martedì 1 dicembre 2015

Uomini e Topi.






Nei test psicologici eseguiti alle persone che hanno subito una "Flash Ball Memory" ovvero un evento traumatico sociale (attentati, calamità naturali, eventi bellici e sovvertimenti sociali profondi) si è risocontrato che i ricordi relativi a questi fatti dopo un anno cambiano del 40%.
Dopo cinque anni le differenze superano il 60%.
Anche nella vita normale, però avviene.
La memoria che ci definisce come individui, grazie alla nostra personale storia, si modifica.
Questo perché i fatti sono allocati nell'ipotalamo, ma le emozioni connesse ad essi sono sparse nella rete neuronale e sinaptica. Modificando le emozioni relative ad un ricordo si cambierà il ricordo stesso.
Tutto ciò avviene di continuo dentro di noi.
.
Ogni volta che ricordiamo di fatto rimaneggiamo il ricordo e questa manipolazione diventa la realtà del nostro passato, in una continua opera di revisione e spesso mistificazione.
Ne discende che modificando la memoria degli eventi e le nostre percezioni a riguardo, diveniamo anche una persona diversa da quella che ha vissuto quella vita, la nostra vita.
Ci affidiamo per costruire un'identità ad un ricordo inaffidabile che crediamo statico, ma in realtà è in divenire.
La vita che abbiamo trascorso non è più la nostra, e noi non siamo quella persona che l'ha vissuta.
Questo è quello che affermano le prove scientifiche.

E' già possibile con la Optogenetica cambiare drasticamente e volontariamente i ricordi, ma per motivi etici si opera per il momento solo sui topi cavia geneticamente ibridati con il DNA di un alga marina fotosensibile.
E' dunque chiaro che i ricordi non sono incisi sulla roccia, ma scritti sulla sabbia.
Presto sarà possibile scriverli sull'acqua.
Quello che chiamiamo realtà e anche l'identità che presumiamo di avere, grazie alla memoria cosa sono in definitiva?
Oggettivamente solo piccole scariche elettriche nel nostro encefalo. Tutto il nostro grande mondo è lì e da lì non ne usciremo mai.
Basta una scossa di 14 milliampere nel Claustro (una piccola area profonda del cervello) e ogni attività si interrompe.
Un'altra scossa e riprendiamo esattamente da dove avevamo interrotto, senza memoria di quanto è successo.
I neuroscienziati lo chiamano: "l'interruttore".
A quanti pensano di essere un'entità biologica senziente, gioverà sapere che le decisioni sono prese 7/10 di secondo prima che decidiamo coscientemente.
I percorsi neuronali sono già scritti. Noi li leggiamo solamente.
Il libero arbitrio è il più delle volte solo un inganno che ci rifiliamo da soli.  Un alibi, credendo di poter decidere crediamo così di essere ed esistere.


Per nostra fortuna è possibile interrompere questo automatismo, ma solo con una profonda e faticosa presa di coscienza.
Solo con un forte radicamento del nostro presente è possibile esercitare un controllo su questi processi automatici. 

"Voglio veramente quello per cui sto agendo? Perché?"
Senza queste domande, ricorrentemente espresse con forza e con una profonda osservazione vigile su tutti i processi logici che determinano le nostre azioni, siamo solo un meccanismo.
Siamo dunque per la maggior parte del tempo un orologio senza orologiaio?  


Forse siamo solo Robot che si illudono di avere un'anima.

giovedì 8 ottobre 2015

Si, viaggiare.




Mi appresto a partire per vedere forse ciò che pochi hanno visto. Bisognerà così andare dove pochi sono andati.


Sono quasi pronto. 
Zaino, dollari, passaporto e tempo libero (il più difficile da guadagnare). 
Arriverò in Thailandia, ma solo di passaggio; Poi Cambogia e infine Vietnam. Da sud a nord, da Saigon sino ad Hanoi. 
Un mese di vagabondaggio nel Sud Est Asiatico.

Lungo il delta del Mekong in barca,  attraversando le foreste di mangrovie per giungere quasi al confine Laotiano. 
Visiterò templi, città, villaggi e le rovine di una antica città Khmer nella Jungla. Mi farò i cazzi miei alla grande.
Questo il programmato, ma faccio conto soprattutto sull'inaspettato.

Perché?
Non ho una buona risposta a questa domanda.

Forse dipende da come sono fatto, se dovessi definirmi potrei dire che sono molte cose, alcune non buone purtroppo...Essenzialmente direi però che sono un uomo curioso, nei giorni migliori un fiore selvatico.

Arrivederci.






mercoledì 12 agosto 2015

Mangiare, bere, uomo, donna.




Proprio ieri parlavo con un mio amico e mi raccontava che stava soffrendo come un cane bastonato.
La sua ragazza lo aveva appena lasciato.
Va detto per la cronaca che era lontana dall’Italia già da quattro mesi e questo fa sorgere qualche perplessità sulla fedeltà reciproca, e sul valore che davano al loro rapporto.
Mi è uscita invece di getto una  frase  che può sembrare cinica, spietata, ma non è così.
E’ mera osservazione e deduzione.
Gli ho detto: “Le donne quando amano non amano proprio noi, ma quando ci lasciano è proprio noi che lasciano”.
MI ha guardato con due occhietti ancora più tristi e non mi ha creduto. Ho cercato di svisceratre la questione  come al solito in una “spiega” che deve avergli gonfiato ancora di più gli attributi, visto che non aveva più con chi svuotarli.  
Ecco la mia tiritera.
Una donna (generalizzo) quando ha un rapporto sentimentale con un uomo ama di lui ciò che quest’uomo  realizza per lei. Di quello che noi siamo come entità biologiche maschili alle donne non gliene frega niente, questo deve essere chiaro ai miei omologhi.
Ed è bellissimo che sia così ed è  anche giusto perché i maschi si comportano più o meno nella stessa maniera.
Dunque il maschio è funzionale al progetto femminile che non necessariamente deve essere un "grande progetto"  di una vita intera, può essere anche un'avventura di una serata. Lo decidono loro, non noi.
Personalmente  adoro le donne e non solo perché sono belle e quando vogliono ti mandano in Paradiso senza bisogno di morire, ma perché le trovo estremamente pragmatiche.
Sono meravigliosamente spietate e trovo una grande purezza in questo. Come guerriero le rispetto, a volte quasi le ammiro.
Infatti nonostante parlino sempre di sentimenti  per loro contano molto di più i fatti
Ed è proprio sui fatti che è opportuno chiarirsi.
Come ho già scritto in altri miei precedenti deliri, penso e credo  che la femmina abbia  due coscienze in sé,  a differenza del maschio che ne ha una solamente.
La donna ha la coscienza personale come l’uomo cioè quella che si occupa della propria soddisfazione, realizzazione, quindi di concretizzare i propri desideri,  ma ha anche una coscienza biologica.
In lei c’è una potente spinta della Natura alla conservazione della vita, visto che è l’unica che può fare dei figli. Difatti in una gravidanza biovulare quando c'è un aborto spontaneo il feto sacrificato è maschile.
La Natura investe sempre nella femmina.
Certamente  la donna una volta cresciuta non può fare tutto da sola, ed è qui che entra in gioco il maschio.
Non solo è necessario come partner per quell’attività ricreativa che tutti conosciamo, ma anche per la cura della prole generata  al seguito dell’esperienza ludica in parola se fatta per un ragionevole numero di volte  e senza le opportune cautele.  In poche parole,  quando “si fa famiglia”.
Ovviamente un essere con una coscienza non può comprendere un altro che ne ha due.
Così la donna è incomprensibile all’uomo, ogni tentativo è inutile come combattere i Borg di Star Trek,  ma la donna è anche incomprensibile a se stessa,  perché in lei queste due coscienze spesso sono in contrasto, generando quelle contraddizioni che hanno fatto scrivere tanti libri e girare molti film così romantici.
Qualche volta queste follie fanno sorridere gli uomini  ma più spesso invece gli danno una montagna di problemi se mai in questo mondo non ce ne fossero già abbastanza.
Così, finché un uomo è funzionale al progetto di una donna va tutto bene, su questo potete scommetterci.
Ci  sono donne che perdonerebbero al proprio uomo anche l’omicidio per motivi futili e abietti, ma solo se questo
uomo continuerà  a darle quello che desiderano. Alcune lo aiuterebbero perfino ad arrotolare il cadavere nel tappeto per farlo sparire,  giustificandosi moralmente con quell’invenzione meravigliosa che chiamiamo amore.
Quando parlo di desideri femminili non parlo solo di scarpe, ma di tutti quei desideri che abbracciano anche l’emotività e la profondità di una donna.
Ma cosa vogliono veramente?
La vicenda non è chiara. E' dibattuta da un paio di secoli (non molti perché prima le femmine non contavano un cazzo) senza conclusioni esaustive .
Forse la risposta è nella tanto sbandierata “sicurezza” che chiedono costantemente come fossero  un disco rotto.
Una parola però forviante per il maschio che non brilla certo di perspicacia a parte rarissime eccezioni.

L’uomo infatti si domanda: “Ma cosa casso vuol dir stà mona di sicuressa?” Lo dico in veneto che ha più Pathos.
Sono i soldi? La protezione fisica? Il supporto morale? Forse ha bisogno dell’automobile e si vergogna a chiedermela in prestito? Non gli basta la mia carta di credito e vuole la mia Fidaty Esselunga?
Tutto queste cose e niente di tutto questo.
Vogliono la sicurezza che i loro desideri saranno realizzati e che un uomo sia abbastanza autorevole da garantirglielo.
E' puerile? Molto probabile, ma si sa che l'umanità è ancora infantile per tante cose.
I desideri di una donna però sono mutevoli proprio a causa della sua doppia "anima". 
Per capire cosa le succede devi avere le antenne più grosse del radiotelescopio di Arecibo.
Un momento vole un  uomo tutto d'un pezzo, in un altro un bimbo tenerissimo. Quando gli viene voglia cerca una tigre nel letto, quando gli passa: un poeta sognatore.
Quasi sicuramente non gli dispiace ricco (equandomai)  ma lo vuole anche idealista. Bello, ma non innamorato di se stesso. Dolce, ma solo quando serve. Forte, ma giusto. Intellettuale, ma che gli tiri il pisello.
In certi momenti vuole stare da sola, perché non sopporta nessuno, specilamente un uomo.
Pare che i desideri femminili non tengano conto della realtà, ma questo lo si può dire di ogni essere umano.
Quindi?
Sono cavoli amari, perché in un modo o nell’altro siamo condannati a donarci reciprocamente la sofferenza, la disillusione e la frustrazione.
E’ evidente che questo povero uomo per farsi una trombata dovrà fare  una vita d'inferno, questa non  è una previsione ma una certezza per il maschio.
A meno che un uomo possa diventare una sorta di eroe come Che Guevara, scaltro come un avvocato di Law&Order, abile come un capitano d’industria, coraggioso come Indiana Johns,  seducente  come Casanova e fedele come un pastore tedesco (inteso come cane) non sarà facile rendere una donna soddisfatta.
Penso che ci vorrebbe il dottor Frankenstein per assemblare tanti pezzi diversi in un solo uomo e poi vedere se funziona.
Diciamo dunque la verità: “Chi può avere così tante qualità, soprattutto contraddittorie?”  Nessuno, lo dico io per tutti.
In ogni caso non ha importanza, perché non è necessario averle, basta che la donna pensi che un uomo  le abbia, oppure pensi che questo uomo possa cambiare acquisendole.
Rimarremmo stupiti nello scoprire quanti rapporti si fondano sul fraintendimento.
Si deve dunque cambiare in conformità ai desideri altrui? E' possibile?
Cito ancora l’ovvio quando affermo che nessuno cambia nessuno.
Ecco il senso del naturale risentimento che si  percepisce talvolta nella donna inframmezzato dai teneri baci che dispensa.
Non è proprio rancore, ma nella sua personale ottica avanza sempre qualche cosa.
Una sorta di insoddisfazione insanabile nei confronti del compagno; Almeno così cerca di fargli credere, esercitando un potere grazie ai sensi di colpa instillati nel partner, ma in generale con gli uomini non funziona, perché tendono ad assolversi con grande facilità.
L’uomo dal canto suo è migliore?
Manco per niente. Tra maschi siamo apparentemente più amiconi e solidali.
Le donne invece che conoscono meglio l'umanità, tra loro sono nel migliore dei casi solo complici.
Il maschio è spinto dalla biologia tramite il sesso alla continuazione di questa razza di bipedi presuntuosi che definiamo: umanità.  
Il sesso in lui è una spinta potente, quasi come il campionato di calcio e i soldi.

A volte mi domando perché non estinguersi? Tanto non si risolve mai niente, i problemi sono sempre gli stessi.
E' trentamila anni che ce lo mettiamo nel culo a vicenda e non ci siamo ancora accorti che la vita così costruita è una trappola.
Certamente le cose cambiano ma non per questo sono diverse.
Sarebbe facile smettere di riprodurci, più facile certamente che smettere di fumare.
Lo metterei come slogan sui preservativi e sui pacchetti di sigarette. "Smetti anche tu, riprodurti ti fa male, il mondo ha deciso di smettere".
Il mondo, già questo incredibile mondo...
Il mondo è bellissimo, ma in particolare senza esseri umani.
Osservate con attenzione che paesaggi maestosi ci sono,  lande infinite, colori e profumi, aspre rocce e tramonti fiammeggianti che tolgono il fiato, poi mentre siete in contemplazione arriva un tizio e si mette a salutare, a fare un "selfie" a parlare al telefono, confrontate la differenza con prima e apparirà evidente che l'uomo è oramai avulso dalla Terra.
Questo però è un altro discorso.
Invece finché Excalibur avrà la durezza necessaria per duellare saremo dalla Natura chiamati costantemente alle armi.
"L'eterna tenzone del bastone" come diceva poeticamente mia nonna.
Quindi in sostanza anche  la donna è per l’uomo funzionale a qualche cosa d’altro.
La realtà rivelata del rapporto tra i sessi è troppo brutta?  Il ricatto che ci estorciamo a turno non ci fa onore?
Non c’è problema, abbiamo inventato i sentimenti.
Almeno quelli comunemente sbandierati dalle persone.
I sentimenti reali sono un'altra cosa, e come si riconoscono?
C'è un solo modo: I sentimenti veri non cambiano.
Perché invece non si vuole ammettere che piuttosto che "all’innamorato" teniamo alla soddisfazione personale tramite lui.
Sarebbe più onesto, ma è più facile mentire. 
Questo è il cosiddetto “amore umano” spogliato da tutte le falsità.
In ogni caso i sentimenti sono un lusso che ci permettiamo da meno di 5.000 anni prima la vita era troppo impegnativa per consentire una vita emotiva elaborata.
Per 200.000 anni l’uomo della preistoria a vissuto con la Natura e a contatto con  essa in modo strettissimo e difficilissimo. Non c’è paragone con il nostro odierno.
Questo connubio atavico con la Natura e le sue leggi, questa riminiscenza millenaria della pulsione a sopravvivere è ancora presente dentro ognuno.
Necessariamente l'uomo moderno è chaiamato a conciliare la dicotomia della spinta alla sopravvivenza primitiva e le regole e le relazioni interpersonali elaborate legate alla morale dell'era moderna.
Usiamo così i sentimenti come maschera per celare i nostri egoismi; Un egoismo ipertrofico che partorisce dei filgi deformi a causa del nostro ego ingigantito da una vita sempre più psichicamente e spiritualmente malata.

I paradossi che viviamo nel quotidiano dunque si incaricano di dirci che stiamo mistificando la realtà. Però, pare che a nessuno gliene fotte.
Così non vedendo cosa siamo non possiamo nemmeno trascenderci e sperare in una vita degna di essere vissuta.
Bella perché vera non solo perché ricca.
L’uomo preistorico viveva circa 18/20 anni, tutto era concentrato in poche stagioni,  a 16 anni aveva già prole, era “uomo fatto” come si dice.  
La femmina era ancora più precoce, dopo il primo ciclo già sfornava bambini a raffica, finché con molta probabilità moriva di parto. 
Se non ti ammazzava il Mammut ti faceva fuori un’infezione, la carestia, qualche virus, un'eruzione vulcanica, le frane, un'innondazione, una mini glaciazione oppure la tribù vicina.
L'umanità viveva un'esistenza breve, intensa, molto pericolosa.
Per questo motivo duravano e si riproducevano i più fetenti.
Noi siamo gli eredi di feroci assassini e sfruttatori.
Il nostro retaggio genetico è nella guerra e nella violenza. 
Chi non lo capisce, di questo mondo non capisce proprio niente.
 La vita allora era così impegnativa che non c’era il tempo per dirsi ti amo e festeggiare S. Valentino al ristorante.
In quel mondo primitivo realizzare la sopravvivenza era il primo obiettivo comune a uomini e donne e non lasciava spazio per altri desideri.
Oggi possiamo diversificare le nostre voglie, ma il valore prioritario profondo che abbiamo nelle nostre scelte arriva da lì, arriva da quel mondo molto lontano, una realtà con una forza potente costituitasi in centinaia di migliaia di anni.
Tornando al presente e con "par condicio" mi domando: cosa desidera il maschio?
E'  una facile risposta, perché è interessato generalmente a cose  più terra, terra. Sempre per la solita ragione dell’unica e sola coscienza personale molto più facile da soddisfare.
Le donne perciò sono condannate a una maggiore insoddisfazione e non parlo del fatto che non raggiungono la taglia 38, ma anche per quello che succede nel letto che è la naturale conseguenza di quello che succede fuori dal materasso.  
E’ ingenuo credere che un rapporto sessuale  avvenga durante il coito. Comincia molto, molto prima.
Questo le donne lo sanno istintivamente, perchè lo vivono come esperienza personale, ma non c'è condivisione di questo con gli uomini perché è una realtà che il maschio non capirebbe.
Se con un po' di fortuna invece la vita femminile è soddisfacente, loro trovano il piacere anche nell’intimità senza grandi acrobazie, altrimenti la cercano altrove. Su questo non trovo nulla da ridire. 

Sono troppo determinsta e materialista?
Perché mai dovrei trascurare i fatti in favore delle idee?
Questa obbiezione che sento spesso è proprio il trionfo della speranza sull'esperienza.
E' così difficile crederlo? 
Basta osservare i bambini che sono meno ipocriti.
I bambini sono buoni?
Studi psicologici rigorosi hanno dedotto che se l'aggressività infantile restasse invariata nella crescita umana ci saremmo già sterminati da secoli.
Vi è anche un gap notevole nella maturità fra i sessi.
Le bambine a tre anni hanno già capito tutto di come gira il mondo, i maschietti forse a cinquanta iniziano a ragionarci sopra.
Basta vedere come chiedono qualcosa cioè come esercitano la volontà.
I bambini gridano e si disperano per quello che vorrebbero, le bambine con due moine invece lo ottengono.
Il potere della seduzione è congeniale alla donna, è il suo sport naturale; In questo mondo non è forse tutto  una seduzione?
Un uomo nei migliore dei casi può diventare solo un discreto dilettante, ma il campionato è femminile ed è per professioniste di altissimo livello, perchè a volte su queste cose le donne si giocano la vita e quindi non ci scherzano.
Allora già pareggiare per un uomo è una vittoria incredibile.
Il problema non è però la guerra dei sessi, ma capire come funzioniamo e perché non siamo in armonia con questo funzionamento.
La Natura o Dio (per chi crede a questa fantasiosa superstizione) è un cazzo di ragioniere, non un poeta.
E’ dunque ancora un problema economico di investimenti e ricavi. 
Con queste parole epigrafiche ho terminato il simposio improvvisato per il mio amico.
"Non è meglio illudersi?" Ha chiosato il cuore (cranio) infranto.
"Già lo facciamo, e la vita è comunque una merda"
Poi, finalmente ho sintetizzato: "Meglio la realtà.  Sai, non è difficile guardarla. Il difficile è avere il coraggio di viverla."

martedì 30 giugno 2015

Economia davanti e Commercio didietro.


Anche se provo una leggera e quasi inspiegabile simpatia per l’umanità, constato ormai da molto che la maggioranza dei miei simili è composta solo da apparati digerenti e riproduttivi deambulanti.
Se mai nella moltitudine albergasse un pensiero originale morirebbe dopo un po’ di solitudine.
L’ esempio eclatante a sostegno della mia critica (che non si fila nessuno) sono le notizie economiche che gironzolano sulle pagine di cronaca e il fiorire come a primavera di slogan a sostegno della Grecia. 
Possibile che sono l’unico essere umano dotato di memoria e di un minimo di obiettività logica?
A volte lo sospetto, in altre invece ne sono proprio sicuro.

Perché si sbandiera solidarietà  a buon mercato?  
A mio modesto parere non cambierà nulla per i greci se non forse in meglio.
Lo stato greco uscirà (forse) dal Euro, ma non certamente dall'Europa come erroneamente ho sentito dire da molti.
La maggioranza dei cerebrolesi che incontro confondono il patto economico della moneta unica con gli accordi politici di collaborazione, di libera circolazione di persone e cose che chiamiamo Europa.
L’unica cosa che conoscono  bene questi "personaggi" è la formazione della squadra del cuore.
I discendenti di Pericle invece potranno reintegrare la Dracma senza dover pagare le assurde commissioni alle banche europee sugli euro stampati, e grazie alla loro svalutazione (si spera controllata) incrementare le esportazioni e il turismo.
Non subiranno sanzioni né tanto meno dovranno continuare a seguire le direttive economiche europee in merito al P.I.L. alle percentuali di disoccupazione e alla svalutazione.
Regole strette e coercitive che non hanno aiutato il loro sviluppo economico e pare funzionino bene solo per chi parla tedesco.
 
I pronipoti della culla della civiltà occidentale (come cambiano i tempi e le persone) avranno  così alla portata della loro libera iniziativa imprenditoriale molte più scelte da perseguire con agilità.  Ammesso che abbiano delle iniziative.
Un esempio a sostegno che si stava meglio, quando si stava peggio cioè prima di questa truffa colossale cihaimata Euro?
Dei ventotto attuali paesi membri dell'unione Europea, nove utilizzano ancora una valuta nazionale diversa dall'Euro e stanno benissimo. 
Fra questi, in particolare Il Regno Unito e la Danimarca sono in possesso di una deroga ai protocolli del trattato di Maasctricht; a esse non è legalmente richiesto di unirsi  al Eruo, ma è loro facoltà decisionale automoma. Infatti si guardano bene da integrarlo. Così le due cose  Euro-ricchezza, evidentemente  non sono necessariamente correlate.
Giusto per curiosità è interessante sapere che alcuni stati come Kosovo e Montenegro non appartengono all'Europa, ma usano l'Euro come moneta nazionale come anche Andorra, Principato di Monaco, San Marino e ovviamente Città del Vaticano. Tutti stati dove la speculazione è il passatempo nazionale visto che  non producono quasi nulla. Curiosamente fioriscono in questi luoghi il gioco d'azzardo, la vedita fuori mercato senza tasse e le società fantasma di comodo cioè quelle attività venatorie praticate liberamente dagli sfuttatori in giacca e cravatta.
Quindi la situazione è più articolata di quanto appare.
Grazie a Dio non sono un economista,  ma quando  è stato imposto l’euro, imposto perché fra tutti i paesi d’Europa l’Italia è stato l’unico che non ha fatto un referendum,  mi è stato detto che altrimenti saremmo finiti sul lastrico.
Si può credere?
Di solito quando un politico dice che fa qualcosa per il tuo bene, vuol dire che si è già riempito la pancia e cerca solo chi gli pagherà il conto. 
Così ho sentito un senso di intrusione nel più sacro e inviolato dei miei orifizi, e ho capito che mi stavano fregando.
E' servito a qualcosa? Ovviamente a nulla, però medito vendetta.

Parlerei nuovamente della Gran Bretagna perché sembra la più vicina con i suoi alti e bassi economici alla norma dei paesi europei, piuttosto che i paesi del nord Europa (come Danimarca) che hanno una economia, una cultura e un densità demografica diversa
Quindi gli Inglesi che fine hanno fatto?
Si quelli che dovevano in pochi anni avere le pezze al sedere?
I figli di Albione stanno meglio adesso che il 1° gennaio 1999 giorno di introduzione della moneta europea, mentre in Italia è vero che si è rallentata la svalutazione ma si è ridotto di un terzo abbondante il potere d'acquisto di ogni cittadino.
Ora le Banche non perdono il loro denaro, ma i cittadini sono più poveri assorbendo con la perdita del potere d'acquisto il gap svalutativo.  I contratti nel pubblico impiego sono fermi da sei anni come le rivalutazioni dei salariati.
Solo i quadri dirigenti che hanno un contratto a parte hanno mantenuto l'adeguamento ISTAT e in alcuni casi il loro benefit sono  perfino aumentati.
E' un buon affare? Certamente, ma solo per il  3% della popolazione.
Il rimanente 97% spesa il loro benessere con un incremento della propria povertà.
 
Senza parlare delle nuove tasse e delle speculazioni arbitrarie che hanno portato in pochi mesi dall’introduzione del Euro i prezzi a fantasiosi aumenti senza controllo.
 
La svalutazione non è un male in senso assoluto, perché favorisce l’economia. Quando però questa è sostenuta dalla produttività. Altrimenti sono guai.
 
Diverso è il problema greco. 
A parte le olive, lo yogurt, le isole e l’Acropoli non hanno molto da offrire.
Forse è un’economia più rurale, magari meno esasperata ma di certo non concorrenziale con quella del resto d’Europa e del mondo.
Sarà per loro una vera impresa rifondere il debito accumulato con i prestiti ricevuti dall’Europa per ripianare il bilancio.  
Scetticamente direi parafrasando Omero: "Timeo Danaos et debita ferentes" ma il mio scetticismo è più che giustificato.
Anche i prestiti concessi dai partner europei sono stati erogati con molte riserve e con ragione, direi. Non saranno probabilmente restituiti e si creerà un effetto domino negativo nel mondo finanziario già instabile.
Il bilancio greco (non dimentichiamolo) per anni è stato falsificato.
Falsificato dolosamente e drasticamente.
Probabilmente si credevano molto furbi i ministri ellenici, e per qualche anno gli è andata bene, ma poi sono stati beccati dagli ispettori U.E. e sono rimasti con i pantaloni abbassati davanti a tutti. Una situazione che avrebbe dovuto essere imbarazzante, ma visto che molti politici hanno la faccia come il culo non si è notata differenza nella loro immagine pubblica.
Diciamolo senza paura: La falsificazione di un bilancio di uno Stato non è proprio una cosina da poco.
Non è una marachella che si aggiusta con mezz’ora di castigo nell’angolo e due scapaccioni sul popò.
Si è configurato invece, secondo il Diritto Internazionale, una vera truffa ai danni degli altri Stati membri (Italia compresa).
Se questo fosse un pianeta abitato da una razza intelligente certe cose non si farebbero passare lisce, altrimenti  capirebbero tutti che la legge vale solo per quelli che non contano nulla, mentre gli altri cioè quelli "importanti" si fanno le regole secondo necessità.
 
Se le persone capissero almeno quanto sono limitate, forse sarebbe un buon inizio, invece sono convinti di essere intelligenti o addirittura furbi.
Una delle regole  della politica, ma anche della vendita,  e in generale della manipolazione è trasformare un problema razionale in una questione emotiva.
Infatti a livello emotivo il singolo, ma soprattutto il gruppo è facilmente condizionabile. 
Se ad esempio gli esseri umani decidessero i propri acquisti in base alle reali necessità, tre quarti di quello che è prodotto nel mondo andrebbe buttato.
Nel momento che entra in gioco l'emozione e  il sentimento la logica è praticamente soppressa, perché si agisce con la parte "rettile" del nostro cervello.
Quella parte meno evoluta, ma molto forte che quando è "accessa" dall'emozione ci fa reagire invece di agire.
Si affrontano così problemi non con la logica ma con le emozioni e non c'è da stupirsi che il mondo sia un paradosso quando va bene, e un puttanaio quando arrivano i nodi al pettine.
La maggior parte degli esseri umani è fatta così, non è gentile ricordarlo ma è la verità. 
Quasi tutti hanno tare ereditarie e un Q.I. a due cifre che non arriva a 70/80 punti nei giorni di sole; Inoltre utilizzano abitualmente la sfera emozionale attivando la parte meno sviluppata del loro encefalo già sottosviluppato costituzionalmente. In definitiva i loro  processi logici hanno di logico solo l'apparenza.

Si chiama "analfabetismo funzionale"  un eufemismo clinico per indentificare il deficit di una fetta di popolazione umana incapace di processi logici approfonditi pur apparendo persone con una normale istruzione e intelligenza.

Studi dell' OCSE (Istituto di ricerca per lo sviluppo economico  mondiale) hanno dimostrato grazie a test su larga scala che ne è affetto la metà del genere umano.
Credo siano dati falsificati, perché invece non sono meno del novanta per cento gli idioti sapienti su questo pianeta.

Si può ben capire perché gli esseri umani non si accorgono di nulla: non lo capiscono.
Praticamente non c'è scampo a questa dilagante stupidità.
E' la malattia endemica del nostro pianeta.
Non bastassero queste amare constatazioni c'è inoltre una grossa fetta di popolazione che è estremamente ricettiva all'ipnosi e ai messaggi subliminali contenuti nel bombardamento mediatico cui siamo sottoposti.
Quasi tre quarti dell'umanità  è di fatto composta da zombie. Hanno solo l'apparenza di esseri senzienti in realtà sono solo meccanismi biologici e nemmeno molto sofisticati.
Certamente la mia è un'opinione aristocratica, ma non di meno si basa su molti riscontri oggettivi e in ogni caso almeno è il prodotto del mio ragionamento.
 
A chi non basta una soluzione comoda apparirà evidente che la maggioranza delle persone hanno più o meno le stesse opinioni, o meglio  hanno due o tre schemi pensiero che si riproducono costantemente nelle loro apparenti scelte.
Questi per così dire "meccanismi installati"  sono schemi neuronali creati sia  a livello culturale dal condizionamento educativo e sociale, sia a livello di strutturazione biologica, ma anche come risultato causale della ricezione di stimoli creati apposta per manovrarli.
 
In definitiva le scelte della massa sono largamente prevedibili e si possono riassumere in una rosa ristretta di opzioni stereotipate.
 
Con una immagine poetica che da un'ultima pennellata a questo quadro fiammingo d'ombre scure direi che l'umanità è una moltitudine di cretini che cantandosi la ninna nanna camminano, mano nella mano, verso l'autodistruzione e l'annientamento. 
Come al solito, quando succede qualche cosa di veramente importante non se ne parla, ma nel caso se ne parla o se ne scrive, lo si fa come detto con un approccio emotivo.
I giochetti con cui si incantano questa massa di scimuniti sono sempre gli stessi perché il  popolo tanto dimentica tutto. 

Tornando a quei simpaticoni dei greci  hanno forse agito diversamente dalla dilagante ottusità che contraddistinte questa scimmia nuda che di eccezionale ha solo la presunzione? 
Invece di rimboccarsi le maniche e scegliere degli amministratori onesti, cosa hanno fatto?
Una beata mazza.
Hanno demandato le soluzioni a figure rassicuranti, pseudo leader che incarnano il bisogno catartico di certezze e non si sono più posti il problema. 
Non hanno posto maggiore attenzione  alla nomina e al controllo del mandato dei loro nuovi rappresentanti.
La Grecia pur non avendo subito condanne e ricevuto la "grazia” di un prestito miliardario non ha dato di sé  ancora un bel esempio. 
A dimostrazione che l'essere umano capisce solo quando soffre e purtroppo anche così capisce poco.

I vecchi amministratori dopo aver rimaneggiato i conti pubblici mistificandoli hanno passato la palla ai neo rappresentanti  che non hanno risolto i problemi strutturali che avevano determinato le condizioni per cui si era creato il problema con i loro predecessori. 
Ad esempio trasformando un’occupazione istituzionalizzata in una forza lavoro dinamica, provando a cambiare un'organizzazione produttiva elefantiaca più adatta ad un paese comunista degli anni 50.
Hanno adottato solo piccoli "cambiamenti di facciata" procrastinando il problema.
E come tutti i problemi procrastinati si è ingigantito.
 
Ovviamente non è stata colpa del popolo, ma del loro governo,  però il popolo elegge i  rappresentanti in parlamento i quali poi scelgono i ministri.
Non  si può far finta che non sia un problema di ogni cittadino l'elezione dei propri rappresentanti.
Eleggere un buon amministratore non solo è conveniente, ma vitale.
 
Proprio il loro antenato Pericle ha detto:  "Qui ad Atene noi facciamo così.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo,

ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una
politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla."

Parole sagge, ma dimenticate dai suoi discesi.
Prima che il bubbone scoppiasse tre anni fa tutti i greci ballavano allegramente il Sirtaki. Oggi non balla più nessuno.
Si mettono le mani nei capelli e questo dovrebbe insegnarci qualche cosa anche a noi italiani.
Per usare un eufemismo direi che l’inculata potrebbe arrivare anche a noi se continuiamo a piegarci sotto l'asticella posta sempre più in basso come ballassimo il Limbo. 
Non liberandoci con decisione di quella banda Bassotti che gironzola per il nostro Parlamento.  
Potremmo  urlare non solo allo stadio ma anche davanti a Montecitorio e vedere se cambia l'andazzo.
Magari cominciare a far funzionare quella strana cosa che a molti pare servire solo a separare le orecchie.
 
Intanto nelle bella Grecia splende ancora il sole, ma forse solo perchè è gratis.
Attualmente in carica c'è il governo del dopo scandalo.
Doveva essere un "governo di svolta".
Ah! Al popolo queste parole come piacciono…
I vecchi membri del parlamento invece? Quelli che hanno fatto il casino?
Non hanno avuto nemmeno una  condanna, nemmeno una sanzione, neanche un'emorroide piovuta giù del monte Olimpo come castigo di Zeus.
Nulla, nisba, nada.
C’è forse stato un cittadino greco che ha cercato per caso nei pantaloni se aveva ancora un paio di palle e ha preso a calci quegli onorevoli? No.
Tutto scorre nel paese di Eraclito.
 
Invece i ministri del “nuovo corso” appena si sono accomodati sulla poltrona si sono dimenticati dell'impegno di risolvere il grave deficit in due anni.
Un impegno solenne che non hanno affrontato solennemente, ma neanche seriamente cioè con manovre risolutive e innovative. Hanno usato i prestiti della Comunità Europea non per guarire le ferite profonde del paese e operare le necessarie amputazioni, ma come cerotti.
E così non è andata male è andata malissimo. 
Manco con i soldi degli altri sono riusciti a campare.
 
Qual'è il sostegno che si manifesta oggi?
Forse il sostegno è alla stupidità? Magari alla demagogia con cui si affrontano i problemi? Oppure al qualunquismo che porta la gente a disinteressarsi della cosa pubblica sino a quando arriva alle estreme conseguenze?
E' difficile scegliere in un cesto di mele marce.
 
Se dunque il vecchio Governo greco era composto da disonesti, quello attuale è fatto da incompetenti. 
 
E il popolo?
Come diceva Trilussa: “Er popolo come ar solito se gratta!”.

venerdì 27 marzo 2015

Gli Angeli caduti


"Avvampando gli angeli caddero; profondo il tuono riempì le loro rive, bruciando con i roghi dell'orco".

E' una parafrasi di una poesia di William Blake citata nel film Blade Runner che tratta interessanti temi sul futuro distopico che molto probabilmente ci attenderà a breve, almeno più vicino al nostro presente rispetto a quando il film fu prodotto (1982).
I punti nodali della pellicola, ma ormai potrei dire le due problematiche che riguardano ogni uomo con un po' di consapevolezza che vive in questo odierno sempre più amaro sono: la perdita e la fuga.

La fuga.
La fuga da un futuro infelice e disumano, grazie alla creazione per la maggioranza di un cyber spazio virtuale dove rifugiarsi; un’allucinazione vissuta consensualmente ogni giorno da miliardi di operatori.
Una rappresentazione grafica di dati ricavati dai banchi di ogni computer del sistema umano. Di impensabile complessità.
Linee di luce allineate nel non-spazio digitale e nella mente dei suoi fruitori, ammassi e costellazioni di dati in cui perdersi e mai ritrovarsi in una realtà immaginata per fuggire e sfuggire da un enigmatico presente, anticipatore di un futuro atterrente.
 
La perdita.
In apparenza, quello della perdita sembra il tema più ovvio.
La perdita di una vita ricca di significato, del calore umano, dall'empatia con l'ambiente naturale cioè con la Terra, quella dei verdi alberi e del sole giallo.
La perdita cioè del viscerale contatto con la Natura.
A un livello simbolico, la Natura è rappresentativa del lato spirituale fin dai tempi più antichi.

Un Giardino dell’Eden da cui, però l'uomo è stato scacciato.
L’ecocidio da parte dell’umanità, la distruzione dell’ultimo resto dell’Eden a disposizione, la Terra, ha pertanto causato un senso di perdita spirituale.
Il vuoto che ne risulta, un profondo vuoto spirituale all’interno di un "inferno ecocida" spinge l'essere umano a cercare un individuale "Eldorado di buone occasioni" in un altro luogo, in un altro spazio forse in un altro tempo.
Esso si manifesta nella volontà di fuggire appunto, fisicamente e mentalmente, tentando modi di riempire il vuoto ecologico e quindi spirituale, ma senza più fattive possibilità nell'edificare  un'esistenza a misura umana.
 
Vi è dunque nella fantascienza un tentativo profetico consapevole di mostrare il nostro presente in quanto passato di un futuro inatteso.

 

 

mercoledì 4 febbraio 2015

Tu sei bellissimo


Quanto si parla a questo mondo.
Un fiume di parole che non arriva mai al mare. 
Sarebbe saggio tacere, anche non scrivere...

Di cosa si parla?
Del tempo, della politica, delle donne e degli uomini, del campionato di calcio, della moda: l’elenco è lungo. 
A guardar bene si parla di se stessi o meglio di ciò che ci riguarda.
La dimensione soggettiva ci sovrasta e ci imprigiona.
Pare impossibile uscirne. Sul fondo di ogni pensiero, filosofia e azione c’è un riferimento a noi stessi, cioè ai nostri desideri. 

L’uomo è un’entità biologica desiderante.  
A differenza degli altri animali, l’uomo desidera di più dei semplici bisogni quali mangiare, avere una tana, scopare e curare la prole generata da quest'ultima pratica. I desideri umani sono proiettati anche nel tempo, la sue brame così non conoscono riposo né fine.
Senza desiderio non c’è azione in questo mondo, e nell’uomo nemmeno la felicità cioè la sua felicità ordinaria. 

Desiderio e felicità sono le due facce della stessa medaglia.
Quando il desiderio si estingue, la felicità sparisce.
Desidero una bella bistecca, la gusto come qualche cosa di sublime al primo boccone, al secondo, ma al quarto già diviene meno eccezionale. 
Se sono sazio poi, non ha più nessun sapore per me, anzi da anche un po’ fastidio se avanza nel piatto e devo finirla per forza. 
Quello che prima sognavo, una volta estinto il desiderio, diventa indifferente, a volte perfino molesto.

Con le persone ci comportiamo diversamente?
Cioè i rapporti umani sono liberi da questo meccanismo d’interesse e desiderio?
Ognuno ha già la risposta nella propria esperienza personale.
Quando sento parlare dell’uomo, del mondo (inteso come umanità) di quanta strada abbiamo fatto, di quanto siamo bravi, emancipati, democratici e divenuti migliori rispetto ai nostri antenati e predecessori: sorrido.
Per almeno un paio di ragioni.
La prima, è nel costatare che il problema che ha determinato il fallimento di ogni uomo che abbia voluto cambiare il mondo è stato solo uno: il mondo stesso. 

La seconda, è nel vedere chiaramente che l'uomo non cambia, sono solo le circostanze che lo rendono diverso.
C'è chi sostiene che è possibile cambiare un essere umano...Certo! Ma solo se ha meno di tre anni e si è cagato addosso.
Immaginando di togliere a uno stimato e un po’ sedato ragioniere il suo lavoro, il mutuo da pagare, i soldi in banca. Lasciando cadere intorno a lui questa società costruita su un'economia traballante, liberandolo da ogni regola e legge, in cosa si trasformerà?
Nello stesso uomo preistorico che correva nella foresta del neolitico, solo con la pancetta e le lenti bifocali sul naso.
 
Nella società umana sono a disposizione la ricchezza e il benessere che per alcuni sono il prodotto di tanti sacrifici,  a volte la conseguenza di qualche reato impunito; Per altri il lascito delle scoperte e delle esperienze di chi li ha preceduti.
Questo stato di cose elargisce per i più fortunati alcuni comfort, una vita più lunga e un po' di istruzione: più tempo rispetto agli uomini delle epoche precedenti. 
Solo un po’ più di tempo per essere esatti.
L'umanità odierna ha così a disposizione più elementi per pensare, non è detto che li sfrutti, ma potenzialmente li ha. 
Inevitabilmente chi comincia a ragionare, giunge all’ovvia constatazione che nonostante tutto il suo daffare vivrà comunque un’effimera esistenza, breve e con una fine certa.
Una deduzione che avevano già colto anche i nostri avi a onor del vero, nonostante avessero in media meno tempo, ma probabilmente erano più svegli dei contemporanei. 
Notizie non troppo allegre, ma questa è la merdosissima realtà della vita.

Oltre questi amari  punti fermi,  arriva l’inevitabile depressione o almeno l’ansia, la nevrosi e l’angoscia della propria gabbia con un'unica uscita,  una cella che per alcuni è dorata, ma resta comunque una prigionia.
Un percorso obbligato, apparentemente diverso per ognuno da cui però non è possibile uscirne che con i piedi in avanti in una cassa di legno.
Tutte le nostre macchinazioni, patemi d'animo, aspirazioni, poesie, amori ed egoismi finiranno in una fossa, dopo più o meno venicinquemila giorni.
L'epitaffio a tante tribolazioni scritto su ogni lapide sarà l'oblio. 
Alcuni per non vedere l’orrore di questa cella cercano di amarne le sbarre.
Si convincono che la vita è un bel film, un luogo felice dove fare esperienza  ma a cosa servirà l'esperienza acquisita in vita se poi non c'è più una vita? Stupidate ottimiste. 
Ingannano se stessi credendosi senza data di scadenza.
A questi uomini che sorridono sempre come avessero una paresi facciale, ricorderei che anch'io ho sentito parlare dell'eternità, ma non l'ho mai vista, anzi nessuno è mai durato tanto per vederla.
E' paradossalmente più fotrunato l’uomo che lotta, almeno non ha tempo per queste speculazioni. 
Quando ti corre dietro un Leone nella Savana non c’è tempo di essere depressi o per avere attacchi di panico.  
Questo cosa dice?
Che la frustrazione e quasi tutte le malattie psicologiche che affliggono l’umanità sono determinate dal benessere, o meglio sono un lusso che paghiamo per esserci affrancati (momentaneamente) dalla battaglia per la sopravvivenza.
Pare che sia congeniale per l’umanità vivere nel dolore; Nella disperata lotta per mangiare, coprirsi e assicurare un po’ di vita a se e alle persone della propria famiglia. 

Al di fuori da questa dimensione di conflitto e di sofferenza, l’uomo sembra che cominci a sentirsi nuovamente a disagio.
Sembra proprio che più la sedia è imbottita più diviene scomoda.
Si generano nell'umano ogni tipo di problema psichico, e così è risospinto nella sofferenza da cui voleva affrancarsi.  
Un comportamento che la psicologia definirebbe di un maniaco depressivo, in quanto è notorio che alla maggioranza delle persone piace complicarsi la vita per poi giustificare la propria depressione;  Oppure con un po' più di tatto, il destino di uno sfigato cronico, perché è comunque vittima della fortuna che magari lo favorisce per un pugno di giorni, ma in ogni caso mai per sempre.
Quando l'uomo si pone qualche quesito esistenziale in merito al senso di questo inferno, la Natura gli risponde di solito con uno spintone, a volte con un calcio nel sedere. 
Ti vuole proprio dire: "Non rompere i coglioni e vai avanti. Pensa solo ad andare avanti. Vai, cazzo!"
Il motore con cui gira la nostra giostra è come detto, il desiderio.
A volte è chiamato "speranza" ma è solamente desiderio procastinato nel tempo ed abbelito di buoni sentimenti.
E' palese come il fatto che stò respirando che Il desiderio  non solo ci muove, ma ci domina.
Nella classifica delle desiderazioni umane schematicamente annoterei che, tirata una riga sopra alle prime necessità, poi alla ricchezza e al potere, apparirà la voglia di conoscere, intendendo con "sapienza" non certo la cultura o l'erudizione, ma la conoscenza reale, profonda,  riguardante se stesso e il mondo.
E' un tentativo di liberazione probabilmente, dopo che una persona realizza (se mai lo farà) che i primi obiettivi una volta conseguiti non daranno che un'effimera soddisfazione, e in ogni caso non dureranno per sempre.
Cerca così un investimento più solido, redditizzio qualcosa che in qualche modo gli sopravviva e lo possa aiutare a eludere il mattatoio che lo attende alla fine di questo rodeo.
L’uomo cerca la conoscenza per convenienza, e in questo atteggiamento commerciale e pragmatico non trovo nulla di disdicevole.  
E' una vanità? Una velleità? Magari è l'ennesima ambizione? Non so che dire, certamente tra tutte le umane follie è sicuramente la più innocua.
E’ mia opinione inoltre che l’essere umano non è fatto dalla Natura per il sapere, ma per la mera sopravvivenza.
Quindi, si pone un bel problema.
Alla Vita non interessa che acquisiamo conoscenze o addirittura viviamo in una dimensione di felicità; Essa vuole che nasciamo, viviamo, ci riproduciamo e poi una volta esaurito questo compito biologico: moriamo.
Non sostengo questo per cinismo, ma per la semplice osservazione di come vanno le cose nella Natura stessa.
Se guardiamo al mondo naturale e perfino alla vita umana con disincanto è evidente questo semplice riscontro nella sua purezza, ma anche nella sua crudeltà.
Molti definiscono questo mondo: imperfetto. Quando la realtà li tocca però si accorgono che invece è: impietoso.
 
L’uomo è l’unico essere vivente su questo pianeta che tenta di “pervertitire” questa naturale disposizione della Vita per scegliere un destino diverso, ma è veramente così?
E se lo è, lo è per tutti?
Se dovessi rispondere a questa domanda, direi che il giusto quesito è: di quale tipo d’uomo stiamo parlando?

Parliamo dell’uomo ordinario? Cerca forse la verità? 
Ma per favore.
Non credo proprio, infatti constata quasi subito che la verità di rado lo rende felice, in particolare perché distrugge le sue illusioni.  Ammettendo  che volesse andare, oltre questo immediato rigetto, avrebbe la possibilità di farlo?
Riuscirebbe quest’uomo a vedere la realtà per quella che è cioè a non proiettare i propri desideri, attese e paure su ciò che accade?
Riuscirebbe poi, a guardare con questo distacco la sua vita?
Se un uomo desiderasse un destino diverso da quello di vivere secondo la legge naturale di nascita, sviluppo, riproduzione e morte;  Prima di tutto dovrebbe sapere come funziona, e successivamente trovare il modo di usare questa conoscenza per cambiare questa strada già segnata per lui.
Lo potrebbe fare se fosse libero, e potesse in questo modo esprimere una reale volontà univoca, costante, incondizionata. 
Quindi, ognuno devrebbe chiedersi: sono libero?

A un’osservazione oggettiva appare evidente che l’uomo è una macchina, una specie di burattino.
Come nella favola di Pinocchio che ben rappresenta la condizione umana. E' una  feroce critica all'uomo e ce lo mostra in forma allegorica solo per non offederci. 
E com'è questo burattino?
Inaffidabile, irriconoscente, immaturo, cambia idea a seconda delle circostanze. Senza altri valori se non quelli che gli sono imposti; Corre sempre e solamente dietro al piacere che chiama ipocritamente felicità.  
La gratificazione immediata è per lui l'unica saggezza. Mente costantemente in particolare a se stesso.
Cerca sempre un guadagno facile e presta credito a qulunque truffatore che gli promette una ricchezza senza merito.
Non gli importa di nessuno tranne che di se stesso.
Soprattutto è un vigliacco.
Questo Pinocchio non ci somiglia? No, Si? Ah! Ecco.
Non lo dico in senso dispregiativo o riduttivo, ma come una semplice presa d'atto.
Molti pensano di essere spontanei, creativi, originali, ma a un'analisi precisa si vedrà che ogni cosa nell'essere umano è una citazione, un rimando a qualch'cosa d'altro che è stato prima, alla meglio la conseguenza causale di stimoli antecedenti.
Accumuliamo pseudo conoscenze durante l'esistere in maniera fortuita e queste poi sedimentano in noi.
Questo magazzino pieno di polvere e oggetti raffazonati è la memoria; Il contenitore della nostra vita, un archivio molto impreciso perchè selettivo.
Alla resa dei conti siamo il prodotto di una programmazione biologica (DNA) e di un condizionamento sociale/familiare. Una omologazione capillare generata dalla morale e dall’educazione.
Inoltre, l'uomo ubbidisce a influenze esterne e interne su cui non ha nessun controllo né quasi mai percezione.  
Quando parlo d’influenze interne, intendo quelle determinate dalla chimica e dalla biologia, mentre quelle esterne sono legate al rapporto con gli stimoli della realtà percepita e alle influenze che hanno le altre persone su di noi.
Il libero arbitrio è così un dato presunto. 
Quasi mai si cerca una verifica,  poiché siamo tutti convinti di averlo già e anche perfettamente funzionante.

Nell’area sottesa della cosiddetta “risposta personale” che si suppone libera da queste influenze e da questi meccanismi, la maggioranza delle persone colloca il proprio brandello di libertà che sventola come un vessilifero ad ogni pié sospinto;
Pensano infatti  (ingannandosi) sia possibile essere qualche cosa che trascende questi meccanismi, quando per la maggioranza sono inconsapevoli.
Questo spazio  alcuni lo ritengono ampissimo, proprio quando tutti i fatti della vita si incaricano di dimostrargli il contrario.
Questa libertà è in definitiva inesistente, illusoria, alla meglio è il risultato dall'ignoranza di cosa accade in noi.
Non conoscendo l'origine di ciò che avviene lo si definisce come un'evento spontaneo, ma di spontaneo non ha proprio nulla.
E' impossibile essere liberi da un meccanismo se non lo si percpisce, lo si osserva, lo si comprende e si abbia infine gli strumenti e la volontà per liberarsene.
Ecco che non c'è peggior schiavo di chi si crede un uomo libero.

Infatti qualè l'elemento più rappresentativo del libero arbitrio se non la libertà di sbagliare? 
E' evidente però che ogni essere umano non può fare a meno di fare la scelta giusta anche quando sbaglia.
Nel momento della scelta c'è sempre il convincimento che quella sia la decisione migliore, solo a posteriori è possibile darne una valutazione eventualmente negativa.
Appare dunque chiaro come la presunta "libertà umana" non è che un inganno.
Almeno finchè si esercita nel vivere la mente e la coscienza.
La tanto esaltata "coscienza" di cui si va così fieri è in definitiva la nostra prigione.

Questa libertà invece  secondo la moltitudine è una specie di diritto di nascita cioè solo per il fatto che ogni individuo ha  la possibilità di prendere delle piccole decisioni, a ben vedere ininfluenti, pensa che ugualmente abbia il potere dell'autodeterminazione e di prendere delle grandi decisioni fondamentali a riguardo della sua vita.
La distanza fra questi due mondi è invece siderale.
Questa qualità volitiva che non dimostra quasi mai in nessun aspetto della vita, egli la riconosce come propria  grazie alla sua "natura divina" che, sempre secondo questo ipotetico individuo, molto somigliante a quasi tutti, ha addirittura un'anima (invisibile, intangibile ed eterna) come risultato naturale di essere  la suprema emanazione di Dio.

Se questo essere umano è la corona della creazione come mai è così coglione?  Com'è che combina solo casini?
Se è così ben costruito dal Grande Ingegnere, perché il pelo nell'uovo per lui è un dato di fatto?

Il ragionamento che sostiene il muro di presunzione  che nasconde la realtà è edificato grazie a enti immateriali. 
Infatti di solito l'essere umano si crede benedetto e plasmato da un Essere Superiore (mai visto né sentito) che guida e protegge il cammino di ogni uomo, donna e bambino che cammina su questo pianeta di pazzi scatenati.
Com'è che questo Essere Celeste prende le decisioni però a comandare è il Caos? 
Una domanda semplice che pochi si pongono.
E' singolare che questo Dio  funziona  come risposta onnicomprensiva finché permane il convincimento che esso esiste. 
E' un riferimento logico circolare che quelli che hanno studiato chiamerebbero: teutologico.

Quando smetti di credere a questa e alle altre favolette, esse (puff!) non esistono più e la vita si mostra come Lady Godiva, nuda senza vergogna, quindi queste interpretazioni possono essere definite in tanti modi, ma nessuna in maniera educata.

Come con Babbo Natale, finché sei bambino e ci credi ti fa felice, poi diventi grande ed è solo una rottura di palle, perché devi andare a comprare i regali, fare gli auguri per forza e ti accorgi che è solo business.
In diverse parole è un'ipnosi autoconsolatoria, ogni volta che una credenza è promossa a certezza. 
La moderna scienza del linguaggio ha dimostrato che la religione riscrive i processi neuronali, rendendo un'illusione ripetuta molte volte una realtà.
Più il processo ipnotico di illusione (fede) è profondo, maggiormente la religione lo eleva a virtù. 
In definitiva è un delirio indotto.

In sostanza, questi sono enti mentali che si basano secondo me, sul preconcetto cioè su dati presi per buoni e mai verificati obiettivamente.
Queste fantasie, tutt'altro che innocue, sono alimentate dal bisogno patologico di dare una risposta a ciò che non si conosce, ma soprattutto a ciò che fa paura.
 
L'esistenza, l'uomo, la Natura invece potrebbero essere funzionanti anche con un modello più semplice, senza bisogno di tirare in ballo queste puttanate.
La Fisica ci insegna che non è necessaria una causa primaria e scatenante per l'esistenza dell'universo.
Questi voli pindarici con cui l'umanità tenta di elevarsi a volte in maniera suggestiva, hanno come ali il bisogno di sentire che ognuno è unico e speciale; Senza questa vanità cadrebbero giù.
L’albero si riconosce dai frutti, è scritto nel Vangelo.
 
Se si utilizzasse questo precetto rivelato da Dio, per valutare Dio stesso guardando come si comportano i suoi adoratori e le religioni che lo rappresentano, penso che molti comincerebbero a porsi dei seri dubbi la domenica mattina quando lo invocano con gli occhi al cielo.
Si accorgerebbero (sorpresa, oh, oh!) che la vita continuerebbe assolutamente uguale anche senza le preghiere, ma si allegerirebbe dai sensi di colpa.
Ripenserebbero forse a quando, infervorati e un po' ipocriti, rivolgevano le loro suppliche alla Divinità e blasfemamente constaterebbero che tutto il tempo trascorso in devozione,  tutti i soldi che hanno infilato nella cassetta delle elemosine per ottenere qualche perdono o merito, sono stati  una perdita di tempo assoluta.
A meno che non si voglia considerare che alla maggior parte dei credenti piace aggregarsi ad un Onnipotente serial killer, infatti ammazza tutte le sue creature;  Un sociopatico visto come conduce i suoi figli lungo questo oscuro calle.
Tante sofferenze elargite a piene mani dal Creatore alle sue creature durante questa breve permanenza su  questo sasso roteante perso in uno spazio senza vita che è plausibile attribuirgli una spiccata propensione al sadismo.
Lo spirito che dovrei venerare è dunque il Suo humor nero?
 
In definitiva i fedeli adorano un procastinatore colossale, dove la felicità promessa dai suoi rappresentanti in terra arriva sempre dopo, domani, nella prossima vita, nell'altro mondo, alla fine dei tempi.
Intanto che si aspetta il Suo intervento le cose vanno come vanno.
Ci si può credere?
Ebbene si. Niente è più credibile dell'impossibile per quel rimbabito dell'essere umano.

La nota comica è che il senso ispiratore di questo Essere Celeste dovrebbe essere l'amore.
In particolare l'amore per l'umanità: Figuriamoci se gli stavamo sulle palle.
 
Invece nella Natura e nella società umana si vedono chiaramente altre cose come la violenza, l'avidità, la soppraffazione; Nel migliore dei casi nell'uomo appaiono talvolta dei sentimenti, sempre condizionati a qualche cosa d'altro e a ogni modo che dureranno poco.
Le migliori emozioni sono dunque dei surrogati affatto durevoli di questo sentimento sacro d'amore che dovrebbe permeare la vita.
La peculiarità di questo moto del cuore invece dovrebbe essere, diversamente da come si realizza, la profondità, la costanza, la libertà, dovrebbe essere più forte di ogni avversità e delusione.
Perché l'amore è per sua natura: incondizionato.
Aggiungerei immeritato, perché se ci fosse la necessità dei meriti per essere amato si amerebbero in realtà i meriti e non l'essere in sé.
  
In giro comunque si vedono solo copie di scarso valore di questo splendido sentimento che evaporano velocemente proprio perché inconsistenti. 
Tornando per un attimo ai presunti sentimenti di "Vostro Signore" le domande che sorgono spontanee sono: Dov'è questo Amore Divino?  
Perché ci crea  carenti e inadeguati per poi tormentarci in questa breve vita con i sensi di colpa e con delle aspettative di così alto livello? 
Non gli bastano le tribolazioni che già patiamo?
Commettiamo sicuramente azioni discutibili,  ma fatti proprio a causa delle inadeguatezze con cui ci ha fatto; Poi ci sono  il Destino, il Fato, le circostanze, tutti eventi determinati da Lui. 
In queste condizioni come può essere nostra la responsabiità?
In ogni caso la retribuzione di tutte le azioni umane che siano giuste oppure sbagliate sarà comunque la distruzione, la morte, senza un motivo plausibile per farci vivere storie diverse ma con il medesimo epilogo.
Non c'é dunque una vera colpa, perfino per i colpevoli.

Inoltre, è ragionevole immaginare un Dio che pretende dall'uomo qualcosa che non possiede?
Che ascrive all'uomo una colpa per errori e peccati che sono  il risultato della propria incapacità costitutiva di determinarsi autonomamente soprattutto  in una realtà su cui non ha alcun potere?
Ovviamente è un paradosso.
Penso creato da alcuni per generare il senso di colpa in altri, e rendere questa umanità già molto confusa, cerebralmente limitata, ancora più debole, stupida e manipolabile.
Questo Dio è così un mistero. La sua logica un enigma per non osare affermare che è delirante. 
Non bastassero queste semplici considerazioni non si è mai visto nei millenni il Suo intervento diretto.  Quindi dov'è il Suo amore ? Dov'è almeno il Suo interesse?
Magari non si è mai visto per il più semplice dei motivi: Forse non c'è.
Nella migliore delle ipotesi è un Padre distratto e anaffettivo.
Se non è morto come sosteneva Nietzche sicuramente si è rotto i coglioni della sua creazione.

Planando dall'alto dei cieli per tornare sulla nuda Terra, provo a osservare l'amore umano, anche se stenderei volentieri un velo pietoso di tristezza infinita su questo argomento.
Direi che giusto al cinema e in televisione lo si può vedere, ma nella sua rappresentazione più banale, mielosa, sentimentale. 
Nella realtà si assiste invece a una brutta farsa in costume, dove i protagonisti dietro la bella maschera sono invece: il desiderio, il possesso, la gelosia, la prevaricazione, la manipolazione, l'abitudine, l'interesse, il conformismo e la paura. 
Qualità morali non molto edificanti che si esibiscono particolarmente nei confronti del cosiddetto amato, usato sempre come riempitivo per lenire la propria desertica solitudine.
Il più delle volte nel rapporto di coppia c'è la finzione, la bugia e la menzogna, specialmente per aderire alle aspettative che a turno si esigono.
E' una vicendevole cortesia a tiranneggiarsi.
Dove l'accordo fra le parti è fondato in larga misura sul fraintendimento.
Quale grandezza c'è in questo?
Quale Amore può macchiarsi di una simile meschinità estorta con la minaccia del biasimo e del rancore del compagno e definirsi ancora tale.

L'Amore è coraggioso, rischia tutto senza chiedere niente, mentre tra umani c'è sempre una contabilità aperta, un dare/avere  computato con un'aritmetica molto opinabile. 

Credo sia giusto volere la sincerità, ma in definitiva domandiamoci tutti cosa vogliamo veramente? 
Desideriamo solo le cose che ci piacciono e quelle che ci sono utili.
Non si accetta l'altro per quello che è.
Non si sospende il giudizio neanche per un attimo, e l'interlocutore poi dovrebbe sentirsi a suo agio comportandosi liberamente?
Si sale sullo scranno del giudice e ci si lamenta se "l'imputato" mente.
Non è follia?
Si infilano le nostre relazioni personali, ma anche le regole della nostra società, dentro a  dei paradossi per lamentarsi che non ci sono soluzioni.
Se non mi toccasse vivere queste contraddizzioni riderei dalla mattina alla sera assitendo a questa farsa.

Sono convinto che se si desidera la verità, la verità umana, bisogna prima di tutto accettarla; Nei suoi egoismi, nella sue piccolezze più abiette.
Quindi, l'accettazione completa dell'altro è la condizione per ricevere in dono la sincerità. 

Perché la  verità non è una casa dove rifugiarsi ma un ponte da attraversare.

Un ponte però ha bisogno di due sponde.
Un lato poggia su una mente aperta, soprattutto un cuore che non accusa, perchè in questo mondo nessuno è senza errori.
L'altra riva è la volontà e il coraggio di mostrarsi nudo con chi ci guarda con tanta magnanimità che nella sua etimologia (magnus animus) ci indica la qualità che esige cioè un'anima grande . 
E' come incontrare lo sguardo di un bimbo.
Di fronte a suoi occhi così attenti, curiosi  e innocenti nessuno si sente in imbarazzo, come mai?
Perché i bambini non giudicano, almeno sino a quando non imparano a farlo dagli adulti. 
Senza ritrovare questa purezza in noi non si va da nessuna parte.
Non si attraversa quel ponte che in definitiva è l'unico, reale passaggio verso l'altro e in questo incontro raggiungere la pace e la serenità di non essere soli, senza accontentarsi di "non sentirsi soli".
 
Mi spiace, ma questa balla dell'amore non me la riesco proprio a bere. Almeno l'amore a disposizione in questo mondo, quello comunemente inteso, ovvero l'omologazione acritica agli stereotipi romantici sostenuti dalla morale.
Una proiezione del solito soggetto idealizzato che è venduto a buon mercato come norma e mai mi potrà rappresentare come singolo.

Bisognerebbe avere l'onestà di chiamare le azioni e i sentimenti con il loro nome. Senza falsi pudori e così, magari, trascendere la meschinità che è parte integrante e rilevante di questo strano bipede apparso da pochissimo su questo pianeta.
Un animale destinato ad una inevitabile estinzione che percepisco come infelice, mai veramente tranquillo e il peggior nemico di se stesso.
Una specie animale di cui non mi vanto d'appartenere.

Non è nulla di nuovo o di terribile nel negare l'amore ordinario, addirittura Carl Gustav Jung sosteneva che amare l'altro è in definitiva una fuga da se stessi.
E' paradossalmente la via più facile (?!) che però non porta a nulla di significativo.
La sfida che ci lancia l'Amore è secondo la mia opinione, quasi impossibile da raccogliere.  
E' quella di amare per prima cosa noi stessi, nel senso più completo e ampio del termine.
 
E' buffo che molte persone parlano d'amore, del loro amore verso il partner oppure verso gli altri,  e poi non riescono ad amarsi, anzi per molti versi neppure si piacciono.
La cosa ancora più incredibile è che non riescono neppure ad accettarsi...semplicemente.
Di che amore parlano questi mentecatti?
Poco ma certo, non sanno neanche quello che dicono.  

Gesù (?) disse: "Amerai il prossimo tuo come te stesso."
Non era un'esortazione come molti presumono, ma una constatazione.
Un'osservazione oggettiva della natura umana nella sua struttura.

Noi amiamo e  odiamo gli altri nello stesso modo e grado in cui amiamo e odiamo noi stessi.
La differenza tra comportamento esteriore e sentire interiore è puramente illusoria, come è illusoria la differenza fra noi e gli altri.
Come potrebbe essere diverso?
Visto che tutti viviamo e partecipiamo nello stesso momento alla stessa Vita.

Quando poi la percentuale personale di odio e di insofferenza supera il 50% un  essere semplicemente si suicida.
Altrimenti, altalena questo percentile intorno a un rischioso 49% che gli consente di vivacchiare.

Non stupisce che la maggioranza si condanna da sola a una vita di merda. Svolgendo per lo più lavori ridicoli e inutili che odia.
Frequentando amicizie di facciata che alla prima difficoltà gli volteranno le spalle, consumando matrimoni che rasentano la condanna a vita e "dulcis in fundo" instaurando rapporti umani che definire conflittuali e di mercimonio è un vero eufemismo.
L'indiffernza di molti nei confronti dei propri simili non è che la misura dell'indifferenza con se stessi.
Se fossimo esseri completi, se ci amassimo veramente, non realizzeremmo per noi stessi una vita felice?
E' così evidente.
Così i nostri comportamenti non sono diversi da quello che siamo come il contenitore e il contenuto sono in definitiva la stessa cosa, uno senza l'altro non avrebbero senso. 
Azione e stato dell'essere sono dunque corrispondenti su un piano di verità, quando il nostro fare supera il nostro essere diventiamo dei millantatori ed entriamo nel teatrino della falsità.
Un teatro con tanti posti a sedere e un palcoscenico grande come un orizzonte. 
 
Invece di affidarsi a "verità" precostituite non sarebbe meglio cercare da soli il proprio bene? Cucinare così con le proprie mani la ricetta preferita. 
Costruire una personale opera d'arte senza uniformarci al concetto di bello degli altri.

Chi meglio di me sa cos'è giusto per me stesso?
A patto che l'analisi personale sia libera, saggia, obiettiva e guardando dritto negli occhi il proprio egoismo, almeno per quanto possibile.
Avendo  nella maggior soddisfazione condivisibile la sua aspirazione.  
E' un frutto che prima di essere raccolto dovrebbe germogliare da una pianta sana, cresciuta con radici profonde  che si abbeverano alla fonte delle cose vere.
 
Bisogna tenere presente che ciò che non entra realmente nell'esperienza personale non entra nemmeno nella vita di una persona.

A una visione più acuta, apparirà  forse come è accaduto a me che non c’è una strada che porta da qualche parte, infatti non c'è un'altra parte.
Davanti e dopo me stesso non c'è un bel niente.
E' una cosa magnifica. E' meraviglioso.  Da un gran valore a ogni momento. Lo libera dal dovere e lo lancia verso un bel cielo blu: la  gratuità.
Le scelte sono sempre appesantite dall'investimento, si passa la vita con la bilancia in mano e il pallottoliere sotto l'ascella pronto a valutare costi e ricavi.
Nella costante e  puerile  speranza di una retribuzione futura, magari  di una qualche Potenza Superiore; oppure con il capo chino nell'attesa titubante di una punizione di chissà quale Legge Celeste.
Nella vita non esiste nessuna realizzazione solo nella morte ci si realizzerà e nel passaggio si vedrà chi aveva ragione. Chi dice di conoscere cosa ci sarà dopo mente.
Questa indeterminatezza a molti terrorizza ad altri come me incuriosisce.   

La religione ti tratta come un deficente che non è capace di vedere come l'arcano meraviglioso del Mistero, dell'Astratto, dell'Infinito  è appiattito dal piccolo investitore che abita dentro di ognuno.
E' il medesimo ego che con ogni sorta di acrobazia cerca di scansare le proprie responsabilità.
Lo stesso folle nano che si crede il padrone della nostra vita che si palleggia tra un passato morto e un futuro indeterminabile; Disperdendo la nostra energia nel ricordo e nella preoccupazione.

Non sento il bisogno di un Genitore Onnipotente che mi tuteli, mi sono bastati quelli biologici che mi hanno amato.
Perché, mi domando,  avrei bisogno di un curatore, sarei dunque incapace di capire da solo? Nemmeno guardandomi nel cuore con onestà potrei capire ciò che è giusto oppure è sbagliato?
Eppure non mi maca nulla per fare da me stesso, perché dovrei andare in giro a mendicare con la mano tesa una moneta quando sono già ricco?
Però se mi sbagliassi e fossi invece così mancante, come sostengono i cosiddetti mediatori tra me e Dio, beh! Allora, sarebbe meglio tirarmi subito un colpo; Cazzo esisterei a fare così ottuso da dover passare una vita facendomi tenere per mano. Quale sarebbe il merito del bene se non è spontaneamente voluto e autonomamente fatto?
Esistere come un animale ammaestrato che esegue gli esercizi per un pezzo di cibo senza conoscere il senso di quello che fa non è vivere.

La religione e la società ci additano entrambe come esempio da seguire un modello di uomo che è come un bambino stupido.
Ubbidiente ma incapace.  Questo simulacro umano dovrebbe caraccolare lungo la vita  come fosse uno ragazzino tonto, grazie alle ricompense e agli sculaccioni .  Un ritardato diretto dalla morale, dalla legge e  delle norme religiose.
Questi tre capisaldi sociali che, guarda caso, non bisticciano mai tra loro, e coincidono così tanto che è evidente che sono il frutto della stessa mente: la piccola mente umana avida,  imprigionata nell'ego e nella costante brama di comandare gli altri per affermare se stesso.
 
Sono invece convinto che la condizione necessaria per iniziare un processo di comprensione è nel non avere nessuna scusa. 
Diventare adulti è prendersi oneri e onori delle proprie iniziative.

Personalmente sono ormai quasi a mio agio nel Nulla.
Perché oltre non c'è niente. L'ho gia detto? Allora, lo ribadisco con un sorriso, perché è anche una figata.
La condizione di insostanzialità è sicuramente vera se ci si riferisce al corpo e alla personalità che lo abita, mentre se parliamo dello spirito, dell'anima di cui nessuno ha un dato certo, allora rientriamo nel condizionale, nel dubbio, nei forse, nel mondo onirico dei sogni.
Secondo me è meglio rimanere svegli.
Quando poi sento dire che nel mondo c'è dolore, scoppio a ridere.
Nel mondo non c'è dolore: il mondo è dolore.
Questa dimensione è sofferenza.
E' fatta di sofferenza. E' la sua matrice costitutiva.
E' metaforicamente come la gravità, è dappertutto, poi fare un salto, costruirti un aereo, ma alla fine sempre sulla terra devi ritornare.

A chi non si è ancora tagliato le vene, nonostante la lettura di questa lunga "spiega" per altro in alcuni punti un po' ovvia, posso dire che nella mia modesta esperienza di questa curiosa singolarità chiamata pomposamente vita   ho intuito una possibilità di emancipazione dal "grande gioco".
Solo che non voglio parlarne, anche perché parlarne non serve a nulla. Inoltre è un vero progetto di evasione non ancora completato, quindi il riserbo è d'obbiligo.
Mi manca ancora di limare qualche sbarra, annodare qualche lenzuolo, corrompere qualche secondino e poi si vedrà.

Aggiungo che chi non ha colto questa "opportunità di avere un'opportunità" non la può capire. Chi invece ne conosce la natura: Beh! Non c'è bisogno certamente che gli sia spiegata.
Nella mia indagine che ho iniziato da quando esisto, e un po' più speditamente da quanto cammino sulle mie gambe, ho visto due elementi che entrano in una dimensione diversa da quella puramente materiale e che fanno riferimento a questa "possibilità di avere una possibiità".
Il primo elemento è l’Energia che si manifesta nel corpo  dell'uomo e negli esseri biologici e più in generale in tutte le cose del mondo.
Definibile nella sua manifestazione ma non nella sua essenza.
Semplificando al limite del banale direi che è una sorta di corrente invisibile, ma percettibile che è generatrice di ogni aspetto materiale e che lega ogni cosa in una connessione.
A volte una connesione molto sottile come il rumore del respiro che rimanda a quello della risacca del mare.
Una specie di forza, scevra da qualunque morale né buona né cattiva che agisce, a prescindere da uno scopo se non quello di esprimersi.
Essa si mostra più evidentemente nella Natura, dove oserei dire che si manifesta: perfettamente. 
Invece, quando questa energia è confinata(?) in una entità biologica c'è bisogno di una ricerca volontaria da parte di quell'entità per il suo miglior utilizzo cioè negli esseri viventi essa è: perfettibile. 

Come secondo dato sperimentato in me stesso (?) ho trovato un cosiddetto "punto di coscienza"  posto oltre il costrutto dei pensieri e delle valutazioni, forse oltre la mente ammesso che sia possibile.

Un punto di coscienza indifferente per la precisione.
Indifferente alla mia stessa vita e a tutto quello che la riguarda. 
Un "semplice osservatore" com’è stato descritto. E' una definizione che trova senso nella mia esperienza e che non saprei esprimere meglio. 
Un "testimone" che però non è minimamente influenzato dalla vita che faccio né la influenza. 
Un punto di coscienza quindi, se posso chiamarlo ancora così, cui nulla si può togliere né aggiungere.
Verrebbe da domandarsi perché allora voglia esistere e  perché si manifesti appena oltre il perimetro del mio ingombrante ego?
Ma questo "punto" non parla né fa gesti, non da segni, quindi...
Cosa avrà da guardare? Mah!

Probabilmente tutte le domande cui vale la pena di porsi sono senza risposta.
Penso sia oltre e basta.
Così mi affaccio sul mistero e mi godo almeno il panorama.
In ogni caso questo osservatore, questo eloquente silenzio che "abita" in me  senza occupare spazio, mantiene un contatto costante, solo apparentemente separato.
Ha un'oscura luce, un'abbagliante ombra, un'abissale altezza, una saggezza senza nozioni.
E' l'alfa e l'omega di un alfabeto senza lemmi.

In alcuni momenti mi ricorda un Buddha di pietra che ho visto per caso, mentre attraversavo la fitta foresta Birmana.
Parve veramente spuntare fuori dal nulla e rimasi incantato da quella faccia impassibile, imperscurtabile.
Mi soprese la contemplazione come fossi morto. Lo guardai per un tempo lunghissimo, senza pensieri.
In altri momenti invece questo Mistero mi ricorda l'ebrezza di un  sabato sera  con "free drink" nell'inestinguibile notte di Bangkok.
Strano, no?

Dunque le cose non sono come sembrano, ma neppure diverse.

https://www.youtube.com/watch?v=_fPncXbAfyc