giovedì 13 ottobre 2016

La strada più breve è l'arabesco



E' il nostro rapporto con il tempo che determina la nostra natura.

C'è da considerare che la conoscenza è un elemento esperienziale non solo intellettuale. 
Mi domando quante delle teorie, principi e opinioni che reputiamo validi e reali si basano realmente sulla nostra esperienza?
La nostra esperienza infatti si fonda sulla percezione, ma allora per un essere umano è impossibile come sostenuto dalle teorie della fisica quantistica e da alcune filosofie mistiche concepire un tempo simultaneo o circolare (secondo altre teorie) quando le sue sensazioni e successive percezioni si formano in un tempo lineare; Se mai ci può essere una modifica così profonda, essa avverrà solo se le percezioni si espandono, viceversa sarà solo uno strumento intellettuale, un modello di pensiero e in definitiva una opinione, non una realtà.

Sono perplesso anche sulle cosiddette vite passate anch'esse ipotizzate da alcune religioni e da alcuni movimenti spirituali. Se consideriamo che non siamo l'unica forma di vita su questo pianeta ed è plausibile che non lo siamo nemmeno nell'universo, mi domando, perché in questi "ricordi" si vive sempre un'esistenza umana e non per esempio aliena o animale? 
Amerei invece conoscere la reminiscenza delle avventure erotiche di un Astice, le grandi passioni di un Pollo, gli amori disattesi dello Zibetto delle Palme. insomma cose così.

Se inoltre consideriamo come realistico l'inconscio collettivo è presumibile anche che esso possa essere l'espressione di un'Anima collettiva; allora quest'Anima vivrà tutte le esistenze possibili, in tutti i modi possibili, in tutti i tempi possibili, nello stesso eterno momento simultaneo. 
Perpetuandosi continuamente in un concomitante passato, presente e futuro che coesistono nel medesimo spazio/tempo ma su piani diversi e infiniti. 
Se tutto è Uno allora qual'è il senso del Karma cioè della legge di causa ed effetto? Questo Uno in definitiva se la canta e se la suona tutta da solo. 
Chi o cosa poi terrà questa contabilità di opere e omissioni? Il computo di ogni azione si limiterà solo agli uomini o anche agli animali? E i virus e i batteri che ammazzano tanta gente? 
Miliardi di addizioni e sottrazioni ogni secondo, altro che lavoro da Dio sembra l'incubo di un ragioniere questo insulso bilancio.

Ogni filosofia portata al suo estremo lambisce così il grottesco.

C'è da perderci la testa dietro a questi ragionamenti se non si temesse di perderci anche l'anima.

Questo per dire che le ragioni, e le idee a sostegno di queste, sono moltissime, affascinanti, accattivanti direi, ma in definitiva nessuno può affermare nulla di certo. 
Uomini molto migliori di me non hanno mai avuto la sicurezza di parlare di una verità assoluta, qualcuno con pudore ha provato a indicarla solamente. 
Solo i Profeti hanno palesato una tale sicumera, ma quelli sentivano le voci...

Forse è vero che "Quando si smette di parlare si può cominciare a comprendere" e a titolo personale aggiungerei: "Quando si smette anche di scrivere". Comunque questa comprensione sarà in ogni caso non trasmissibile. 
E' un paradosso divertentissimo che chi conosce la Verità (ammesso che esista) non possa dire nulla a riguardo della propria conoscenza, perché il percorso per giungere a tale conoscenza (ammesso che esista un percorso) può essere solo unico, individuale, personale e nuovo. 

La Vita dunque cuce per noi un solo abito su misura.

E' così estremamente difficile per chi sia interessato alla comprensione del vero separare l'orzo dal grano, ovvero i dati oggettivi dalle speculazioni. I fatti dai preconcetti; Le percezioni dal limite della mente che le processa. I risultati dalle speranze.

Quello che posso dire è che la conoscenza è in definitiva una ricerca della libertà; Una libertà però che non si identifica nella mente umana o per dirla più semplice nel come le persone intendono la libertà. 
Infatti, la nostra coscienza vede la felicità e la libertà come la conseguenza del soddisfacimento di un desiderio o di tutti i desideri, e nella possibilità di questa coscienza di contemplare e realizzare tutto quello che immagina, desidera, vuole. 

Di fatto le persone per adeguarsi alle esigenze connesse alla realizzazione di tali desideri, diventano schiave della propria libertà.

E' invece l'emancipazione dalla coscienza la chiave per un'evasione da questo grande inganno. 
Essa è la trappola, la gabbia e la prigione dove ci richiudiamo per sentirci liberi; Quando in definitiva lo siamo già. 

L'esca usata per portarci in questo penitenziario a misura singola è la felicità, il desiderio. Un amo cui abbocchiamo senza discernimento che paradossalmente ci conduce inevitabilmente al suo opposto cioè alla sofferenza, perché ogni cosa in questo mondo è transitoria e destinata inevitabilmente alla distruzione. 

Su cosa dunque costruiamo la nostra coscienza personale se il tempo vincerà sui nostri sogni e perfino sui nostri peccati? 
Senza sofferenza e senza ricordi non avremmo idea di chi siamo in questo breve tragitto che chiamiamo vivere. 
Una strada di cui presuntuosamente ci sentiamo i padroni. 
Ma questo mondo non appartiene a chi è passato come non appartiene a chi ora vi cammina sopra, forse apparterà a chi verrà dopo, ma solo se questo essere sarà immortale. 
Solo questa peculiarità con il Tempo gli potrà dare il diritto per reclamare questa proprietà.

Personalmente sono convinto che è fuori dalla mia coscienza umana che è possibile reclamare la libertà; E' solo in questo non-luogo nascosto in piena vista, che potrò forse comprendere il mondo per quello che è, conoscere la verità da me stesso e nessuno e niente potrà più ingannarmi.

Se mai mi sbagliassi, mal che vada, in questo non -luogo ci farò due spaghetti aglio, olio e peperoncino...Che te devo dì.