lunedì 15 maggio 2023

Giotondo di walzer



Ne "Il Gattopardo" il protagonista recita la nota frase: "Tutto deve cambiare affinché rimanga lo stesso".

Il romanzo fu un successo postumo, come accade spesso.
Vi è una strana coincidenza che vede i prodotti migliori della sensibilità e dell'intelligenza umana compresi con ritardo.
Probabilmente gli artisti e in generale gli uomini che esprimono se stessi con sincerità e acutezza, pagano il prezzo di questa libertà di esprimersi con la frustrazione di non essere compresi.
E' paradossale che per essere capiti bisogna sovente mentire, mentre la schiettezza e l'originalità di una visione propria, difficilmente sono colte dagli altri.
Nel romanzo come nel film si percepisce evidente una malinconia, una invisibile separazione tra essere e apparire.
Il protagonista Tancredi, è uomo di nobili origini, intelligente e rispettato, ma non si riconosce in una società elitaria con le sue convenzioni e ipocrisie, eppure non la rifiuta, tanto meno pensa di poterla cambiare.
Egli è e non è.
Guarda con disincanto gli altri e se stesso.
Sebbene abbia avuto molto dalla vita: agi, bellezza e goda una buona reputazione, la sua personale visione è cinica, e tale cinismo gli dona una lungimiranza, quasi profetica.
Ha visto lontano e ha compreso la ciclicità dell'esistenza; L'apparente procedere di se stesso e dell'umanità che come in un deserto pieno di illusori miraggi, si conchiude in un cerchio, si torna al medesimo luogo di partenza, mentre si crede di andare avanti.
L'immanenza della morte, nello specifico del protagonista, non più in buona salute sebbene mantenga fascino e bellezza è anch'essa un illusorio traguardo e fa da sfondo al racconto.
La constatazione d'impotenza, quasi rassegnata a ciò che l'uomo chiama cambiamento, mentre sia in realtà sempre e solo il medesimo inizio senza compimento.
Ogni soluzione nel vivere è ininfluente, perché è parziale, momentanea e genera nuovi problemi.
Tant'è.

Inascoltate

A giudicarsi si sbaglia sempre, perché è impossibile.

Particolarmente se ci consideriamo persone di successo oppure un fallimento completo.
Eppure lo si fa costantemente.
I più insicuri lo domandano agli altri, l'applauso per sentirsi importante, la reputazione.
Quello che gli altri ci dicono noi siamo dovrebbe essere la misura con cui veniamo misurati?
E la nostra opinione?
Non conta più nulla.
I più semplici invece guardano ai risultati per darsi un voto, ma anche questo se pur confortato dalla realtà dei fatti è parziale.
Van Gogh non ha mai venduto un quadro in vita sua, eppure non si può certo dire che sia oggi un pittore fallito.
Spesso è il tempo che determina il successo, è una questione cronologica, non un valore assoluto.
Si potrebbe domandare: "Vorrei saperlo ora".
Ma l'essere umano non sa nulla, almeno non sa nulla di quello che è importante e reale, conosce solo convenzioni e opinioni condivise che chiama: verità.
Altri invece misurano il successo con la felicità, ma anche questo è relativo.
Se guardiamo alla vita dei "grandi" essa è piena di angosce, rabbia e conflitti e secondo questo metro sarebbero tutti da considerare sbagliati.
La felicità è un sentimento assai personale, relativo e soprattutto discontinuo, secondo la mia opinione non può essere completamente la misura di un uomo, perché la felicità spesso è superficiale, effimera e mondana.
Se guardiamo le persone in una festa che ridono e scherzano tra loro, paiono felici?
Certamente, però tutto meno che profonde.
E' questo che dovremmo auspicare per noi stessi?
Una vita come una festa, dove si parla con tutti e non si dice nulla a nessuno?
Dove si è distratti dal piacere, assordati da una musica martellante più che attenti a ciò che ha valore per il nostro spirito?
La semplicità, quella è una buona cosa, ma ahimè nel nostro mondo così complicato è persa quasi subito.
E una volta persa non si può più averla indietro.
E senza semplicità come possiamo realizzare una vita piena e dunque di successo per noi stessi?
Avremo bisogno invece di tante cose, di tante emozioni e stupori per riempire il vuoto creato da noi stessi con le nostre complicazioni.
Un vuoto incolmabile, perché insostanziale e scavato proprio nel momento stesso che lo volgiamo riempire.
Quando invece di affannarci dovremmo sedere in silenzio e smettere di migliorarci, smettere di cercare altro, smettere e basta.
Quando ti fermi il Mondo con tutto il suo contenuto ti raggiunge.
Nel momento invece che lo vuoi prendere si allontana.
Il segreto è lì.