venerdì 22 dicembre 2023

Pensierino allegro new year



Si unisce la sofferenza alla colpa per trovarne una ragione.

Non c'è ragione alla sofferenza, è un fatto inevitabile.
Cambiano solo i luoghi in cui la si incontra lungo il cammino dell'esistenza.
Va detto che la maggior parte della sofferenza che si sopporta in vita, qualche volta quella fisica e quasi sempre la cosiddetta sofferenza morale, è creata proprio dalla sua vittima che ne è così anche l'autore.
I desideri, le illusioni, le ambizioni, la competizione, l'avidità generano altrettanti problemi e dispiaceri.
Se si conducesse una vita semplice, scevra da questi moti della volontà e della vanità, le sofferenze nella vita si ridurrebbero drasticamente.
L'essere umano per emendarsi da questo male che si procura da solo genera un ulteriore dolore: il senso di colpa.
In questa correlazione assurda e masochistica tra sofferenza e colpa, l'uomo infatti trova una sicurezza che altrimenti non avrebbe.
Chi garantisce che a questo giudizio seguirà la pena?
Chi è l'esecutore di giustizia?
Dio, ma contraddittoriamente Egli non ha regole, non ha comandamenti, è assolutamente e completamente libero.
L'Uomo ha leggi, precetti e in generale obblighi.
Da questi vincoli è soverchiato per non dire asfissiato.
Dio invece dice a Mosè che l'essere umano non deve uccidere, glielo fa perfino scrivere sulla pietra e poi Lui uccide tutti, perfino Mosè.
Ogni essere vivente creato infatti trova distruzione per mano delle circostanze e dal Tempo che Lui dirige e stabilisce.
Bene e Male sono limiti umani, non Divini.
Dio può fare ogni cosa, è al di là di ogni etica e morale.
Salva il malvagio, punisce l'innocente, eleva l'empio e tormenta il Santo. Oppure viceversa o entrambe le cose.
Dio fa quel cazzo che gli pare.

Questa indeterminazione per l'essere umano risulta essere terrorizzante.
Le regole guidano la società e la socialità, ma sono un contenitore inadeguato alla spiritualità cioè al sacro.
Quando adeguiamo il sacro a delle regole che si esprimono in una determinata cultura, si crea una religione che però non c'entra più nulla con quel sacro.
Dunque non si trova una legge divina che faccia da guida al cammino umano, perché ciò che Dio vuole nessuno lo sa, e comunque può cambiare contraddittoriamente e inaspettatamente.
E' compito dell'Uomo trovare un'etica per l'uomo, una strada fatta da se stesso che lo guidi e che gli corrisponda nella saggezza più profonda del suo ragionamento e nel sentire del suo cuore.
Nella religione Cristiana si dice che Dio perdona tutti, sempre e in ogni caso, così la necessità del rimorso, del perdono e della redenzione è casomai un problema umano, non divino.

Cos'è il sacro?
Facendo un piccolo esempio molto riduttivo ma intuitivo, se mangio al ristorante trovo soddisfazione nel saziarmi, se invece mangio al medesimo tavolo le medesime pietanze con una persona amica, sarò oltre che sazio anche felice.
Questo cosa insegna?
Che c'è certamente altro, c'è certamente qualcosa oltre al cibo che si sta mangiando che nutre in maniera diversa, ugualmente necessario se non più importante.
Inoltrarsi in questo Mistero che si presenta in molteplici forme e occasioni è in definitiva relazionarsi con il sacro, perché la sua comprensione è irraggiungibile.
Essere in pace con gli altri, condividere il proprio buon umore, aiutarsi l'un l'altro è una regalo bello per chi lo fa e per chi lo riceve.
Generalizzando questo comportamento renderebbe il mondo un piccolo paradiso.
E' banale scriverlo, ma allora se tutti lo sappiamo, perché non lo si fa?
Non c'è bisogno del peccato per capire che la sofferenza inflitta agli altri edifica un futuro di sofferenza anche per noi.
Costruiamo con le nostre azioni una strada su cui poi cammineremo, questa è la vita dell'Uomo.
Poi c'è qualcosa d'altro.
Se però la strada è fatta male, buia e piena di buche, prima o poi si inciamperà. Non è una iattura è una conseguenza.
Ciò che semini raccogli, ciò che compi ha un effetto anche su di te, della moneta che spendi sarai pagato.
Non è Dio questo, è l'Uomo.
Bisogna considerare che a volte le migliori intenzioni e la più precisa attenzione portano inaspettatamente a dei disastri, altre volte sorprendentemente l'improvvisazione e le circostanze si compongono per regalare momenti meravigliosi.
Tutto quello che supera la previsione umana, ciò che è oltre le azioni del Uomo e che si realizza nella realtà, spesso in modo inaspettato, è parte integrante di questo significativo mistero inconoscibile; Esso si rivela passo dopo passo così l'essere umano lo chiama: Destino, Sacro, Mistero. Dio ha molti nomi che però non lo definiscono in maniera esaustiva.
Questo principio non mi è stato insegnato da un insigne teologo, ma da un ragazzo semplice in Birmania.
Eravamo seduti a lato del mercato di Mandalay e facevamo una cordiale conversazione quando inaspettatamente cadde un mango a terra.
Il mango è un frutto molto buono e costoso.
Però nessuno lo raccolse, perfino un altro ragazzo che passava in quel frangente lo vide, ma non lo toccò, poi ripassò nuovamente davanti a noi e aveva comprato proprio un mango.
Allora a quel amico chiesi "Com'è?"
Lui mi disse: "Quando capita un fatto inaspettato, chiedi al Buddha"
"Cosa devo chiedere?" domandai.
"Magari è per te, magari è per una persona povera, forse sotto il mango c'è un serpente oppure uno scorpione, chissà?"
"E se il Buddha non risponde?" domandai ancora.
"Allora non prenderlo".
Secondo me c'è un profondo insegnamento in questo.
Quello che ho raccontato è accaduto, perché come dico sempre: "La Verità è equamente distribuita in tutte quelle fragili anfore di terracotta che chiamiamo umanità".
Di certo so che l'umiltà aiuta nel lambire questa saggezza.
Dio è però oltre, oltre perfino ai saggi insegnamenti.
Dio è infatti oltre l'Uomo, è la conciliazione di tutti i paradossi, è l'apoteosi dell'anarchia all'interno di un ordine apparente, è al di là di qualunque definizione, perfino di questa.
Egli inoltre non garantisce un risultato, una retribuzione certa alle azioni umane; Perché tra uomini e Dio non c'è commercio.
Non è possibile nemmeno da parte umana porre una domanda a Dio, non solo perché non parla a nessuno, ma la Sua eventuale risposta risulterebbe incomprensibile, perché Egli è semplicemente inconcepibile.
Delle religioni del Mondo che ho avuto modo di studiare la più scientifica è certamente il Buddismo; In essa Dio e l'anima, che è una promanazione di Dio, non sono mai menzionate.
Infatti Buddha non parla di quello che nessun uomo può comprendere.
Quando lo interrogavano in merito a questi due enti, lui semplicemente stava zitto.

Anche nella Bibbia e nei Vangeli non si parla di anima, infatti è un concetto della filosofia della Grecia antica, introdotto nel Cristianesimo nel quarto secolo da S. Agostino per risolvere il "problema" della resurrezione che la Chiesa Cristiana prometteva ai devoti e veniva intesa in senso letterale, mentre ovviamente non si realizzava.
Così per evitare una rivolta si introdusse questo concetto preso a prestito dalla filosofia per procrastinare la resurrezione del credente sino alla fine dei tempi e garantire al cristiano una sorta di contenitore eterico provvisorio da assemblare con il proprio corpo ricomposto e resuscitato; Gesù parla nei Vangeli solo di Spirito non di anima che nella cultura contemporanea sono invece considerati sinonimi, ma sono cose diverse. In particolare la corretta traduzione di anima/spirito dall'aramaico in greco antico cui i Vangeli e l'Antico Testamento fanno riferimento è: Vita; Perché gli ebrei come tutti gli altri popoli d'oriente non avevano il concetto platonico di anima e dunque non ne potevano certamente scrivere.
E' detto inoltre, sia nel Cristianesimo che nel Giudaismo (l'Ebraismo invece consente anche l'ateismo) che nessuno può vedere il Suo volto, questo perché il volto di Dio è tutti i volti possibili: passati, presenti e futuri nell'eterno attimo presente.
Nessun uomo può riconoscerlo in quella fantasmagoria di visi né tantomeno riconoscersi.
Eppure sebbene inconoscibile, l'intangibile pare che fornisca all'essere umano una medicina.
Vivere solo del visibile, chiudere la percezione solamente al fatto senza interpretazione allargata, senza quel freno che Dio pare mettere alla presunzione umana, di tutte queste cose quando l'Uomo è mancante, sembra non saper più vivere.

Dio esiste o per lo meno può esistere, ma razionalmente viene da pensare che non è qui in questo Mondo, perché il mondo materiale e l'essere umano in particolare, è in costante relazione e sudditanza con le regole, fatte anche di leggi fisiche e matematiche prevedibili. Dunque se Dio è al di là delle previsioni umane, se non lo possiamo certamente prevedere, non lo possiamo ancor meno comprendere, allora non possiamo nemmeno vederlo o sentirlo, perché qualsiasi percezione, grazie agli organi di senso è contenuta nell'idea.
Se non concepiamo una forma, allora il nostro occhio non la può vedere; Se invece la concepiamo cioè costruiamo un'idea come contenitore per accoglierla, allora non la vediamo più per quello che è, ma sarà limitata da come la concepiamo.

E' una condizione senza una via d'uscita questa parzialità, perché sebbene funziona bene nel vivere ordinario, nell'organizzazione della vita di tutti i giorni, la materialità è sempre parziale, e risulta insufficiente con il Mistero cioè la dimensione invisibile, invisibile perché è oltre le regole.
Il nostro pensiero è duale, cioè dividiamo la realtà in due parti (positivo-negativo, alto-basso, chiaro-scuro, bene-male) e palleggiamo la nostra coscienza e attenzione tra queste due parti create da noi stessi con tale frattura, perché non si può cogliere due cose contemporaneamente.
Inoltre se né preferisce sempre una di queste due parti in cui scindiamo la realtà, perché la complementarietà di elementi diversi risulta essere incoerente per la logica umana, in particolare quando due cose sembrano opposte. Comprendiamo cioè grazie agli opposti; Se consideriamo un insieme senza divisioni non ci capiamo più niente.
Solo grazie alla poesia l'essere umano tenta di conciliare questi opposti. Nella celebre composizione di Catullo al carme 85, leggiamo: -Odi et amo-.
Un ossimoro che ben rappresenta l'ambivalenza propria del più grande sentimento umano, in questa contraddizione ci si riconosce, perché la poesia lambisce la frangia tra il mondo materiale e il mistero, in questo esempio particolare, quello che convive nell'Uomo.
La poesia riesce qualche volta a indicare il luogo più profondo dove convivono mondi spesso estranei l'uno all'altro, ma senza descriverli completamente, proprio a causa della natura di questi mondi che esistono in modi completamente diversi.
Lo stesso accento è posto anche da Ovidio ne "Remedia Amoris" a proposito della relazione sentimentale, sovente conflittuale, il poeta scrive: -La mano che ha inferto la ferita è ora quella che dona la cura-.
Ancora una volta la complementarietà di sentimenti diversissimi nella medesima emozione fa da padrone nel dare significato al vivere interiore.
La vita ordinaria però è tutto meno che poetica.
La nostra capacità cognitiva e organizzativa si realizza nella divisione, nella dualità che deve avvenire all'interno di una categoria.
Prendendo come riferimento categorie diverse il sistema non funziona più.
Se mischiamo insieme le categorie delle altezze e dei pesi, correlandole tra loro perderanno di coerenza: alto e pesante, basso e leggero, non trovano senso nel nostro ragionamento che invece comprende bene: leggero e pesante, confrontandoli nella medesima categoria di peso e mettendoli non solo in correlazione ma in opposizione.
Il sistema in questo caso funziona, ma ha dei limiti.
Così se Egli è senza limiti se è qui, sarebbe come se non ci fosse e lo diverrebbe certamente quando lo si interpreta.
Il limite stesso di una Sua definizione lo esclude.
Se si riconosce la Divinità in un fenomeno ci sfuggiranno tutti gli altri fenomeni che lo compongono ugualmente e simultaneamente.

La mia personalissima idea di esistenza, se provassi a rappresentarla apparirebbe come una croce e non perché ho patito tante disgrazie e ho molto sofferto.
E' un sistema ortogonale dove gli assi si intersecano come in una croce quadra, cui lungo la linea orizzontale è rappresentato il Tempo, nel suo apparente procedere lineare e incontrovertibile.
Sull'asse verticale insistono invece tutte le vite vissute: quella presente, quelle passate e quelle future. Tutte nel medesimo eterno tempo presente che è geometricamente il centro di questa croce.
Questa però è una croce tridimensionale e vi è un ulteriore asse composto dallo spazio cioè da universi diversi che si inoltrano nella profondità, dove si trovano tutte le vite possibili, ma vissute nei diversi modi possibili nei diversi universi paralleli.
Per provare a chiarire questa visione, forse ostica da intendere e provandola a semplificare, in questo mondo la mia vita è quello che è con i suoi impicci e doveri e qualche momento di libertà, mentre in un altro universo la mia attuale esistenza è completamente libera, in un altro universo invece è completamente vincolata, in altri mondi ancora, questa esistenza è talmente strana che il suo ricordo non può essere contenuto nella mia mente umana, cioè risulta indistinto ed è solo una confusa percezione.
L'indagine e la visione lungo queste direzioni/dimensioni avviene attraverso un particolare tipo di sogno.
Non è affatto un metodo bizzarro come si potrebbe pensare d'acchito, perché anche la teoria cosmologica-esistenziale di Giordano Bruno tutt'ora studiata e considerata seriamente ebbe spunto proprio da un viaggio onirico che il filosofo nolano ebbe e descrisse nei particolari; Così come molte scoperte scientifiche, ad esempio la struttura elicoidale del DNA, sono avvenute grazie a un sogno.
Certamente per chi non ne fa esperienza questo risulta essere poco attendibile, ma tant'è.
Nel centro (intersezione) dove si incontrano questi tre assi c'è Dio.
Preso singolarmente il centro-intersezione di ogni asse appare diverso, perché il riferimento che lo definisce è l'asse stesso incidente. Si potrebbe dire che questo centro appare diverso, secondo quale sia il piano di riferimento -l'asse- su cui l'osservazione si pone.
Lungo la linea del Tempo diviene nell'intersezione eterno presente, sull'altro asse "esistenze" è inteso come -me stesso- quando è nella parzialità della singola vita, infatti si esprime e si auto percepisce come una entità senziente; Nel terzo e ultimo asse quello degli infiniti spazi (universi) diventa realtà materiale, ma quando tutti questi piani di riferimento si incontrano sono Dio, dal momento che Esso è punto di generazione e confluenza di questi tre assi in cui è rappresentato il Tutto.
Un inciso, un po' difficile da capire, ma almeno breve, volendo dare a quanto scritto una sorta di dimostrazione scientifica giusto per far capire che non sono cose campate in aria. Questa concomitanza e relazione di vite diverse del medesimo io (apparente) che vivono e si influenzano in universi paralleli nell'assenza di un reale Tempo o come si usa dire in Fisica usando una concezione temporale non locale, trova un riscontro e similitudine con il paradosso EPR ed il teorema di Bell sebbene esteso a dimensioni diverse.
Faccio riferimento anche al cosiddetto "paradigma olografico" per spiegare come la mia percezione mi abbia indicato una profonda relazione tra quello che la coscienza identifica con cose e con persone e il Tutto, inteso come realtà, portandomi a vedere come ogni cosa appartiene allo stesso elemento; Di ogni cosa percepita c'è solo una manifestazione di esso in una data forma, credo così che quanto esposto abbia delle solide basi almeno in campo teorico.
Tuttavia la sua rappresentazione in uno spazio geometrodinamico multidimensionale confluisce nel super-sostanzialismo quadridimensionale, inteso relativamente e solamente alla realtà materiale che si indaga nel microcosmo particellare, meglio spiegato nella recente pubblicazione di Chiatti-Licata "Transaction and non-locally quantum field theory" dove si dimostra che ogni cosa è originata dal vuoto e la sua creazione e distruzione o meglio manifestazione o non-manifestazione è rappresentazione di un campo quantico transazionale di funzione d'onda ovvero un trasferimento di energia da un emettitore a un assorbitore.

Non volendo fare a fette gli attributi di chi mi legge, dico solamente che i concetti contenuti nella mia idea di realtà sono pervenuti attraverso la mia personale esperienza e solo successivamente ho cercato di ordinare questa percezione in una struttura razionale e comunicabile.
In poche parole ho prima intuito e poi ho cercato di dare una spiegazione a questa intuizione, trovando poi dei riscontri in quello che conosciamo e accettiamo come vero o perlomeno possibile. Certamente non è un processo esaustivo, poiché si trovano solo indizi mai prove certe.
Di fatto la Scienza non scopre nulla di effettivo, procede per approssimazione.
Per comprendere meglio le cose si può studiare in una Università, ma tutto quello che c'è di interessante al mondo è possibile anche reperirlo sui libri studiandoselo per conto proprio, completando una seria formazione autodidatta che non ha nulla da invidiare ad altri che hanno fatto studi regolari. Oramai la conoscenza è alla portata di tutti bisogna avere solo voglia di averla.
La cosa importante però è la comprensione di ciò che si è studiato, non l'apprendimento pedestre di conoscenze per prendere un buon voto a un esame. Attraverso lo studio non avremo la saggezza e la conoscenza completa, ma avremo la possibilità di ordinare e approfondire quello che abbiamo già dentro di noi e dare una struttura alla nostra verità.
Fra tutte le scienze cui si può dedicare il proprio tempo e il proprio studio, solo la Medicina non è possibile apprenderla solo sui libri, perché si rischia di far morire un paziente per colpa di un errore di stampa.
Tornando invece a una spiegazione più accessibile, più potabile diciamo, questa trinità precedentemente descritta si presenta anche in altri fattori che più avanti proverò a segnalare.
Ecco che il produttore della stessa cosa in tutti i modi possibili, in tutti i tempi (nell'eternità o meglio atemporalità) e in tutti gli spazi, è in altre parole e ancora una volta: Dio.
Mica male per chi ha esordito che non voleva darne una definizione, perché impossibile. Infatti a ragionare di queste cose si casca inevitabilmente nelle definizioni, non solo è dovuto al limite del linguaggio, ma anche al limite della mente umana.
Egli non ha questi limiti, ed è come detto il centro-intersezione di tutti e tre gli assi, almeno lo è nella mia interpretazione.
Pirotecnicamente parlando è una sorta di esplosioni di croci tridimensionali concomitanti, dove ognuna delle vite vissute genera ulteriori vite (croci) occupando tutto il possibile e tutti i tempi possibili. Rappresentandola questa intuizione è come si vede in certi fuochi d'artificio appunto, dove una cometa diretta verso il celo si apre in uno scoppio di comete e a loro volta in altri scoppi.
Dio si può immaginare anche in una altro modo: un riflesso. Egli si riflette in un essere (Io) e in un altro: il Tempo (apparente).
Senza questo terzo elemento -Io- Dio non può esistere, ed è ancora trinità.
Esemplificando ulteriormente è come se Dio si posizionasse tra due specchi che si fronteggiano, dove la prima superficie riflettente è come detto il Tempo, e l'altra è un soggetto, generando infiniti riflessi che sono infinite vite, in infiniti universi prodotti da questa trinità ulteriore appena descritta: Dio-Io-Tempo.

Tra i molti pensieri che mi passano per la testa a volte penso seriamente che non c'è propriamente necessità di Dio (e nemmeno prova) dunque tra tutte le soluzioni possibili è la più semplice che risulta essere la più probabile; In quanto sebbene l'Uomo cerchi un principio e un autore alla creazione per giustificarne l'ordine e la bellezza, questo non è necessario.
La Scienza ha provato sperimentalmente (con dei piccoli robot non programmati) che la creazione tende a trasformarsi e a favorire, mantenendole, le strutture maggiormente organizzate. Questo è valido per le strutture inorganiche e quelle organiche (biologiche) favorendone perfino la trasformazione dalle une alle altre e cercando in tal modo una ulteriore stabilità. E' questa stabilità il fine ultimo cui tende la materialità e non è voluta grazie a un atto volitivo Divino, ma come semplice principio economico cioè l'energia per sua natura intrinseca cerca il modo più diretto e più efficiente per esprimersi.
Altre volte, quando aderisco alla possibilità dell'esistenza di un Creatore, considero l'ipotesi che Dio abbia fatto il Mondo per salvarsi la pelle.
L'universo osservabile va inevitabilmente verso il caos.
Questa direzione incontrovertibile è chiamata Entropia e costituisce il concetto di base del secondo principio della Termodinamica. Un principio riscontrabile a livello universale.
Esiste ovunque una corsa inarrestabile verso il disordine, l'indifferenziato, verso la stasi.
Il freddo si mischia al calore sino a giungere a una temperatura intermedia che non consentirà più ulteriori scambi di energia e in altre parole la vita.
Dio così ha creato una macchina, un meccanismo fatto di materia, spazio, tempo ed energia; Ha costruito un immenso orologio destinato a fermarsi per consentigli di continuare ad esistere perfino oltre alla sua stessa creazione.
Nella dimensione della materia esiste ciò che è possibile, ciò che è probabile e ciò che è inevitabile.
In questo modo mentre le possibilità si esauriscono in tutto l'universo, questa mancanza di possibilità genera una necessità, un nuovo atto creativo che dia a Dio senso e necessità di esistere.
Dio è creazione; Senza necessità di creare, Dio non ha possibilità di essere.
Dio ha dunque creato il Tempo e con esso la Morte, affinché Lui possa essere immortale e senza tempo, creando nuovi e infiniti universi: ancora, ancora e poi ancora.
Nella ricerca dell'immortalità se non si potesse realizzare l'eternità, riecheggia il mito greco della nascita degli Dei a cominciare da Zeus che primo degli altri per essere Dio ha dovuto vincere suo padre, il titano Kronos (Tempo), mettendogli un masso in bocca, e così impendendogli di essere mangiato come tutti gli altri figli nati prima di lui. Con questo stratagemma ha conquistato l'immortalità; Zeus diviene Dio e poi padre e re degli Dei, perché non è divorato dal Tempo.
L'essere umano è in una condizione profondamente diversa, ma vive come se fosse immortale, senza esserlo.
E lo fa volendo possedere delle cose con cui si danna spesso l'esistenza, ma in definitiva, non avendo a disposizione l'eternità non può possedere nulla, perché trascorso il suo tempo spesso breve, non potrà reclamare più nessun diritto su ciò che ha preso.
C'è un detto Sufi: "Nel momento della morte, il ricco comprende di non avere ricchezza e il saggio di non avere saggezza".
Cosa significa?
Molte cose insieme.
Sorge un paradosso nella mia analisi.
L'osservazione senza identificazione di questo me stesso (Io) porta inevitabilmente alla constatazione che propriamente non esiste.
Come del resto non esiste la realtà.
Così come la fisica quantistica teorizza e in parte dimostra, solo matematicamente compiutamente, mentre sperimentalmente trova qualche difficoltà a causa della tecnologia ancora inadeguata a supportare completamente gli esperimenti necessari per trovare conferme e prove definitive alla teorie quantistica e alle sue implicazioni.
I Fisici già premi Nobel si incaricano almeno di informarci che non esiste lo spazio, la materia e il Tempo.
Verrebbe allora da chiedergli indietro i soldi del premio Nobel visto che la Fisica si occupa proprio di questi elementi.
In ultima analisi però si trova ciò che era stato detto millenni fa dagli antichi saggi: al fondo di tutto c'è il vuoto.
Un vuoto che non va inteso come mancanza, ma come infinite possibilità.
Forse il parallelismo fatto pocanzi: Dio-Io, può sembrare presuntuoso, semplicemente perché l'essere umano non può fare a meno di giudicare la propria inadeguatezza credendosi chissà chi.
Però se siamo unici cioè un progetto unico, forse perfino per uno scopo unico, ogni essere umano è giusto com'è.
Il concetto di perfezione è un'idea umana che non trova posto quando si confronta con qualcosa di completamente singolare come è un essere umano appunto.
Se una uomo invece si sente mancante e per sentirsi perfetto vorrebbe essere, che ne so: Un miliardario superdotato con le ali. Questo è un suo personale desiderio, un modo di considerarsi adeguato a un modello auspicabile, generato probabilmente dal confronto puerile di se stesso con la realtà e gli altri.
Non c'entra nulla con una visione reale di cosa è.
Con questo non dico che io sono Dio in questo momento, questo sia chiaro, ma che sono un Suo riflesso particolare come ogni essere umano lo è.
Questa "illuminazione" cioè di infiniti mondi generati da Dio che è eterno presente e che si osserva tra due specchi creati: il tempo e un soggetto, l'ho avuta dal Barbiere, guardandomi tra due specchi opposti che generavano infiniti immagini di me.
Questo universo (Mondo) però è nato con la mia esistenza e con essa finirà, questo è altresì un punto evidente.
Nondimeno vi sono infiniti Mondi dentro altri Mondi, produzione di Dio in infiniti me stesso, in infiniti universi concomitanti e questo avviene per tutte le esistenze.
Perfino la Scienza con la teoria della Supersimmetria considera non solo fattibile un universo opposto e in moto contrario, ma addirittura necessario e le moderne scoperte in campo sperimentale vanno in quella direzione.
Sebbene questa mia concezione allarghi ulteriormente un Universo già estesissimo non è così balzana quest'idea, perché risponde alla necessità di trovare dove e come possano realizzarsi le possibilità determinate dalla probabilità.
Nella vita materiale di tutte le cose possibili, un soggetto fa esperienza solo di una di queste probabilità, cioè quella che accade chiamandola realtà del fatto.
Tutte le altre possibilità fattibili che non si realizzano in un evento, si realizzano invece in quelle dimensioni o universi oppure Mondi che dir si voglia, cosiddetti paralleli.
Perché mai queste possibilità devono realizzarsi?
Perché la somma di tutte queste componenti porta a zero cioè espresso matematicamente è il vuoto.
La somma di tutto deve essere zero, altrimenti la struttura non starebbe in piedi eternamente. Non sarebbe armonica cioè in equilibrio dinamico che è un ossimoro, ma rende l'idea.
Insomma una cosa che se una persona comincia a immaginarla e a computarne le implicazioni gli fa venire subito il mal di testa.
In questa particolare condizione Dio sarà il mal di testa e l'aspirina nel medesimo tempo. Male e cura nel medesimo evento.
E' il paradosso che sostiene l'intangibile, mentre la coerenza appartiene alla realtà materiale.

Un'altra spiegazione più semplice potrebbe essere che sono solamente un tipo complicato, un po' megalomane. Un solo universo e un solo me stesso a me non basta.
Mi va stretto l'infinito.
Sospendo opportunamente il giudizio sul mio benessere mentale e un'eventuale adesione fanatica alla credenza di quanto ho intuito ed espresso, perché conscio della parzialità della mente con cui faccio esperienza di una tale intuizione.
Diciamo che al momento la vedo così.
E' facile però fraintendere, questo è un rischio sempre in agguato.
Fraintendere (credere di sapere) dunque è un errore peggiore di non sapere e quest'ultima condizione risulta essere una situazione inevitabile per l'umanità, in particolare quando si interroga sul Sacro.
L'essere umano al suo meglio può capire il "come" delle cose, non il "perché". Non può nemmeno rispondere al "cos'è" cioè dare una spiegazione della struttura o di una cosa "in nuce". Può a malapena comprendere un evento da come si muove, da cosa fa, ma non sa cos'è né tantomeno perché.
Un perché che va inteso non come spiegazione di un fenomeno, ma come ragione ultima di questo fenomeno.
La cosa è un pochino diversa.
In tutta la storia dell'umanità così nessuno ha mai dato una risposta a un solo vero perché.
Sappiamo ad esempio come si comportano gli Atomi, ma non cosa sono; Si continua a scomporli in sotto-particelle elementari con carica elettrica frazionaria cioè in Quark e Adroni e poi non si trova più niente.
Non sappiamo perché esistono e questo si può dire di tutto ciò che è il "sapere" dell'Uomo.
Tutto ciò si produce, perché l'essere umano usa la coscienza per dirigersi verso la materialità, proiettando l'attenzione e il ragionamento verso l'esterno di sé, orientandosi verso le cose del Mondo trova le domande, ma è quando questa coscienza si dirige dentro di sé che si possono trovare delle risposte.
Direi piuttosto che in tale dimensione interiore smettono di porsi le domande.
Questo per esempio l'ho intuito guidando nel traffico.
La Verità è sempre davanti agli occhi di tutti, non c'è bisogno di andare a meditare sull'Himalaya.
Se ad esempio si guida la propria autovettura, si noterà che la coscienza si dirige verso le automobili e il modo sconsiderato con cui i loro conducenti a loro volta le guidano, ebbene se in concomitanza si valutassero anche le assurdità della viabilità, immediatamente a chi accade questo, verrebbe voglia di bruciare il Mondo intero posizionando un lanciafiamme sul cofano dell'automobile.
Se la coscienza entra invece in se stessa tutto è pace, e sebbene si arriverà a destinazione comunque in ritardo, almeno non fregherà più niente.
Chi farà così avrà risolto uno dei più grandi problemi dell'universo: il traffico.
Il segreto invece per trovare parcheggio lo spiegherò un'altra volta, perché quello, visto che ormai tutte le città sono così affollate, raggiunge lo status di miracolo.

Tornando serio, cosa potrei dire a chi mi chiedesse qual è la situazione della condizione umana?
Sei solo, siamo tutti soli, perché completamente persi in questa ignoranza.
Questo è il dato per me evidente continuamente ripetuto dalla realtà, perché inascoltato.
Questa è la prima e forse la più difficile verità che un essere umano deve comprendere per iniziare a vivere veramente.

Ho realizzato due evidenze valide per me stesso, manco a dirlo paradossali.
La prima è che il desiderio di conoscere è il più grande ostacolo alla conoscenza.
La seconda evidenza è che ogni cosa che pensi nel profondo con assoluta convinzione si realizza, ma raramente lo si crede possibile e ancora più raramente si esprime una tale convinzione assoluta e con essa si manifesta un tale potere.

Noi tutti viviamo confinati dentro dei limiti, non solo imposti dagli altri, dalla morale o dalla cosiddetta realtà, ma dall'adesione acritica a delle regole che usiamo per definirci e definire il nostro vivere.
Questo perché la libertà, anche solo la libertà di un pensiero senza limiti, ci spiazza e spaventa.
Non si ricevono verità dal mondo e dagli altri, si hanno solo bugie oppure al meglio approssimazioni plausibili, perché prodotte da dati presunti.
Questo l'ho capito a sette anni, quando mia madre mi diceva: "Non mettere il coltello in bocca che ti tagli la lingua", ho continuato a farlo: non mi sono mai tagliato. Non conosco nessuno che si sia mai tagliato facendo così, eppure è plausibile.
Lo si crede, ma non succede.
E' evidente visto che se si mette il coltello in bocca orizzontalmente, e la lingua è orizzontale non incontrerà mai il filo della lama.
Anche questo è aderire a una credenza. E come scriveva Nicce citando il suo falegname: "Ogni credenza è falsa".
A me piace portare questi piccoli esempi che spiegano delle verità cui nessuno generalmente presta attenzione.
Sono le piccole cose che ci fanno capire i grandi sistemi.
Dopo questa fulminante verità ho cominciato a revisionare con lucidità tutto quello che mi viene detto e sembra plausibile, infatti se non è verificato attentamente, genererà limiti falsi che rinchiuderanno realmente ciò che sono.
Sono stato un bambino precocissimo, ad un anno parlavo correttamente, a tre scrivevo e facevo di conto, a diciassette avevo compreso matematicamente la teoria della Relatività Generale, studiandola da solo insieme al calcolo infinitesimale.
Dopo i ventuno anni mi sono quasi sempre annoiato mortalmente. Non avevo più niente da studiare.
Al di là delle facili battute, c'è sempre da imparare, soprattutto sulla Vita.
Purtroppo non sono d'accordo con la concezione imperante che vi sia un'evoluzione cioè che il processo educativo della conoscenza formi un essere umano migliore.
Questo per due motivi, il primo perché sento che nulla si può aggiungere alla nostra natura autentica, nulla di realmente significativo, possiamo imparare tante cose che restano però in periferia, ma interiormente nel nostro centro restiamo sempre gli stessi.
La seconda ragione che mi rende scettico rispetto a questa presunta "evoluzione" è che non credo che l'Uomo sia sbagliato e dunque vada corretto.
L'unico errore che può fare un essere umano è non far fiorire il proprio reale se stesso.
Il processo che porta a questa scoperta non è qualcosa da raggiungere, perché è sempre con noi, solamente molti non se ne accorgono.
L'unica reale destinazione e dove si è già: il nostro reale sé.
E lo si realizza per sottrazione, cioè togliendo dalla propria natura autentica quello che non vi appartiene autenticamente; L'opposto moto invece è costantemente voluto dalla società e dalla cultura.
Devi cioè adeguarti a qualcosa già stabilito a priori da altri che la società addita come autorevoli fonti, generalmente persone di successo; Dunque credendo a quelle come e quando mai potrai vedere chi sei per davvero?
Quando potrai scoprire la tua reale fonte di verità e dissetarti veramente se continui a trangugiare ipotesi d'acqua dal rubinetto dell'acquedotto pubblico?
Si dice dentro di se: voglio essere così, oppure, voglio essere come quello lì, e anche: l'ho visto in televisione, è bello. Si pensa addirittura: così sarò figo.
La probabilità di incontrare il vero se stesso si ridurranno se già diamo una forma e una connotazione tra l'altro molto omologata.
Questa mancata emancipazione dei nostri pensieri più intimi la si nota perfino nei desideri che risultano essere banalmente molto simili.
Ogni uomo, più o meno, si sogna al bordo della medesima piscina, nella medesima villa con servitù e parco secolare annesso, mentre in camera da letto lo aspetta la medesima bionda o bruna, oppure un harem a disposizione per i suoi piaceri. Tutti gli stessi desideri che si concretizzano a bordo di una barca meravigliosa o su un jet privato che sfreccia verso una destinazione esotica.
Le donne invece preferiscono avere un uomo con già queste cose a disposizione così potranno godere i frutti di questo albero senza la fatica di coltivarlo.
Non si può certamente parlare per tutti, ma per molte persone questo risulta un dato di fatto.

Si racconta che un ricchissimo Maharaja organizzò una festa sontuosa nel suo splendido palazzo, invitando le donne più nobili e belle del suo regno.
Promise che qualunque cosa queste ospiti avessero toccato sarebbe stata loro, avendo però a disposizione solo un minuto per farlo.
Allo scoccare dell'inizio della gara, ogni donna si precipitò a prendere qualcosa, una donna prese un quadro, un'altra arrotolò un ricchissimo e raro tappeto, un'altra ancora staccò addirittura un gioiello incastonato in una statua.
Solo una giovane restò immobile.
A pochi secondi dalla fine di quel minuto a disposizione, lei si mosse e tocco il Maharaja così ogni cosa che lui possedeva fu sua.
Lasciando le favole che raccontano così bene la realtà, mi domando cosa pensa o meglio cosa desidera l'essere umano?
"Giunto in quel luogo dove i desideri degli altri saranno una realtà per me, io allora sarò felice".
Questo pensa e desidera.
E' suggerito dal Mondo e l'Uomo vi crede.
Lo trovo estremamente ridicolo, perché a questo essere umano fortemente disorientato nemmeno più i desideri gli appartengono.
Che banalità!
Peccato che una persona dopo una vita di lotte e di lavoro, giunta a quel ambito traguardo sarà magari soddisfatta, ma la felicità sarà da un'altra parte, perché è un'altra cosa, è una cosa tua, unica, senza regole.
Gli oggetti inoltre non possono renderti felice, perché gli oggetti non ti potranno mai amare.
E' proprio inutile amare le cose, perché quest'amore non potrà mai essere ricambiato e produrrà solo amarezza.
La felicità non è dove ti dicono gli altri sia, ma dove ti ritrovi a tuo agio nella libertà.
E più oggetti hai, più tesori hai cui badare e meno libero sei. Certamente i soldi sono importanti in questo mondo, ma oltre una certa quantità diventano un vincolo non uno strumento di emancipazione.
Comunque queste sono e restano scelte personalissime la cosa importante è invece capire cosa veramente siamo, perché senza determinare una posizione precisa non si può andare da nessuna parte.
Cosa ci mostra la realtà?
Ci mostra che l'essere umano è talmente ammaestrato ad ubbidire che non concepisce nemmeno più un desiderio autonomo oppure una libera iniziativa.
E' deprivato della fantasia o meglio dell'immaginazione che è invece il suo vero potere.
Questo sortilegio ai suoi danni non è fatto a caso.
Anche quando una persona apparentemente sembra che manifesti un'ambizione o un traguardo personale, invece qualcuno gliela detto, suggerito, imposto.
Da bambini eravamo noi che inventavamo un gioco e stabilivamo le regole per giocare.
Nella vita i giochi sono già fatti, le regole già stabilite, l'unica libertà è quella di non averne e giocare seconde quanto c'è a disposizione.
Una persona vuol diventare un grande calciatore?
Tanto per fare un esempio, però quello sport non lo ha inventato lui, ma un altro.
Come una scimmia ammaestrata farà più o meno bene quello che gli hanno detto che deve fare, cioè cercando di infilare una palla dentro a un rettangolo, e spenderà i soldi guadagnati con l'ingaggio nei modi più stupidi e autodistruttivi possibili.
Questo per il Mondo è una persona realizzata.
Questa è una persona che ha speso bene la propria vita.
Quando li intervistano tra scroscianti applausi a malapena riescono a infilare di seguito due avverbi corretti.
Cosa dovrei capire della loro vita?
Capisco certamente che non è così che voglio vivere.
Ho qualche dubbio che possa trarre da loro qualcosa di significativo.
Questa realizzazione dunque corrisposta agli altri è eseguita, perché consente di essere felice, cioè di realizzare la felicità sancita dagli altri, non quella propria che tra l'altro non può essere raggiunta, ma solo scoperta.
La felicità ordinaria è in altre parole: aderire a una visione parziale della realtà.
Se una persona guardasse con disincanto quello che lo rende ordinariamente felice, questo gli toglierebbe immediatamente il sorriso.
Guadagni tanti soldi? Certamente, ma rendi gli altri più poveri. Li devi sfruttare.
Come fai a essere contento?
La complementarietà degli opposti che concorrono a costituire una percezione obiettiva del reale, invece toglie la felicità, perché dona solo una visione vera o per lo meno realistica dei fatti e della nostra vita.
Per essere felice invece si dovrà scegliere una parte.
Come mia abitudine esemplifico: Se sono a cena con una bella donna che pare amarmi e quasi certamente mi vuol scopare, molto probabilmente sarò felice, perché trascuro comunque i dati ugualmente veri che invece mi dicono che non potrò mai conoscerla totalmente (per fortuna) inoltre anche questo bel momento d'intimità è destinato ad esaurirsi e la relazione a perdere di slancio e freschezza.
Non è portarsi sfortuna da solo, è solamente considerare le cose in maniera oggettiva cioè da dove esse prendono inizio, lì tendono anche a finire.
Due cuori e una capanna vanno benissimo finché non arriva l'inverno e la neve. Questo non significa certamente che non si ascolterà e godrà di una canzone solo per il fatto che comunque finirà.
E' comunque inevitabile. E' la natura dell'esistenza. Bisogna farsene una ragione e godere di questo continuo moto.
Bisogna amare la verità e niente altro per scegliere così una vita un pochino diversa.
Quando nasciamo ogni cosa è possibile, soprattutto perché la crediamo fattibile. Man mano che procediamo nella vita i nostri limiti si formano sempre più stretti, non tanto grazie al ragionamento e all'esperienza vissuta, quanto piuttosto come ho detto, aderendo supinamente a quello che ci viene detto siano.
Un bambino piccolo è pieno di stupore, il suo mondo è una continua meraviglia; Da adulto questo non avverrà più, dopo un po' tutto gli sembrerà ripetuto e nei suoi occhi una volta diventato vecchio raramente si troverà quella luce che brillava quando era appena nato.
Dov'è finita?
Chi gliela spenta?
Ogni desiderio è valutato dalla morale, ogni pensiero prima di esprimersi è giudicato dal tribunale della coscienza.
Ognuno è addestrato a diventare il controllore di se stesso e degli altri. Con un simile apparato introdotto nella nostra coscienza non faremo più esperienza del vivere, ma cercheremo solo conferme a questo modello indotto, indotto per limitarci.
Ogni ordine giunto da chi crediamo superiore sarà così accettato senza più discussione e valutazione, se per qualche ragione non vi aderiremo, questo farà nascere in ognuno paura, colpa e inadeguatezza; L'ossequiante "si" alle disposizioni sancite ci rassicura invece, produce nella persona il confortante senso di essere nel "giusto", ma questa giustezza non è decisa, valutata e compresa è solo eseguita.
Dunque, anche quando è una cosa buona, non ha un reale valore per la persona, non è veramente un'espressione corretta e viva della propria etica è solo un modo di aderire a un ordine impartito da qualcuno per qualcosa di cui nemmeno si sa cosa sia.
Proprio stamattina ho visto una signora che metteva i soldi nel parcometro per posteggiare l'automobile.
L'ho trovato agghiacciante.
Era derubata, ma cedeva volontariamente ciò che aveva guadagnato con la fatica del suo lavoro, senza avere nulla in cambio. Non riceveva ne un bene né un servizio, cosa doveva pagare?
Sarebbe come dover spesare l'area che il nostro corpo occupa nel Mondo.
La sua autovettura l'aveva comprata, pagando tasse e oneri, e uno spazio, sulla terra che è di tutti, non lo dovrebbe comunque occupare?
Se il parcheggio non è nemmeno custodito, perché paga?
Questa rapina non era fatta con la minaccia delle armi, ma con la sua stessa adesione. Era complice contro se stessa.
La Terra le hanno fatto pagare. E' come pagare l'aria o l'acqua, anzi mi correggo quest'ultima la fanno già pagare.
La domanda che mi rivolgo è perché dovrei dire si, quando voglio dire no?
L'educazione, la Legge, perfino la Divinità interpretata dai suoi promoter in terra ci da ordini e ci dice esattamente non solo come dobbiamo comportarci, ma chi dobbiamo essere.
Lo trovo spaventoso.
Un crimine contro la natura umana.
Si crede che senza questo ordine, Leggi e regole, l'essere umano si trasformerà in una sorta di selvaggio, un ladro e un assassino.
Nella realtà si osserva che è vero il contrario.
Milioni di morti ammazzati sono fatti al suono delle fanfare, da persone che indossano impeccabili uniformi coperte da scintillanti medaglie che procedono in schiere allineate e ordinatissime. Reggimenti anzi divisioni di persone ubbidienti che per nobilissimi motivi producono cataste di cadaveri.
I più grandi furti sono perpetrati non col passamontagna, ma in giacca e cravatta. Coloro che fanno parte in maniera irreprensibile del Sistema in definitiva lo usano per il loro interesse. Non sono come dicono di essere e non fanno certamente quello che impongono agli altri e questo è possibile grazie proprio a quel Sistema.
Viceversa il loro inganno sarebbe subito smascherato.
I peggiori crimini etici e lo sfruttamento più bieco sono fatti proprio dai rappresentanti di questo "ordine" da chi legifera e da chi pare presentarsi come una sorta di benefattore, a volte impersonando il personaggio del filantropo-imprenditore che porta lavoro e progresso, quando a ben ragionare c'è solo miseria appena tollerabile per chi da questi é sfruttato, mentre lui si arricchisce oltre misura.
Tutte queste imposizioni assurde in realtà non migliorano affatto la vita.
A furia di "no" per gli apparenti migliori motivi, la vita diventa insopportabile. Perde la bellezza che ha il colore della libertà.
Piace all'essere umano definirsi buono, addirittura figlio di Dio, ma a ben guardare non è buono il suo modo di comportarsi e non lo è perché non è intelligente. E' stupido vivere una vita di conflitti.
Molte persone guardano a questi "uomini di successo" con ammirazione. Pensano: "E' furbo, ha usato il Sistema a suo favore". Però questa furbizia è certamente un dubbio merito e inoltre dimostra che il Sistema è sbagliato.
Da chi è pagato questo successo avuto con furbizia?
Dai molti che non lo hanno e anche dai molti che hanno per lui una certa ammirazione.
La domanda da porsi in campo sociale e politico è semplice.
Non per fare il Lombrosiano, ma avete mai visto la faccia degli uomini politici?
Avete notato che appena si scava nel loro passato, non solo escono reati finanziari di ogni tipo, ma se si scende ancora di più in un'indagine seria (che nessuno si azzarda mai a fare) si troveranno reati ancora peggiori.
E dunque quali leggi possono essere create da simili personaggi?
E' evidente che tutto il nostro Sistema è completamente sbagliato, ma solo apparentemente plausibile.
Se poi si guarda anche la televisione, dove: se non si ammazzano, litigano, se non litigano vendono qualcosa: sesso, oggetti, false emozioni, false notizie, pare tutto finto.
L'ulteriore domanda che sorge spontanea è "Se la televisione è lo specchio della società, perché non la si mette in bagno?"
Al di là delle battute un po' scontate, se si osservano le persone per strada ciò che notiamo non è molto meglio dello schifo che avviene nelle cosiddette stanze dei bottoni; La gente è spesso crudele gli uni con gli altri.
A volte il peggio si raggiunge con l'indifferenza.
Spesso le persone si offendono per un nonnulla, si indispettiscono terribilmente e soprattutto quando hanno torto.
E' un miracolo che non scoppino risse ad ogni angolo della strada.
Il genitore tanto amato, appena si trasforma in eredità diventa un motivo di guerra senza quartiere tra fratelli e sorelle.
Per cosa?
Per nulla, visto che si guadagna un vantaggio materiale, perdendo però l'amore di un consanguineo.
L'amore, per quanti soldi un ricco possiede non lo potrà comprare.
Nel vivere di tutti i giorni bisognerebbe non dare fastidio al prossimo, basterebbe essere educati e portare un pochino di pazienza, magari prima di mandare affanculo un'altra persona, domandargli: "Scusi, perché fa così?" poi ragionare insieme sui diversi punti di vista. Utopia.
E' molto difficile anche col migliore altruismo liberarsi dall'egoismo proprio per sopravvivere in un mondo ostile che abbiamo in parte creato anche da noi che ci fa dire: "Meglio a lui che a me".
Questo è quasi un comandamento per l'essere umano.
Meglio allora scannarsi l'un l'altro, meglio fottere qualsiasi culo si presenti a ponte lungo la strada, meglio schiacciare, storpiare, ignorare tutto e tutti?
Secondo la mia opinione è una corsa senza esclusione di colpi per un traguardo che non esiste.
E' assurdo che non si realizzi che da quando esiste l'Uomo questo comportamento ha solo portato sofferenza.
Nonostante questa evidenza storica si continua a ripetere il medesimo errore.
Le persone non sono poi veramente cattive, solo che non capiscono, non ci arrivano, non hanno l'intelligenza che gli mostrerebbe la realtà dei fatti per quello che è, e il fine ultimo delle loro azioni.

Ogni essere umano conosce cosa gli da dolore oppure piacere; Non ci sarebbe bisogno di tutte queste leggi, servirebbe solo sincerità. Eppure esistono milioni di norme ugualmente inutili contro l'ingiustizia, perché manca questa sincerità.
Compito della società in un Mondo sensato, e il condizionale è d'obbligo, dovrebbe essere non mettere vincoli alle persone, ma insegnargli invece l'unico vero reato contro gli altri: l'avidità.
L'avidità e il suo risultato palese cioè il successo è esaltato, additato addirittura come merito. Non c'è alcun senso di umanità nella vittoria, perché tutti gli altri perdono. Non bisogna contendere. Tutto il Mondo è una continua incitazione ad avere, sempre di più, un patrimonio di cose sempre più grande.
Chi paga questa grandezza raggiunta da pochi?
Tutti gli altri.
Secondo me non è un buon affare.
Quanto bella sarebbe la vita con poche regole atte solo a scongiurare questo nemico sempre in agguato lungo l'esistenza? La brama inesauribile.
Invece: "Più leggi ci sono più la società è ingiusta, più si affilano le armi più il mondo è insicuro".
Questo lo ha scritto Lao-Tze nel Tao Te Ching, migliaia di anni fa e non è cambiato ancora nulla.

Questo piccolo inciso vagamente rivoluzionario e un pochino distopico è importante, perché le considerazioni generali e la discussione sui massimi sistemi devono poi rapportarsi con la vita ordinaria.
Sebbene esistano infiniti universi e infiniti me stesso, comunque a fine mese dovrò pagare il mutuo.
Questo per dire che non bisogna spostarsi troppo da ciò che abbiamo davanti agli occhi, esso è valido e importante come ciò che vi sta dietro.
Personalmente mi ritengo un fenomeno di idiozia, perché porto avanti idee sull'intangibile, quando la gente non vede nemmeno quello che ha davanti agli occhi. Vedo chiaramente i limiti delle persone, ma nello stesso tempo li guardo con indulgenza. A me l'umanità piace, ma non chiedetemene il motivo.

L'Uomo, però non dovrebbe aver paura delle sue difficoltà: ignoranza, dolore, incertezza, delusione e smarrimento non contano, non sono veri nemici.
L'essere umano è comunque più grande delle proprie sofferenze.
Il cammino è incerto, non si sa nemmeno cosa potrebbe accadere tra un minuto, ma personalmente so che c'è qualcosa che mi guida lungo questo sentiero creato da me stesso: è il mio Spirito-Destino che conosce la destinazione, anzi ha già costruito la strada sin nei minimi dettagli.
Tutti gli altri questo non lo percepiscono e allora tutto la grande ruota che procura sofferenza, come potrebbe fermarsi?
Ho visto molti uscire da questa vita, l'ho veduto con i miei occhi nei modi più diversi a volte perfino orribili.
La Nera Signora, l'Invincibile Guerriera, coglie chi vuole e nessuno Le resta indifferente.
Eppure...eppure alcuni e almeno uno ne sono certo ha attraversato l'Ombra senza paura.
Che esempio meraviglioso mi è stato dato modo di vedere. Abbasso il capo in segno di gioia riconoscente.
E' dunque possibile.
Io ne sono stato testimone; Non dico che per tutti sarà così, non ho certezza per me stesso, ma solamente sapere che è fattibile è già coraggio che arriva forte al cuore.
Ogni essere umano ha una grandezza e una forza che nemmeno immagina.
Altrimenti chi oserebbe vivere?
Già questo merita il sorriso di Dio.
Già questo basta per vivere come sei.

Guardando in maniera prospettica e più in generale tornando a un discorso meno personale, ogni essere umano deve farsi carico della responsabilità di ogni sua azione nei confronti di se stesso, e se è così "grande" estendere tale responsabilità nei confronti di tutti e di ciascuno; Ben considerando che in ultima analisi non ci sono responsabilità per le azioni compiute, ci sono solo conseguenze, inoltre chi chiama se stesso "grande" è certamente pazzo.

Buon Natale e buon anno a tutti.
Penso che in questa festa ci stia bene un abbraccio che non dovrebbe servire solo a stringersi ad un altro, ma ad avvicinare due cuori come diceva un mio conoscente.
Queste parole belle che mi ostino a condividere, sembrano proprio il trionfo della speranza sull'esperienza.
Questo è vero, ma è vero anche che ognuno ha il suo passo, la sua strada e chiama in maniera diversa quel luogo uguale per tutti che è la sua casa.

In una frase come un lampo la vera Verità?
Siamo tutti in bilico sulla stessa fune, solamente su abissi diversi.