martedì 20 aprile 2021

We're caught in a trap


Bisogna avere il coraggio almeno di dirlo.

Non è possibile realisticamente amare un altro essere umano.
Siamo troppo meschini e quando non lo siamo: siamo patetici.
Certamente abbiamo alcune qualità, ma sono sporadiche; Spesso dissimuliamo dei difetti con false virtù e così mentiamo a noi stessi. E molto sottile l'inganno che ci rifiliamo.
Se dovessi fare il computo dei tanti "Amori" scritti sulla mia linea del cuore, cioè tutte le donne che ho "amato" e da cui sono stato "amato" piuttosto che un vita sentimentale mi sembrerebbe un bollettino di guerra, una guerriglia senza tregua, con imboscate da parte di entrambe le fazioni.
Senza quartiere né pietà, tranne ovviamente nelle momentanee tregue che preparano solo nuovi "colpi di mano" atti a guadagnare un vantaggio.
Ci si estorcono l'un l'altro vicendevoli ricatti e mi stupisce che nel frattempo si riesca anche a essere così felici e contenti.
E' questo il gioco che si gioca, non c'è critica è solo una mera constatazione.
Ed è bello così.
Con un pizzico d'ironia intitolerei questo ipotetico libro rosa: "A letto col nemico".

In quanto agli altri? Alle persone di questo pianeta, onestamente?
"No comment" è la mia dichiarazione affettata, esattamente come quella di chi non vuol offendere e rovinarsi con le sue stesse parole.
Allora, credo che amare veramente sia possibile solo attraverso Dio.
Parlo dell'Amore con la A maiuscola cioè quello incondizionato, quello a cui non serve aggiungere una bella scopata, quello che è gioia solo per il fatto di provarlo, non ha bisogno di ricevere nulla.
E' una luce senz'ombra. Solo luce.
Dunque utopistico, ecco perché solo attraverso il trascendente è possibile ospitarlo.
Non possederlo, ma almeno viverlo.
Senza Dio non possiamo nemmeno amare veramente noi stessi.
Dio, non credo sia certo un anziano signore con la barba che ci guarda dall'alto dei cieli e ci giudica né quello indicato dalle religioni che a ben vedere si assomigliano un po' tutte e non hanno risolto mai nulla se non inasprire i conflitti con le differenze.
Si dice che Dio sia amore, ma di che tipo? Non certo quello umano.
Più che altro il nostro cosiddetto amore, l'amore sentimentale e quello degli affetti, è prendersi cura di qualcuno, badando bene ai costi e ai ricavi per questo impegno misurato.
Si ama a volte come in un Supermarket, si entra nella vita dell'altro, si prende quello che serve e poi se ne esce senza salutare.
Ma l'amore che ha questa misura non è amore.
Ecco perché dico che senza quel "Qualcosa" che talvolta è come un'indistinta grandezza, non si evade da questa gabbia illusoria, dall'auto-inganno che ci fa essere dei mercanti: ti do, mi dai.
Un comportamento utile, ma piccolo che restringe sempre più la vita sino quasi a soffocarci.

Secondo il mio sentire, Dio non ha questa natura, non è un mercante né un'idea, ma semmai per l'essere umano: una percezione.
Inoltre il suo Regno non è in questo mondo, così fu detto, e appare evidente dalla sofferenza che ci circonda.
L'eternità che Lo contraddistingue non è presente in questo universo materiale, sempre in divenire, un continuo ciclo di nascita, morte e cambiamento, sino alla terminale dissoluzione.
Il Caos è inarrestabile e alla fine vincerà su tutto nella dimensione dello spazio/tempo.
La condizione divina è però al di là del Tempo, quindi inconcepibile per l'essere umano.
Ed è pazzesco perché razionalmente io non credo alla divinità, il mio cervello si rifiuta di concepirla, eppure....
Se dovessi descrivere come Lo percepisco qualche volta e con la dovuta soggezione che non so perché mi incute, semplicemente direi che mi scende un silenzio nel cuore, mi apro senza alcuna richiesta, solo il piacere di sentire il suo sorriso che mi arriva, poi ricambio con una strizzatina d'occhio...E continuo la mia vita di merda come nulla fosse.
Non è una regola, ma qualche volta accade.
Non è un vero incontro, questo va ben inteso, voci tonanti e apparizioni non mi appartengono, visto la nullità quale sono, più che altro è una sorta di pacca sulla spalla che sembra voler dire: "Dai muoviti, la strada e lunga, vai vai!".

E' una situazione paradossale.
Forse sbaglio di poco se parlo un po' per tutti dicendo che viviamo in un universo dove non è possibile che esista questo "Regno" ma ne percepiamo comunque il richiamo.
E' compito dell'essere umano edificare il "Paradiso" in Terra?
Se così fosse non avremmo dovuto avere in dotazione maggiori mezzi per una costruzione tanto ardua?
Se dovessimo costruire realmente un mondo perfetto, perché mai saremmo nati con tanti difetti?
I fatti si incaricano di dirci che la strada verso tale traguardo non è stata ancora percorsa, anzi questa strada non è stata nemmeno costruita, forse è stata appena immaginata e descritta con qualche parola a riguardo.
Abbiamo avuto notizia del progetto, ma senza averne i mezzi per realizzarlo.
Siamo condannati al fallimento? Non credo.
L'esistenza piuttosto che un Paradiso prossimo venturo è secondo la mia opinione, una trappola ben congenita per la riflessione.
Il mondo pare essere stato fatto solo per capire che facendo esperienza dei limiti della Vita si aprirà la porta per il contatto con questo Mistero, così chiamo Dio, perché il suo nome convenzionale è troppo frainteso. Inoltre meglio definisce la sua natura sconosciuta e forse inconoscibile.
Un Mistero che è sinonimo di libertà, ma la libertà deve essere voluta, non può essere solamente ricevuta.
Questa libertà con cui intendo il soprannaturale per essere vissuta va meritata.
Meritata non secondo una sorta di codice etico o supino rispetto di leggi pseudo-divine, una sorta di puerile retribuzione per prestazioni rese, pensare in tal modo è infantile; Piuttosto una forma di svincolo dal mercato di cui scrivevo prima.

L'azione libera dal ricavo rende puro l'agire.
L'Intento buono rende buono il fare anche se i risultati a volte non lo sono.
Non possiamo staccarci completamente dai desideri, essi ci legano e dominano, possiamo solamente alleggerirli della nostra energia. Affinché questo meccanismo, questa "trappola" possa perdere di slancio e l'essenza possa liberarsi, grazie alla saggezza di questa realizzazione.
E poi? Personalmente auspico finalmente la fine della sofferenza, in quanto inutile, non perché mi faccia paura.
Comunque credo che tutti su questo pianeta abbiano una certo coraggio, anche se non sembra.
Chi sceglierebbe di viverci se non lo avesse?
Tanto bello e tanto difficile pare essere l'esistere e di più lo è svincolarsene.

Come accennato in altri scritti, personalmente trovo d'aiuto una percezione più ampia che si realizza attraverso il sogno, uno stato che considero reale come la realtà della veglia.
Il sonno profondo è preceduto da una condizione di dormi-veglia con immagini e situazioni assurde che ci prepara a un diverso alfabeto.
Segue il riposo, poi cominciano i sogni e ve ne sono di diversi tipi. Ci sono i sogni ordinari atti a mettere ordine nella vita del sub-cosciente, altri riversano le personali esperienze in una sorta di mente collettiva che credo esista e ci mettono in contatto con le esperienze proprie di tutta l'umanità. In questa fase mi capita di fare esperienze di altre vite, vivendo come fossi un'altro. Talvota mi capita perfino di vedermi allo specchio senza riconoscermi per quello che sono eppure percependomi distintamente.
Altri sogni invece sono veri e propri viaggi in dimensioni sconosciute e strane.
Certe volte arriva "il sogno che parla" e quando accade è sempre sconvolgente.
Sono momenti in cui entro in contatto con qualcosa che è semplicemente oltre. E' indefinibile la qualità di quei momenti.
Non né ho mai scritto, ma ora posso raccontarlo.

Proprio ieri notte in un sogno particolarmente vivido, viaggiavo a pelo d'acqua lungo un lago azzurro appena increspato dalle onde. Giunsi vicino a una piccola barca di legno, occupata da una persona che parlava a dei bambini seduti su un molo anch'esso di legno.
Questo personaggio spiegava ed esemplificava.
Così galleggiando sull'acqua mi fermai ad ascoltarlo.
Nella fase onirica non si è legati alla razionalità e ai limiti della Fisica sebbene abbia notato che a volte i temi che vengono espressi hanno una sorprendente proprietà di linguaggio e una logica profonda.
Vi è come uno "spirito intelligente" che mi supera e mi sovrasta.
Ebbene, quella persona nel sogno diceva: "All'inizio fu il verbo" credo intendendo "l'inizio" come l'inizio del Tempo cioè come opera di quel "qualcosa" che ha dato il via al Tutto.
E su questo non vi è gran novità, perché è scritto nella Genesi, ma il modo di interpretarlo e darne spiegazione fu sorprendente nella sua semplicità.
In questa originale comunione del trascendente con la parola, il verbo (il linguaggio) definisce meglio ciò che non può essere definito né contenuto.
Dio è nel linguaggio? Questo pareva esprimere il sogno.

Continuando con la mia storia onirica, questo personaggio spiegava ancora: "Prendiamo il verbo -baciare- esso è infinito, ma non solo come definizione grammaticale, esso contiene tutti i modi di baciare soggettivi, perché ognuno bacia a suo modo.
L'insieme di tutti i modi di baciare, l'insieme di tutte le soggettività, in tutti i tempi e i modi possibili sono contenuti nell'infinito, la caratteristica propria del Mistero.
Egli (?) è così la medesima cosa in tutti i modi d'essere possibili, nello stesso eterno momento nonostante tutti i tempi in cui l'esssere umano fraziona illusoriamente l'esistere: passato-presente-futuro.
Questo è comprensibile, sebbene particolare, ma poi ha aggiunto una frase che in quel momento aveva senso, ma al mio risveglio l'ha perso: "La prugna e l'uva hanno lo stesso colore, ma il loro effetto è diverso".
Cosa significa?
Onestamente non lo so più, però mi sono svegliato di soprassalto molto colpito se non proprio spaventato.
Ecco un esempio di come il mondo interiore comunica lambendo la frangia dell'intangibile e comunicando con esso. Non è solo una comunicazione inconscia è qualcosa di diverso secondo la mia intuizione.
E' una comunicazione a volte ardita, arguta, spesso paradossale, mentre altre volte è fatta di immagini ed emozioni, ma ha una particolare luce, un'intensità che va oltre i fatti narrati, un contatto con una realtà diversa, ma che è parte integrante di quella di cui abbiamo normalmente percezione.

Cosa resta?
A mio modesto modo di vedere?
Faccio posto dentro le mie umane miserie e aspetto...Che qualcosa entri in me e forse mi liberi dalla prigione del mio egoismo.
Sino ad allora cambio solamente cella, lasciandone una che non sopporto più per un'altra che non conosco ancora, ma che imparerò a detestare.
E stranamente in questo pellegrinaggio di vita in vita, nei molti secoli attraversati, tutti apparentemente desolati, sono felice.
Perché se un giorno tornerò a casa, allora non mi sono mai perso.