiattoli giapponesi. Essi però non vivono insieme e non litigano per le noci, ma alla fine è uguale.
Nella loro, a volte, polverosa esistenza, indulgono nel gioco degli scacchi che li accomuna nelle notti di plenilunio in un curioso rituale che li avvince in una sfida mortale.
I due contendenti, contrapponendosi con astuzia levantina e barando, a volte spudoratamente nel gioco (in ispecie il Nazir), dipanano, discorrendone le problematiche relative alla vita, alla morte e soprattutto alle difficoltà di parcheggio dell'automobile.
Nascono così discussioni filosofiche di alta caratura, ma di nessuna utilità pratica.
Essi in questo modo esplicitano e significano una saggezza molto Zen, ovvero: agire oltre lo scopo.
Per loro non è importante vincere, ma umiliarsi vicendevolmente con una denigrazione che nel Pizzarro è palese, mentre nel Nazir sorniona ed epistolare.
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Questo apparente conflitto è epifania di una eterna riconciliazione.
E’ un costante moto di "Vaffanculo-Ti voglio bene" di Tankrediana memoria (solo più vero e raffinato).
Alla fine questa dicotomia trova pace con il loro più sagace commento, un "mantra" antico rivelatogli dal Marchese Alberto degli Ulivi , un Rosacrociano di grande saggezza creatore del Rito Massone Antico e Accettato dei Piedi Dolenti.
Il motto magico viene proferito di solito alla fine dei loro convivi, alle prime luci dell’alba come una celebrazione .
Come il nembo di Giove Pluvio addita il cielo scagliandosi sulla terra, il primo di loro a cui viene in mente lo recita: "E' tutto un magna-magna".
Proferita questa sentenza di solito su entrambi cala un silenzio raccolto; poi si salutano con solo un cenno e tornano alle proprie vite come se non esistesse un domani.