mercoledì 2 gennaio 2019

Poesia allegra New Year


Il prossimo anno sarà come quello che sta per finire. Non ci credi?
E' così ogni anno. Le medesime ipocrisie, le medesime follie e stupidità. I medesimi sogni che svaniscono all'alba. La stessa corsa immobile verso un desolante perpetrarsi del vuoto materiale riempito dal nulla spirituale.
E' un panino fatto di niente quello che addentiamo famelici.
Nulla di nuovo sotto il sole ma neppure sotto la pioggia.
Si dice che l'unica battaglia sia tra la vita e la morte, ma è una battaglia che nessuno può vincere, dunque qual'è il senso nel combatterla?
Meglio sarebbe quella tra conoscenza ed ignoranza, ma vedo così pochi guerrieri pronti ad affrontarla, forse nemmeno a me interessa più.

L'ovvietà mi sommerge nonostante sia un buon nuotatore. Tutti vogliono sembrare felici ma in realtà nessuno lo è. Questa è la verità.. .Se non è proprio una tragedia, almeno lasciatemi dire che è una farsa.
E' un caleidoscopio monocromatico di meschine banalità ed effimere sciocchezze che molti chiamano: esistenza.
E' troppo duro ammetterlo con sincerità? Forse sono troppo ottimista? Forse...Perché la realtà umana è talmente crudele che se la vedessimo per quello che è credo che chiunque, me compreso, non arriverebbe a domani.
Sguazziamo allora nella piscina dei fraintendimenti, fintamente soddisfatti.
Ci accompagna sempre la paura sottile di sembrare poveri, nascondendo l'imbarazzo del nostro vicendevole inganno dietro un drink con l'ombrellino.

Tuffiamoci con un frivolo "Wow" nel solito tran-tran che si dipana tra conti da pagare e debiti ancora da contrarre. Danziamo invasati, piccoli schiavi masochisti bramosi di un nuovo cattivo padrone, andiamo...
Ammiccanti si guarda intorno, in cerca di un'emozione e credere così di essere vivi.
Venite Signori! Prego! La sofferenza la trovate in fondo al corridoio, sul muro abbiamo disegnato una freccia. Qualcuno sotto chissà perché ha scritto con un pennarello viola: felicità.
E' solo l'ennesimo sbaglio travestito da spiraglio.
La promessa è destinata sempre a tradire, ed giusto così, perché questo è fottutamene: Vivere.
Ah! Quasi dimenticavo...Buon Anno.

Tutto e ogni cosa.


La malattia spaventa come la povertà, perché entrambe ci mostrano cosa siamo senza illusioni.

La povertà è la realtà della vita spogliata dai bei vestiti, dai soldi e da tutto ciò che maschera come in una scenografia ciò che essa è. 
Similmente è per l'infermità che ci spoglia della salute e della forza del corpo, a volte sottrae l'arguzia della mente con cui viviamo e guardiamo il mondo e gli altri;  Spesso questa intelligenza è usata per raccontarci una storia che non esiste piuttosto che per un'analisi il più possibile obiettiva di cosa significhi la nostra personale esistenza e il mondo in cui questa esistenza fa esperienza di se stessa. 

Procedendo per sottrazzione è naturale domandarsi cos'è dunque l'uomo senza le sue sovrastrutture, denudato quasi da tutto?

Secondo alcuni è e resta solo: Spirito.

Si può notare in chi è affetto dalla demenza e da altri terribili morbi che ottundono fortemente la mente umana che in definitiva resterà di un uomo, senza la sua mente solo il nulla. 
Più esattamente si può dire che privato della guida della mente in qualche modo pur rimanendo vivo un essere umano non vive.

Sarebbe ragionevole pensare che siccome non si manifesta lo Spirito senza le necessarie condizioni, allora non esiste,  o meglio ancora sostenere che non è necessario credere allo Spirito, quando basterebbe più semplicemente constatare che esistono solo le condizioni alla vita. 
Senza di esse non si vive, dunque perché ipotizzare qualcosa di intangibile e superfluo?

Similmente sarebbe come immaginare un frullatore e oltre alla corrente elettrica per farlo funzionare, vi siano insieme agli elettroni anche dei "puffi" invisibili che muovendosi in tale corrente, possono così assaggiare la frutta e mantenersi in salute, perché affetti da carenza vitaminica congenita. 
Una ipotesi accattivante, ma ci credereste? 
Ovviamente non credo. Nessuno potrebbe credere a una simile fesseria, perché pare inutile fantasticare su un ente intangibile e assulamente superfluo che vive nella corrente elettrica, ma solo quando si usa il frullatore, anche se molto simpatico come un Puffo.

Quando invece ipotizziamo lo "Spirito" questo diventa immedaitamente plausibile, ma sarebbe più onesto ammettere che tale pensiero è generato per nobilitare la nostra vita, dargli un aura di mistero, renderla speciale, in particolare rispetto ad altri esseri viventi (animali e piante) e infine garantirci la continuità oltre la morte. 
Anche l'uomo più stupido sa che un giorno morirà, allora è comodo immaginare una via di fuga a questa fine certa, inventandosi un Puffo chiamato anima. 
Bisogna essere realistici nel constatare che quello che avverrà dopo di noi...saremo gli unici a non saperlo.
Queste potrebbe essere la motivazione psicologica all'origine di un tale volo pindarico.

Dunque lo Spirito esiste o non esite? 
Secondo me c'è e non c'è nel medesimo tempo.  
Non posso certo parlare per tutti o per verità rivelata, ma sono convinto che qualcosa esiste oltre l'apprenza, la materialità, le spiegazioni ragionevoli, l'analisi delle cosiddette verità intangibili, indimostrabili ma anche non confutabili.
Mi verrebbe da aggiungere a proposito di quest'ultime  -Perché le analizzi, allora?- .
Credo che nell'unico vero passatempo a disposizione in vita, ovvero: fare esperienza del vivere, comprendere l'esistenza, sebbene incontenibile nella nostra coscienza umana, e per quello che vale, darne un giudizio imparziale; Ebbene per fare questa indagine non bisogna trascurare nessun indizio e movente, anche se criptico e improbabile, altrimenti si rischia un grossolano errore giudiziario.  

Sebbene la mia mente mi indichi con insistenza che non sia necessario questo "spirito" nondimeno devo ammettere che esiste, questo lo affermo solamente perché la stessa vita ha contraddetto le mie idee.
Grazie cioè ad un'esperienza, certamente un'esperienza soggetiva umana, ma nondimeno reale. 
Un evento accadutomi in maniera apparentemente fortuita.

Sono così inciampato in un fatto fuori da qulunque logica e anche se mi sono rialzato, mi sono pulito le mani sulle cosce  continuando ad andare oltre, non ho potuto più fare finta di niente (parafrasando Nicce).

Non grazie a una seduta spiritica fatta con gli amici, intorno al  tavolino nella crepuscolare penombra di una candela. Parlo invece di altri tipi d'esperienze: quelle che contano. Quelle che non si cercano ma accadono; Generalmente all'interno di eventi scioccanti.
E' un fatto non condivisibile, anche perché descrivendolo perderei sicuramente quella credibilità che non ho mai avuto. 

Che posso dire? 
La mia analisi dei dati a disposizione sull'argomento "spirito"  è dunque corretta, ma la risposta è comunque sbagliata, confutata nientepopodimeno che da un evento accidentale, non ripetibile volontariamente, ma è accaduto.  

A volte credo che la Vita abbia un suo umorismo intrinseco, appena pensi di aver capito qualcosa ti dimostra subito che c'è dell'altro, anzi sembra che ci goda a rispondere alle tue domande, ma solo quando ti può contraddire, in particolare quando pensi di aver trovato una buona risposta. 
Di fatto è uno "spirito" di contraddizione che ispira la saggezza con cui ci insegna, o ci ammaestra, visto i pochi progressi dei fruitori di questo spartano sistema pedagogico;  Un sistema didattico severo, a mio modesto parere, visto la vita di merda che ci tocca trascorrere. 
A parlare però è solo il mio proverbiable ottimismo è meglio ascoltralo con un orecchio solo. 

Tra le domande che mi accompagnano non invitate mi chiedo: Niente ci è dovuto a parte le pedate nel sedere con cui impariamo? 
Pare proprio così, e non mi (ci) è riservata neppure la piccola soddisfazione di aver qualche volta ragione. 
La cosa mi fa ridere tantissimo, la trovo stupenda.

E' probabilmente in questa constatazione l'origine della mia ammirazione per il genere umano anche se ogni tanto (quasi sempre) lo critico. 
Come guerriero pacifico, quale sono diventato non posso che ammirare il coraggio eroico di vivere dell'umanità.
In un campo di battaglia come è la vita su questo pianeta, così dificile, deludente, pesante, faticosa, quasi totalmente priva di valori autentici. 
Una scuola di guerra dove si impara l'importanza della pace, almeno se non dopo moltissime vite, perché l'uomo non brilla di acume lungimirante se non dopo molti castighi. 
La mia domanda personale è perchè sono qui? 
Sicuramente l'avrò combinata grossa come al solito. 

Subire, sudare, soffrire e sbagliare, questi i capisaldi della vita umana su questo pianeta. 
Tutte e quattro queste parole con la S iniziale come i nomi dei tre moschettieri.
Questo lo dico solo per confondere chi non si è già perso nella mia nebbiosa disamina soprannaturale. 

Si sa(?) che: "l'Esistenza risponde sempre se interpellata, ma solamente quando in noi è morta la domanda". 

E' pazzesco? 

Maiunagioia, sintetizzerei se fossi giovane.
Sicuramente con me la Vita non fa molta fatica a cogliermi in fallo e a ridurre la mia presunzione, sono bersagli talmente grossi che dove lancia il sasso, trova qualcosa da colpire.

In buona sostanza dopo tale misteriosa esperinza (misteriosa  in particolare perché non ne parlo, avvenuta in tenerissima età fra l'altro, fottendomi così la beata ignoranza della fanciullezza) non ho potuto più far finta di nulla, nonostante abbia trascorso quasi tutta la vita senza crederci, e non credendoci neppure adesso che ne affemo il contrario.

Dunque lo Spirito esiste, anche se secondo la mia singolare esperienza è qualcosa di diverso da come si crede. 
Direi che c'entra poco con la pubblicità ingannevole di cui si incaricano di sfruttarlo quegli ipocriti promoter spirituali abilitati e certificati, altimenti detti comunemente: Uomini di Fede.  Personaggi che fanno finta di dimenticare il furore di Gesù quando vide i mercanti e i sacerdoti del tempio mischiare denaro e Dio nel medesimo luogo, una commistione inconciliabile, poichè mischiando cose diverse alla fine si confondono. 
Avendo però la curiosa ambizione di scrivere qualcosa di bello, eviterò di tirare in ballo le questioni religiose che mi farebbero scivolare inevitabilmente verso il peggio. 

Ipotizzando per un momento che lo Spirito esiste veramente cioè che esiste per tutti, anche per chi non ne ha fatto esperienza, anche per chi non ci crede, soprattutto per chi ci crede ma ne confonde la sostanza, si può certamente dire che da solo questo Spirito non può niente, almeno in questa dimensione materiale, ha bisogno di un corpo e di una mente;
Definire lo Spirito però non è facile, perché come dicevo è qualcosa di diverso dall'esperienza comune e da come usualmente lo si pensa e lo si descrive. 

Infatti, si vive la vita come in un film girato in soggettiva. Uscire da questo -piano sequenza- lungo come un'esistenza è un fatto che capita a pochi. 
Non è un'esperienza cui vantarsi, non è neppure auspicabile, lo posso garantire, perché la condanna diventa più penosa da sopportare, quando per qualche assurda ragione hai un'ora d'aria è poi sei costretto a rientrare in cella. 

Ecco che ora mi accingo a una tra le missioni più impossibili e inutili che mi affido da me stesso (sono le mie preferite) cioè chiarire cosa sia per me, lo Spirito.

Parto subito di slancio asserendo: è un "animus".
Intendendo tale parola latina nella sua primitiva accezione cioè è un -intento-.
Una forza ispiratrice di vita più che un protagonista. 
Una sorta di testimone, ma senza un particolare carattere che con distacco abita il corpo senza identificarsi in esso; Un impulso intelligente, ma privo di tutte quelle caratteristiche cui generalmente consideriamo proprie nella definizione di me stesso.  
E' complementare al corpo, almeno nella sua forma più semplice, ma anche scindibile da esso.

Descritto in tal modo questo "spirito" appare molto simile alla versione beta di "anima", priva però di optional e interni personalizzati, ma non è questo il senso del mio dire.
Cercherò di integrare la descrizione, forse più avanti. 
Come ho già detto è una "missione impossibile" descrivere qualcosa fuori dalle categorie logiche e d'esperienza comune. 
Ho dato inizio a un'ambiziosa discettazione e già mi ritrovo a balbettare, ma guarda che disdetta...Mi rendo conto che avrei forse più fortuna nella comunicazione, leggendo "Titus Andronicus" di Shakespeare al cane del mio vicino. 

Sono contraddittorio, perché la logica e la deduzione mi portano in un luogo diametralmente opposto a dove mi conduce l'esperienza empirica; Eppure entrambe non solo funzionano nella mia esistenza, ma coesistono e coabitano. 

Questi due diversi aspetti dell'essere si allontanano così tanto l'uno dall'altro che alla fine si raggiungono. 
Non so descrivere diversamente questa sintesi di opposti. 
In ogni modo in questa aporia mi trovo a mio agio. 

Se qualcuno per sua somma sfortuna mi comprende, vorrà dire che ha colto, magari in modo diverso, lo stesso principio, oppure gli hanno sospeso la somministrazione delle medicine psicoattive che chiamiamo -certezze e speranze- determinando l'inevitabile catartico distacco pischico dalla follia umana. 
Scherzo, ma in ogni caso sono serio.  

Credo non sia facile seguire questo discorso, allora cercando di spiegarmi, è necessario rispondere prima a un paio di quesiti cardine: Cosa muove questo corpo/mente chiamato essere umano? Di cosa è fatto il mondo dove vive?

Energia, ovviamente. Questa è' la risposta valida per entrambe le domande.

L'Energia è il costituente e il motore di questa dimensione.
Osservandoci in profondità cosa vediamo? 
Notiamo che Il nostro cervello elabora, distribuisce e dirige tale Energia in ogni processo e azione. 

Se dunque l'energia è il fondamento del nostro vivere, essa ha bisogno di essere guidata per compiersi, ma senza cervello o più correttamente direi senza una mente non è possibile andare oltre le funzioni biologiche di base. 
Per spingersi oltre nel vivere c'è bisogno di un apparato mentale.
Definendo "mente" la struttura encefalica onnicomprensiva del sistema nervoso esteso, della sua capacità intrinseca di sintesi, deduzione e intuizione, propria del pensiero raffinato,  di quelle funzioni perciò che sfuggono alla mera fisiologia e ai dati sperimentali delle neuroscienze. 
La mente infatti, può riflettere su se stessa, perché dotata di autocoscienza, qualcosa di più complesso del cervello, sebbene sia anch'esso di inaudita complessità. 
A parte le sottigliezze delle definizioni si può provare a intendere quello che scrivo con un'immagine di sintesi: 

"L'Energia è la trama nascosta da cui emerge l'ordito del fare e dell'essere".

Qualcuno potrebbe a questo punto domandarsi perché faccio queste lunghissime (noiose?) elucubrazioni, ostiche da seguire, e poi le sintetizzo come niente fosse in una bella frase, in un'immagine che appare chiara, semplice, adamantina? 
Proprio per questo, altrimenti l'immagine non sarebbe colta. 

Lo sostengo perché la mente umana è strana (e un po' stronza) finge sempre di capire. Usa talvolta la sintesi per mantenersi in superficie e non scendere in profondità, considerando questo procedimento: dispendioso e deleterio. 
Usa una strategia che assomiglia...Com'è che la chiamano nello sport preferito dai dementi? 
Dribbling, credo. 
La mente dribbla sempre la realtà che per lei è vista come un ostacolo. La evita.  

Bisogna prima metterla in un angolo, prenderla per i capelli e costringerla a guardare quello che ha sotto il naso, infilandoglielo pure dentro. 
Questo è il motivo per cui scrivo come scrivo, la mia è una scrittura per cani o meglio -da cani-.   

Non so se qualcuno se ne è accorto, ma a volte adoto altre tattiche, cioè faccio volutamente degli errori di ortografia, invertendo alcune lettere, oppure omettendo una vocale o consonante in maniera quasi invisibile. Ah! Adesso vi fate un sorrisino? Bene. 
In ogni caso è sempre per il medesimo motivo: evitare la caduta d'attenzione. 
La distrazione è parte della procedura di fraintendimento che l'umano adotta nel suo modo primitivo di comprendere e comunicare.

Bisognerebbe leggere più volte quello che scrivo, non solo perché cambia, ma anche perché pian pano il discorso diverrà semplice e chiaro. 
Ma chi è così crudele con se stesso per farlo?
Nel caso, si noterà che la comprensione miglorerà notevolmente, ma non  sarete diventati più intelligenti, su questo posso disilludervi anche da subito. 
Siamo tutti e sempre gli stessi idioti di sempre, in particolare rispetto alla genialità della Vita. 
Però in questo modo la mente comincia ad usare nuovi muscoli, nuovi movimenti e così quest'agilità ritrovata permetterà quelle acrobazie necessarie per giungere su altri livelli di consapevolezza. 

Dopo questo breve inciso torno al precedente discorso. 

L'Energia è elaborata non solo nell'uomo ma da tutti gli esseri biologici, è consumata e prodotta dal corpo, grazie all'aria respirata  e al cibo con cui si nutrono. 
Questo parlando di forme di vita basate sul carbonio.   
L'Energia però è oltre, è altro. 
E' anche nel tutto, è intorno ad ogni cosa.
La si sente emanare perfino dagli oggetti inanimati. 

Questa percezione sembra contraddire il binomio energia-vita comunemente inteso. In realtà bisognerebbe solo estendere il concetto di "vita" oltre la mera biologia in cui, con una certa indulgenza verso noi stessi, la riconosciamo. 
Per conciliare quest'apparente contraddizione, basta superare i limiti delle nostre definizioni. 

In realtà, tutto è un "continuum" energetico, ma la mente separa, divide sempre. 
Distingue un -me- e il mondo -diverso da me-. Separa la vita animale e gli elementi inanimati. Suddivide ciò che ritiene vivo da ciò che invece è materia, perché questa è la sua funzione.
La mente per comprendere deve separare, inoltre  così garantisce la sopravvivenza al corpo cui da valore di soggetto distinto dalla realtà materiale. 
Se non avessimo un "io separato" non riusciremmo a vivere, se avessimo sempre la percezione di tale "continuum" non potremmo fare nulla, rimarremmo paralizzati dalla nostra stessa libertà, saremmo persi senza un limite. 
Tra le molte sue capacità peculiari l'essere umano può saltuariamente andare più in là del corpo/mente e sperimentare (per poco) un incredibile stato etereo. 

Le potenzialità umane sono straordinarie, peccato che l'uomo non le sappia usare se non quando è disperato. 
L'uomo ha a disposizione una Ferrari, ma la usa solo per sedersi dentro e ascoltare la musica. Pensa che pirla.

Sembra un'affermazione ardita, invece è nell'esperienza di tutti. Ragioniamo... 
Quante volte abbiamo guardato (ma non visto) persone usare capacità inaspettate a causa delle necessità o del pericolo? 
Credo sia capitato di vederlo un po' a tutti, qualcuno addirittura di viverlo in prima persona. 
Individui finiti su una sedia a rotelle per un incidente che ritrovano il buon umore e la voglia di vivere; Altri invece hanno tutto e sono paralizzati dalla depressione. Altri che scoprono in un frangente estremo una forza sovrumana con capacità fisiche e mentali quasi soprannaturali. 
Ergastolani che si trasformano in filosofi e scrittori, cambiando la propria esistenza persa nella disperazione e nella violenza, in una vita profonda. 
Personaggi considerati folli che sviluppano un talento artistico fuori dal comune. 
Genitori che verso i propri figli hanno intuizioni che sfiorano la preveggenza. 
Si rimuovono questi dati dalla coscienza per non prendere atto che abbiamo doti favolose, basterebbe trovare "l'interruttore" giusto per attivarle e naturalmente la voglia di farlo. 

Nel momento però che la mente si guasta, l'essere umano diventa proprio come un'automobile, il cui conducente cerca di inserire la marcia ma il cambio è rotto; Si accende, il motore ruggisce, però rimane in folle (è curioso che lo si definisca proprio così questa situazione di stallo).  
Vuole partire, ma non  si muoverà, non percorrerà  nessun tragitto. 
Leggerà la mappa stradale, ma il moto è impossibile.

Di fatto ogni movimento è illusorio, perché determinato dalla falsa idea di poter scegliere e dall'ambizione di poter andare da qualche parte.
In realtà nulla si muove in senso proprio. 
Quello che sostengo sembra in opposizione con la teoria quantistica che descrive la realtà sub-microcosmica come un'onda dinamica, un continuo movimento vibrazionale, ma se si immagina questa stessa realtà come fotogrammi di una pellicola (energia), l'energia personale come un proiettore e la messa a fuoco dalla lente ottica come la nostra mente non ci sarà contraddizione, l'illusione del movimento sarà realizzata come una proiezione al cinema. 
Tra l'altro, molto dopo aver intuito questo, sono incappato per caso in un testo di Yoga che descriveva più o meno lo stesso principio, ma usando termini sanscriti di  Prana e Ksana. 
Lo cito non per avvalorare la mia tesi, ma per sottolineare che non dico nulla di originale. 
Mi fa solo strano che casualmente incappo nelle mie stesse idee espresse migliaia di anni prima. 

La realtà di questa dimensione si distrugge e si ricrea in questi cosiddetti fotogrammi, pare che si elidono e si ricostruiscono leggermente diversi (64/72 volte al secondo, non ricordo bene) ma grazie all'Animus che trasla da uno all'altro hanno l'aspetto di continuità. 
Credo così che non si distruggano in senso proprio, sono come un caricatore pieno di diapositive in successione, ogni istante è a se, eppure facente parte del medesimo "caricatore".  
In realtà allora passato e futuro non sono altro che un concomitante presente. 
Anche noi moriamo e rinasciamo nel passaggio da uno all'altro di questi fotogrammi, e pare proprio il paradiso delle pompe funebri e di chi vende corredini per neonati, ma visto che non ce ne accorgiamo, non lo è affatto. 
E' dunque solo l'energia che si "muove" generando il movimento appunto percepito e realizzato dalla mente e con esso: il tempo. 
Il tempo e lo spazio (movimento) sono la stessa cosa e questo non ho bisogno di affermarlo, perché è dimostrato dalla Teoria della Relatività. 
Personalmente vado oltre e sostengo: Il Tempo non è subito. Esso non è qualcosa di distaccato da noi, ma è creato da noi, proprio dall'idea che abbiamo di esso. 
Similmente è per la visione tridimensionale. 

Mi rendo conto che sono idee estremamente bizzarre, forse prive ancora di dati sperimentali, almeno non completamente provate o provabili. 
Non chiedo a nessuno di crederci, allo stato attuale sono semplici congetture. 
E' solo un gioco...forse. Diciamo per vedere ciò che crediamo di conoscere da punti di vista diversi.

Tutto è dunque un costrutto mentale? 
E' così, ma non proprio come gli altri si immaginano; Infatti nelle potenzialità mentali, lo ribadisco, c'è la capacità di plasmare quello che è definito: Realtà. 
Questo normalmente non avviene o meglio non è percepito dalle persone, in primis perché non lo ritengono possibile. Quando e se accade un fatto che dimostra in maniera palese  questa interdipendenza, lo si liquiderà come una sorta di magia o un miracolo.
Sembra fantascienza? 
Niente affatto. E' invece una cosa semplice da vedere, comprendere e sperimentare. 
Basta domandarsi: cos'è la realtà? 
Senza percezione della realtà, non esiste realtà percepita. 
E' così una disquisizione di "lana caprina" assegnare la primogenitura ad uno (realtà esistente) o all'altra (mente percepente). E' ovvio che non basta "crederelo" perché avvenga, sono necessarie alcune condizioni e la disponibilità di un'energia sufficiente. 

Così è per l'idea di tempo.
Sembra ardito affermare che il tempo non esiste, cioè che non è come lo pensiamo comunemente. 
Usualmente infatti lo intendiamo con un "prima", un "ora" e un "dopo". 
Se volessi esprimere inoltre una considerazione filosofica direi che la Vita non è un urgente susseguirsi di "ora", ma uno sgocciolare di "perché". 
Non è però mia intenzione entrare nella filosofia metafisica. Lascio da parte allora le frasi d'effetto.

Tornerei invece per comprendere meglio l'ida del tempo, grazie all'immaginazione, alla comune condizione primitiva. Quella meno strutturata cioè prima di ogni possibile condizionamento. 
Riandrei, riavvolgendo il rocchetto di lana della vita a quando si era piccoli.   
Abbiamo quasi tutti dimenticato com'era? 
Quando eravamo neonati o giù di lì, la nostra percezione del tempo non esisteva, fluttuavamo in un eterno presente. Appena la Mamma usciva dalla stanza, cadevamo nella disperazione, perché pensevamo fosse sparita. 
L'idea che potesse essere in un'altra stanza e ritornare era fuori dalla nostra esperienza. Era reale solo ciò che potevamo vedere e percepire, ma direi: -era reale solo quello con cui potevamo interagire- 
Ditemi voi se eravamo stupidi allora o se lo siamo ora?
Adesso da adulti, la maggioranza pensa che gli amici in Facebook siano veri, veri amici. 
La virtualità genera ancora più alienazione e distanza tra le persone, di certo non le avvicina. 
Questo è nell'esperienza di tutti e ci mostra con un esempio semplice che la tangibilità è un elemento necessario al benessere dell'uomo. 
Chi è più normale? Il bambino oppure l'adulto che considera reali cose con cui non ha un'interazione reale?

Non serve avere la mia memoria per ricordare così bene l'infanzia, basta osservare un bambino piccolo. 
Ce ne sarà rimasto ancora uno normale? Spero; Cioè senza un cellulare, intendo.  
Se osserviamo un bimbo con attenzione, vedremo che un momento piange, subito dopo accade qualcosa e scoppia a ridere. 
Si osserverà come esiste una frattura netta nel suo scorrere temporale soggettivo e così è per il suo stato d'essere,  momento per momento.  
Il bambino passa dal pianto dirotto al riso più spontaneo repentinamente, anzi drasticamente.
Ciò è possibile solo se si è radicati nel presente. 
Invece in un adulto risulterà quasi impossibile attuarlo a meno che non sia affetto da schizofrenia.

Com'è che si è perso tale immedesimazione e così la capacità di vivere il momento con un'emozione corrispondente?

Da adulti si perde il buon umore per un evento spiacevole anche per tutto il giorno, a volte per una vita intera. 
Addirittura, solo perché appena alzati non abbiamo trovato le pantofole sotto il letto ci si guasta quasi mezza giornata. 
E' tanto fragile il potere che abbiamo su noi stessi che quasi non esiste.

Crediamo di avere influenza sul mondo, sugli altri e di determinare perfettamente noi stessi, ma per "fare" bisognerebbe prima "essere".

E per "essere" è necessario prima liberarsi da tutti i condizionamenti, le risposte stereotipate, i preconcetti, le distorsioni, gli automatismi e le influenze interne ed esterne che ci spingono a -reagire- non certamente ad -agire; Per agire infatti bisognerebbe avere una volontà libera, una volontà che non possediamo finché vincolati a tali meccanismi. 
Credo così che in questa vita non possiamo -fare- quasi nulla. 
E' mia convinzione che in questa esperienza umana impariamo solo ad essere. Il fare verrà dopo.

In ogni caso siamo tutti sul medesimo sentiero che conduce verso la Libertà, almeno se la sentiamo come meta dentro di noi. 
E' curioso constatare che tale sentiero non sia poi una strada da percorrere ma da ricordare. 
La cosiddetta meta, non è un luogo lontano oppure uno stato dell'essere al di là da venire, ma già qui e ora. 
E' dunque una meta apparente all'interno di un viaggio apparente. In tal senso trovo vera la frase dei saggi induisti che affermano "Tutto è illusione coperto dal velo di Maya".

Mi fa sorridere come spesso le persone considerino la loro esistenza all'interno di uno scopo, a volte uno scopo ultraterreno e divino, ponendolo al centro della propria vita e in tal modo conferendo all'esistere un senso proprio, tra l'altro che ruota intorno alla loro insignificante persona. 
In questo modo però è inevitabile perdere l'occasione di realizzare la Libertà. 
Infatti la Libertà è libera, proprio perché senza scopo e senza senso, viceversa sarebbe legata a tali condizioni e dunque non libera.  

Considerando inoltre il rapporto dell'uomo col tempo, si può notare che un evento remoto si trascina invadendo il presente; Il futuro, si contende anch'esso l'attualità generando l'ansia e la preoccupazione. 
Proprio a causa della pianificazione di un accadimento ipotetico, ancora al di là da compiersi oppure di un ricordo di un fatto passato, il nostro presente è dilaniato da questi due tempi che non esistono cioè passato e futuro, perché il passato non è più presente nella vita né modificabile, il futuro è incerto per quanto si possa prevedere in percentuale di probabilità. 

Non contesto la memoria e la capacità di previsione, nemmeno la loro utilità, ma la distorsione che entrambe provocano nell'unico momento reale a disposizione "l'adesso", cioè l'abnorme importanza che la preoccupazione riguardo al futuro e la memoria assumono nella vita di tutti.
La capacità intrinseca di vivere l'attualità è così quasi completamente persa nella maggioranza delle persone, e con essa sparisce la capacità di essere felici o meglio: sereni. 
In quale altro tempo lo potremmo mai essere se non ora?

Crediamo sia normale tutto questo, ma senza voler dare un giudizio di valore, affermo invece che non è "naturale". Altrimenti l'avremmo appena nati. 
E' dunque un condizionamento, è un'illusione.

Mi rendo conto che descrivendo tale condizione in maniera discorsiva, appare superficiale credere che "vivere nel presente" sia la panacea per tutte le malattie psichiche umane. 
Però non è mia intenzione addentrarmi nella psicopatologia. 
Non bisogna confondere le malattie psichiche con il disagio. 
Godersi il "presente" è, secondo me, una condizione di normalità cui dovrebbero ritrovarsi comode le persone normali. 
Le patologie mentali invece sono determinate da condizioni complicate, intendendo quest'aggettivo nel significato della sua etimologia cioè che racchiude parti nascoste, non facilmente visibili. 
Tali considerazioni non sono oggetto della mia attuale analisi.

Tuttavia, ho notato che un ritorno a un modo di vivere più semplice può avere degli effetti sorprendentemente positivi nella guarigione delle malattie, sia fisiche che mentali. 
Dunque, essere attenti al proprio tempo e alla propria vita è un suggerimento che si rivolge alle persone sane che vogliono divenirlo maggiormente, anche se la normale sanità nell'uomo civilizzato sfiora quasi la follia.

La società guarda con benevolenza certi atteggiamenti usuali come ad esempio, camminare  guardando il cellulare con le cuffie nelle orecchie cioè senza accorgersi di nulla; Dal mio punto di vista è invece quasi patologico oltre che pericoloso per la circolazione.  

Da bambini invece vivere il presente era una condizione naturale. 
Tra l'altro, fra le molte abilità di cui disponevamo c'era anche quella di pensare senza verbalizzazione. 
E' quasi impossiblie per un adulto; Ci riuscivamo allora perché ovviamente non avevamo ancora appreso il linguaggio. In ogni modo: pensavamo. 
Gli adulti invece, pensano parlando in se stessi, trovano naturale questo chiacchierio interiore, ma è un modo distorto, riduttivo e anche lento di pensare. 
Piuttosto che pensare parlando è più efficiente pensare e basta.

Si noterà poi che sospesa la verbalizzazione del pensiero l'attenzione si focalizzerà maggiormente sui dettagli che abbiamo davanti (realtà) e le cose cominceranno a diventare più luminose e vitali, addirittura gli oggetti ci potrebbero cominciare a "parlare" come accadeva da bambini. 
Forse qualcuno ricorda la magia con cui all'ora si guardava al mondo, l'alone di luce che aveva ogni cosa. 
Come quando toccavamo il nostro giocattolo preferito e questo ci trasmetteva un intima sensazione che quasi comunicava. 
Il bambino ancora piccolo infatti parla con i giocattoli, ma poi crescendo la sua funzione linguistica prende così tanto il sopravvento che smette di percepire il proprio giocattolo come qualcosa di vivo e non ha più motivo di parlarci insieme e inevitabilmente ogni cosa diviene muta.

E' veramente paradossale che nel momento che impariamo a parlare, perdiamo la capacità di ascoltare. 

Vivere nel presente dunque non è una prerogativa dei grandi maestri ma di tutti.

Quello che scrivo ha più senso di quanto potrebbe sembrare e mi piacerebbe che non fosse liquidato come un ragionamento eccentrico. Almeno, senza prima riflettere qualche minuto su di esso.

Non ci vuole il telescopio del monte Palomar per vederlo, basta guardare come funzioniamo, scendendo in noi.

Quando leggiamo la frase -Se vuoi cambiare il mondo, cambia te stesso- la sentiamo subito vera. 
Però secondo me, non la comprendiamo in tutte le sue sfaccettature, anche in quella di un'interpretazione letterale e concreta, non solo ideale e soggettiva. 
Infatti, basterebbe dedurre che se la mente dirige l'Energia (in quantità variabile) e l'Energia costituisce la realtà, si comprenderà per logica conseguenza, l'intima correlazione che hanno tra loro, tanto stretta da essere: due facce della medesima medaglia. 
L'attività di creazione della realtà da parte della mente, però risulta essere inconsapevole allo stato attuale d'evoluzione umana, e visto come pensa l'uomo medio, aggiungo: meno male. 

In forma semplificata quest'abilità di modificazione della realtà è facile riscontrarla, usando una sorta di "intenzione creativa" per migliorare le performance di tutti i giorni. 
E' usata talvolta nella autosuggestione, nell'incrementare il proprio rendimento negli  sport o nelle arti marziali e in generale per migliorare le proprie capacità. 
Comunemente però, non si riflette come questo possa accadere, etichettandolo come una sorta di condizionamento mentale che stimola le capacità corporee, ma questo è riduttivo.  
Ci sono alcune condizioni e risultati che oltrepassano il limite delle possibilità del corpo, dunque bisognerebbe considerare un'altra ipotesi che spieghi il motivo del superamento di tali potenzialità cinestetiche umane.
E' la mente che liberata dal condizionamento ha la possibilità di modificare la realtà stessa. Non trovo più semplice deduzione. 

Qualcuno che mi legge e per sua fortuna non mi conosce, mi potrebbe trovare qualche volta interessante, ma non è così. 
Il primo motivo per cui dico questo è che rivelo solo ovvietà nascoste non ho intuizioni formidabili. 
Per secondo, in ogni analisi cerco la semplicità che per un tipo complicato come sono è veramente un'impresa titanica cioè cerco la cosa in sé. 
Tolgo tutto il falso e il superfluo, elimino tutto quello che credo di sapere, ma non ho sperimentato, quello invece che posso dedurre da dati certi lo tengo buono solo se i fatti oggettivi lo confermano ulteriormente, alla fine vedo cosa resta. Molto poco.

Quando scrivo non sono tanto in me stesso. 
Entro in uno stato di coscienza alterata, e visto quello che affermo pare molto probabile. 
Sono in una sorta di stato meditativo. Un'innocua trance: Le idee non le penso, arrivano e basta.

Può sembrare che la narrazione proceda in maniera sconclusionata cioè per libere associazioni mentali. Non è così. 
E' utile capire che le apparenti divagazioni sono funzionali a creare una base comune necessaria per intendersi. 
Spesso infatti si da per scontato che quando utilizziamo un termine, esso sia inteso nella medesima maniera di chi lo esprime.

L'errore più comune nella comunicazione è credere che sia avvenuta correttamente.

In realtà ognuno ha il suo modo di intendere le parole, risulta ancora più complicato quando diamo fiato ad un concetto complesso e vogliamo esprimere un modello astratto che risulterà essere compreso in maniera diversissima per ogni individuo. 
Al di là delle constatazioni e dei comandi semplici, il linguaggio è inadeguato.
A volte anche parole d'uso corrente assumono significati molto diversi.

"In un paesino di montagna giunge una troupe televisiva per intervistare un vecchio centenario. 
-Buon giorno signor Toni, la prego, saluti i nostri telespettatori. Siamo in diretta- 
-Umpf! Buongiorno a tutti- 
-Signor Toni, allora ci racconti il suo segreto-
-Segreto? 
-Si, il suo segreto-
-Veramente?-
-Su, su, non sia timido-
-Beh! Quando avevo vent'anni ho succhiato un cazzo in cambio di un orologio- 
-Ma...Intendevo il suo segreto per vivere così a lungo- 
-Ah! Quello. Mangio tutti i giorni cipolle-"

Questo è quello che capita di solito quando comunichiamo. 

Quando scrivo non seguo una linea retta, perché non è mia intenzione andare da qualche parte né portare qualcun'altro altrove. 
Non cerco di trasmettere idee, perché è impossibile. Lo è per chiunque farlo. Infatti solo ciò che entra nella nostra vita diventa reale, quello che arriva dagli altri cioè: informazioni, opinioni, teorie se non è integrato dalla nostra esperienza è solo un'illusione di conoscenza. 
La mia narrazione è circolare, arrivo da dove sono partito, non lascio nulla al povero lettore, nessuna nozione: solo domande. 
Torno nello stesso punto, perché in definitiva non mi muovo, sebbene divago continuamente. 
Mi sposto solo su un piano diverso, forse più profondo rimanendo sempre nello stesso punto. 
In questo modo ci può essere forse una possibilità di comprensione in chi mi legge. 
Sottraendo quasi tutto, infatti si svilupperà la ricerca e grazie all'osservazione accompagnata da una logica valida e funzionale, si perverrà alla "propria" verità. 
La Verità esiste e non esiste ( e ti pareva che non lo dicevo). 
C'è quella personale e c'è quella degli altri, finché la nostra sarà predominante e non concomitante e paritaria con quella altrui, la Verità non ci farà nemmeno un cenno di saluto con la testa, ignorandoci; Persino se la urtiamo lungo la strada. 

Quando parlo di domande non mi riferisco solo a quelle  intellettuali e neppure a quelle esistenziali. 
Ci sono domande inespresse e inesprimibili dentro di noi che non si comprendono con il ragionamento, appunto perché non sono prodotte dal ragionamento. Nel momento che però troviamo un soluzione a una domanda del genere, cioè che non sapevamo nemmeno di avere, anche se la percepivamo come un ronzio indistinto che sembrava non essere neanche un rumore, eppure esisteva in noi; In quel preciso momento si ha come una risoluzione o realizzazione. Dentro accade qualcosa e si sente come un ingranaggio che è andato al suo posto. 
Tac! Qualcosa di misterioso ci completa o meglio ci completa un poco di più.

Vi è uno struggente desiderio di completezza in ognuno.
A volte è quasi un urlo a volte un canto. Penso che mi/ci accompagnerà tutta la vita. 
La completezza non è però un fine, ma un mezzo. 
Qualcosa che spinge. 
Dove? Verso il Destino, dove sennò? 
E' il nostro incarico che si compie. E' il piccolo tassello colorato che abbiamo deciso di mettere con un po' di gusto artistico sul mosaico della Vita, malgrado non ne distinguiamo il disegno né il confine. 
E' il peso che abbiamo scelto di portare, forse solo per irrobustirci. 
Anche in questo trovo una meravigliosa contraddizione.

Come pittori, sebbene nessuno ci obbilga a prendere i pennelli, lo facciamo. Nonostante il quadro sia già stato compiuto. Lo trovo fantastico. 
Siamo dunque liberi solo quando rinunciamo alla libertà? Ognuno può rispondere da se e per se.  

Appoggiando i piedi di nuovo a terra, integro il discorso con l'importanza di guardare i fatti, non solo da punti diversi, ma con  occhi diversi.

Un piccolo esempio su un buon sistema per cominciare a "vedere" è iniziare dal proprio corpo, intendendolo come qualcosa di originale. 
Quando osservo il mio, non lo vedo solo come una forma fisica fatta di 207 ossa e 518 muscoli, ma noto che esso e composto come un ologramma. 
Pare stranissimo pensarlo in questa maniera, ma invece è semplice constatarlo.  
Ad esempio se tocco un punto della mia rappresentazione materiale con una certa energia, ho subito una corrispondenza in un altro punto, e questa corrispondenza è sempre la medesima. 
Questo avviene anche senza connessione nervosa diretta. Ohibò! 
Questo cosa suggerisce? 
Esiste una sorta di trama ripetuta, un disegno di base che si ingrandisce replicandosi via, via. 
Un vero e proprio ologramma che si copia, ma in definitiva è una parte che contiene in se già il tutto. 
Infatti, questo dato è confortato dalla corrispondenza appena descritta. 
Ci sono dunque aree diverse del corpo ma senza un'oggettiva comunicazione tra loro, eppure le une con le altre "parlano" cioè trasmettono informazioni, ma come accennato prima senza un collegamento nervoso o muscolare. 
Inoltre, questa "conversazione" è possibile addirittura in profondità cioè con gli organi interni. 
Credo siamo come un sarcofago egizio, sette strati interconnessi, sette "corpi" in uno e ognuno di questi "corpi" ha il suo motore, alcuni li chiamano "chakra", cioè sono punti dove l'energia è elaborata in maniera diversa e alimenta la multi dimensionalità riscontrabile in noi stessi. 
La rappresentazione che ne è data generalmente è planare, ma è invece interconnessa, come una matriosca russa.   
Tanto per esemplificare la connessione in profondità, c'è un punto nel braccio che cambia il battito cardiaco, chiunque lo può sperimentare, se lo trova. 
Più semplice prova è effettuare una pressione sotto l'ascella, magari usando un supporto del tipo di una stampella e appoggiandosi sopra. 
Si noterà che dopo poco la respirazione cambierà. 
Generalmente utilizziamo una narice per volta cioè respiriamo 21 minuti da una narice e altrettanto tempo dall'altra e prima del cambio circa uno o due minuti in cui usiamo entrambe. 
Credo che ognuno lo abbia sempre notato, visto che questo "ognuno" nel suo corpo ci vive (forse). 
Ebbene, a parte i rimproveri, si può notare che con una seplice pressione esterna, cambierà il modo di respirare o meglio l'uso interno dell'apparato respiratorio, invertendo a comando l'utilizzo della narice prima del suo naturale turno. 
Si può fare la stessa cosa in altri modi come ad esempio sdraiandosi sul fianco o mettendo la gamba dietro la testa (se qualcuno ci riesce).  
Questo a cosa servirà? 
Ovviamente servirà a me come esempio e dimostrazione che non affermo stupidate.
Dimostra che quello che dico ha un valore di realtà, almeno nella parte fisica riscontrabile da chiunque.

La Scienza inoltre si incarica di informarci che la cellula embrionale si sviluppa dalla primitiva forma arrotondata in quella piana cioè si "srotola" aprendosi; Nel medesimo modo anzidetto essa si duplica ma anche diversificandosi, in quanto in ogni cellula c'è già lo schema informativo (DNA) per tutte le possibili cellule differenziate (specializzate) del corpo.
E' un pacchetto ripiegato che si apre disponendosi in fogli interconnessi. 
Esemplificando è possibile Immaginare di piegare un foglio di carta e bucarlo, questo foglio una volta disteso avrà due buchi distanti tra loro, ma in realtà sono lo stesso buco, solo "esteso" lungo un piano bidimensionale. 
Ci sarà così una connessione indiretta, ma comunque una connessione. 

Il collegamento tra elementi diversi non fisicamente intrecciati lo ritroviamo anche nella fisica quantistica, quando due particelle atomiche comunicano e interagiscono tra loro in maniera non locale. 
Un fenomeno che lascia gli scienziati interdetti e apre il campo a molte speculazioni. 
E' descritto in maniera semplice ne: "Il paradigma olografico" che ne da un'interessante interpretazione. 
Non lo spiego, ma è reperibile.  
Questo modello di corrispondenza lo si trova come principio alla base di alcuni sistemi di cura detti: olistici. 
Poche persone credo comprendono il perché tali sistemi funzionano, a dispetto della mancanza di evidenze scientifiche, infatti in essi si usano delle corrispondenze indirette. 
Oggi questi metodi naturali sono utilizzati spesso male e non ottengono l'effetto voluto, perché trascurano alcuni elementi importanti per renderli efficaci e così tanto varrebbe farsi curare da un cartomante. 
Omettono cioè la parte temporale e personale per renderli veramente operativi. 
Anticamente, invece erano applicati sulla base del tipo di paziente, del luogo e del momento in cui era somministrata la cura. 
Tempo, luogo e paziente sono elementi fondamentali per l'uso appropriato di questo tipo di cura "naturale" dovendo considerare come suggerisce la stessa definizione, la natura del malato nella sua condizione più completa ed estesa. 

Per  quanto riguarda invece la medicina allopatica e la farmacologia d'uso corrente, questi parametri non sono fondamentali, perché il sistema utilizza come base i dati scientifici sperimentali (magari fosse sempre così) e valuta l'efficacia sulla scorta dei successi riferiti a moduli standard cioè intesi sulla maggioranza, ignorando la singolarità e soprattutto le peculiarità del soggetto. 
Entrambi i metodi hanno vantaggi e svantaggi che andrebbero considerati volta per volta, caso per caso in rapporto alla malattia, alla persona, il contesto dove vive e l'origine del suo problema di salute.

La Scienza come la concepiamo ha una precisa logica, rispettabilissima, utile e con una solida base, perché deve sostenere una tecnologia funzionante, essa utilizza correlazioni dirette, quelle indirette sono invisibili per il metodo scientifico.

Si noterà così che per comprendere fatti diversi bisognerà usare modelli interpretativi diversi, ogni modello dovrà però avere comunque un riscontro, altrimenti sarà solo un esercizio di fantasia. 
Il giudizio sulla bontà di un sistema andrebbe espresso a posteriori, riscontrandone i risultati, non invalidando il metodo con dei preconcetti e pregiudizi. 
Ad esempio il sistema sanitario attuale gestisce principalmente le metodiche di cura sulla base di interessi di mercato con la scusa di tutelare la salute pubblica. 
Dico questo, perché tra l'altro analizzando le statistiche si riscontra facilmente che la classe medica è quella che meno fra tutte le altre categorie lavorative si sottopone alle cure ospedaliere e alle operazioni chirurgiche; Non perché fortunosamente dotata di una salute di ferro, nemmeno perché i figli di Ippocrate seguono i consigli dispensati agli altri per restare in salute, ma più probabilmente, perché consci dei grandi rischi cui potrebbero incorrere se sottoposti al medesimo sistema sanitario dov'è loro sono impiegati e per quanto possono, vi stanno alla larga.
  
Credo che un buon modo di ragionare sia mantenere la mente sempre aperta, ma a volte è necessario spingersi arditamente un po' oltre.
Come scrisse Oscar Wilde a proposito della duttilità cognitiva: "Credo a qualsiasi cosa purché sia impossibile".

L'idea di correlazione precedentemente esposta non è nuova al mondo, si trova nella filosofia antica, in particolare quella orientale, persino nella parte esoterica religiosa occidentale. 
L'idea di corrispondenza e riproduzione è enfatizzata in moltissime filosofie e religioni.

L'assunto:"Dal grande al piccolo e dal piccolo al grande" della tradizione antica Cinese fa un costante rimando all'interdipendenza tra il microcosmo umano e il macrocosmo dell'universale, ampliando la comprensione di tale filosofia, grazie all'uso della similitudine piuttosto che all'uguaglianza, un modo cui gli antichi guardavano ai fenomeni, anche con molta saggezza. 
La realtà e tutto quanto essa contiene è di fatto un'alternanza di opposti che predominano e coesistono nella medesima unità.  

Ci sono tanti modi di guardare il mondo e altrettanti modi per cercare di capirlo; 
A esempio, nella Torah ebraica dove è rappresentato "il Tutto" in forma scritta, è fattibile leggerne il testo non solo in estensione lineare, ma anche in profondità. 
Disponendo i suoi cinque libri uno sull'altro, impilandoli come a formare un cubo. 
Senza voler parlare delle sue parti crittografate che sembrano contenere molti messaggi, addirittura profetici. 
La bidimensionalità della Torah può così, grazie alla mente, svilupparsi nella tridimensionalità, assumendo significati nuovi  e maggiormente comprensibili all'essere umano.

"Come è sopra così è sotto e viceversa" il noto postulato alchemico di Ermete Trismegisto, appare anch'esso un'ulteriore riaffermazione del medesimo concetto. 
Curiosamente, le sette leggi universali enunciate proprio da Ermete, fanno riferimento al numero sette. 
Un numero misterioso che si propone con insistenza nella mondo fenomenico. 
I sette corpi di cui saremmo costituiti, intuiti nell'antico Egitto, le sette note musicali della vibrazione sonora presenti nella musica, i sette giorni della settimana nella suddivisone dle tempo, i sette anni necessari alla biologia del corpo fisico per rinnovare completamente il patrimonio cellulare, e via, via...Di corrispondenza in corrispondenza abbracciando tutti i fenomeni. 
La legge misteriosa e terribile del sette sembra ovunque e in ogni cosa. 
La correlazione non è solo interdipendenza ma anche compenetrazione, cioè la medesima cosa su piani diversi. 
  
Farei però di nuovo capo all'umanità, tralasciando le speculazioni occulte che possono essere forvianti.

Guardando all'essere umano in generale, si noterà come la disponibilità al cambiamento nel modo di pensare e di vedere la realtà non è una prerogativa molto sviluppata nell'uomo, questo è un grosso ostacolo al suo adattamento a una più ampia e diversa conoscenza.

In generale ogni nuovo concetto nell'uomo ordinario genera immediatamente e inevitabilmente due reazioni stereotipate: incredulità e paura. 
L'incredulità,  si trasforma spessissimo in rimozione del fatto in sé, oppure ne travisa il significato per adattarlo a ciò che gli era già noto. 
In entrambi i casi fallendo la reale possibilità d'espansione della propria comprensione. 
La seconda reazione è la paura che si trasforma in aggressività e poi in violenza.  
Basta guardarsi attorno per vedere quanta violenza repressa o manifesta ci circonda per valutare il grado di permeabilità degli umani a nuovi modi di vita e nuove idee cui potrebbero ispirarsi. 
Forse sono un po' severo nel mio giudizio, forse per alcuni c'è ancora qualche speranza.

Devo tristemente ammettere che su un piano generale cioè comunitario le persone fanno molta fatica a ragionare, riescono meglio sul proprio piano personale dove hanno una certa efficienza che si manifesta in generale con un personale vantaggio a scapito degli altri. 
Ciò è dovuto all'identificazione in una "Io" estendere questa  percezione almeno in un "Io+Noi" gli risulta quasi impossibile.
Anche nelle persone che si credono "buone" questa gentilezza verso l'altro, se mai avviene, è sulla scorta della propria morale e non sulla propria empatia e connessione all'altro non è quasi mai nel considerare il proprio benessere in una relazione intima con gli altri.  
In parole semplici e sincere essi dimenticano o fanno finta di non ricordare che la persona che cade è la medesima che gli tenderà la mano per aiutarla a sollevarsi, perché tutti prima o poi cadiamo. 
E' così, purtroppo anche in chi si adopera per l'altro, sebbene sembri un atteggiamento positivo, spesso è un comportamento ipocrita cioè non determinato dal proprio reale e libero sentire, ma adeguato al conformismo di una morale che fa leva principalmente sul senso di colpa e sull'attitudine umana all'omologazione acritica.

Il  falso sillogismo che sostiene che qualcosa sia comunque giusto solo perché la maggioranza pensa che lo sia, determina a volte delle vere catastrofi. 
Piuttosto che ragionare l'uomo,  preferisce soffrire e così si accontenta di pseudo ragionamenti, di riflessioni parziali cioè pensa per slogan. 
Questa pigrizia cerebrale determina una semplificazione distorta della logica.
La maggioranza non analizza i fatti oggettivi, ma li mischia con sentimentalismi inutili, dogmi morali enunciati da altri, informazioni plausibili ma false.
Sembrano incapaci di approfondimento nella concatenazione approfondita di causa-effetto. 
Con tali esseri è un vero miracolo che questo pianeta non sia già esploso.

Quando pensano di pensare lo fanno in realtà usando una sorta di "banalizzatore" che appiattisce ogni cosa al loro misero livello cognitivo. 
Domande anche semplici come "Perché?" "Da dove provengono queste informazioni?" e "A chi giova?" e anche "E' nella mia esperienza oppure è solo un sentito dire?" "Quali sono le conseguenze del mio pensiero e delle mie azioni su un piano personale e generale?" oppure "Ciò che faccio mi rappresenta?" "Lo voglio veramente?" Sono per i terrestri estranei come gli Alieni. 
Il libero pensiero se mai giungerà a far visita a questi ritardati mentali sarà inevitabilmente contaminato dai propri interessi, e come si dice in filosofia teoretica: finirà tutto a puttane.

Se non si rispetta il principio di equità, qualcuno mi dovrà spiegare come una scelta potrà andare bene per tutti? 
Visto che la Terra gira, quello che butti alle spalle poi te lo troverai davanti ai piedi. E' così ovvio.

L'equità infatti è un principio universale, perché in questo universo siamo tutti uguali cioè non conta un cazzo nessuno.   
In ogni caso non tocca a me giudicare l'umanità per fortuna. 
Ogni tanto però c'è qualche sorpresa, niente di che figuriamoci, piccole cose, un gesto, un sorriso, uno sprazzo d'amore. 
Giusto un'inezia che te li fa, se non proprio perdonare, almeno compatire. 
Sono sciocchi come bambini ma con la cattiveria e la malizia dei vecchi. Insomma un bel mix venefico di problemi. 

E' possibile invece per un uomo che sia tale veramente e con un certo talento scendere più profondamente nella mente, e addirittura nell'Energia che lo costituisce.  
Ciò gli  permetterà se interessato e meritevole d'aprire porte su stanze sconosciute. 
Si può anche ragionevolmente dubitarlo, ovviamente fino a quando non se ne farà esperienza.

Detto così sembra una gran figata disporre di queste capacità, ma non è esattamente così. 
La conoscenza che ne deriva non è esente da rischi né da conti salati da spesare. 
Un caro prezzo che non è scontato credere di poterlo pagare volentieri. 
A una maggiore comprensione corrisponde sempre una maggiore sofferenza come per una più acuita sensibilità. Queste capacità donano maggiore percettività, ma ogni nuova forza ha in se un'intrinseca debolezza.  
Non so come mai esiste una tale severa legge, ma è così. 
Forse dipende dal fatto che per l'essere umano sia possibile acquisire qualcosa, solo in base a quanto sia disposto a perdere. 
Senza sofferenza non riesce a dare valore alle cose che conquista. 
E' questo ciò che intendo quando spesso parlo di -prezzo-.

Il passaggio dalla conoscenza alla saggezza cui un uomo potrebbe aspirare gli costerà solamente tutto quello che possiede, conoscenza inclusa. 
Non so se si è capito ma le cose non sono per niente facili sebbene semplici.

Chiedo scusa per il mio irrefrenabile impulso alle frasi lapidarie e avvilenti per qualsiasi entusiasmo. 
La vita è un gioco drammaticamente serio almeno finché non ci ammazzerà dalle risate.

Personalmente e inspiegabilmente trovo molto interessante l'essere umano. 
Non so come, ma genera in me una divertita curiosità che lambisce sovente la delusione più scoraggiante e l'incredulità più disarmante, prodotta grazie alla sua particolare propensione all'idiozia. 
In particolare nella sua curiosa attitudine alla speranza che è il suo punto di massima forza e debolezza nel medesimo tempo. 
Una condizione un po' grottesca a mio parere, ma forse perché ho una mente fortemente analitica che fa fatica a volte a indugiare nel sentimentalismo più sdolcinato cui l'essere umano invece si crogiola, generalmente prima di massacrarsi a vicenda sia fisicamente che emotivamente.
Ci sono anche persone che sebbene non abbiano familiarità con i congiuntivi però sanno amare. E questo per me è motivo di profonda commozione.

L'assurda abitudine a sperare (ma non a fare) è determinata probabilmente dal fatto che non ha una reale fiducia in se stesso. 
Non è solo colpa sua. Tutto il mondo umano con le sue leggi e sistemi "educativi" e persino i suoi simili fanno a gara per destabilizzarlo, confonderlo, renderlo dipendente per poi sfruttarlo. 
Questo pover'uomo, passa la quasi totalità della propria esistenza a inculare i propri simili e poi si lamenta quando lo è a sua volta. 
Spesso inoltre, promettendogli la libertà generalmente lo si rende schiavo. 

L'umano sovente trasferisce il potere che ha a disposizione su qualcosa fuori da se stesso. 
Sicuramente in tal modo funziona, infatti ne ricava effettivamente potere, ma è un potere che comunque già possedeva. 
Un potere che come ho detto, nella maggioranza è quasi nullo, ma in alcuni soggetti è fruibile. 
Questo procedimento differito dove l'uomo sposta la propria energia su qualcosa d'altro (una Divinità, un rito, un oggetto, un'ideale) se da una parte lo aiuta a ridurre un pochino la sua enorme presunzione egocentrica, dall'altra edifica un ostacolo alla sua consapevolezza. 
Senza osservazione non ci può essere consapevolezza ed è evidente che se un uomo vuole conoscersi dovrà osservarsi e non proiettare questa indagine fuori da se stesso.

Questo è il motivo per cui non mi concedo di credere in nulla.

Come Ulrich il protagonista de "L'uomo senza qualità" di Musil, ogni cosa per me va conquistata, ma non diviene un diritto inviolabile, una volta acquisita infatti la  potrò anche perdere, perché ogni giorno è sempre un giorno nuovo. Diciamo che mi piace complicarmi la vita così da semplificarmela. 


La consapevolezza è secondo me la vera fiducia in me stesso. 
Non è certamente la fiducia in sé come la si intende di solito cioè una forma di autoipnosi su qualità che magari auspichiamo, ma non siamo certi di possedere; Di solito infatti è una suggestione positiva che non fa molto fondamento sulla realtà dei fatti, ma sul potere dell'immaginazione. 
Un potere forte ma non indistruttibile. 
Se si baserà su dati aleatori, quando le situazioni diverranno sfavorevoli una sicurezza dl genere, crollerà. 
Invece la consapevolezza non conosce cedimenti. 
E' meglio, secondo me non fare affidamento sul "credo" ma sul "so".  

Gli unici individui che ho trovato concordi con queste deduzioni sono alcuni primitivi con cui ho fatto conversazione nel mio peregrinare esotico sul terzo pianeta del sistema solare, e anche gli aborigeni australiani che personalmente però non ho ancora  consciuto, ma che con una certa auto-compiacenza, considero tra gli esseri umani più dotati di intuizione e logica mai vissuti su questo pianeta, infatti sono molto simili a me in alcuni aspetti.  
La loro filosofia di cui si sa pochissimo di cui ho letto e che trovo estremamente raffinata, anche poetica per quello che ne so, coincide molto con quello che sento. 

Sono tribù ormai quasi completamente estinte, sono gli ultimi detentori di quello che è un retaggio ancestrale quasi definitivamente perso; E con tale perdita, si è perso o si perderà, anche la possibilità di fare dell'umanità un gruppo coeso con un reale senso di unione, bellezza e felicità per quanto possibile in questa dimensione. 
E' molto triste questo stato di cose, forse però è in linea con un piano più ampio.
L'universo come avevo accentato è bidimensionale, connesso ad altri universi come fogli appiccicati, assomiglia un po' alla confezione delle "sottilette" di formaggio. 
Gli universi sono disposti in definitiva su piani contigui con particolari punti di collegamento come i buchi neri  e altri non ancora scoperti dall'astronomia appartenenti alla materia oscura. 
Questo è difficile da spiegare, quasi impossibile da provare e certamente fuori tema.


Tornando allora sul precedente terreno in salita, ma meno scivoloso della Struttura della Linea di Creazione cioè a quello delle potenzialità umane, direi a proposito dell'importanza della mente che: 

"Quando il timoniere dorme si perde la rotta" giusto per usare una metafora.

Quando la mente non può più indirizzare l'Energia rimangono solo le funzioni primarie, indelebili e automatiche per la sopravvivenza del corpo stesso; L'animus non si compie più se non in forma meramente vegetativa o poco altro. 
Ogni altra attività più raffinata e complessa è man mano cancellata dalla malattia mentale. 
Quando invece si ammala il corpo, cioè quando la barca ha una falla, affonda. 
Quando l'Energia prodotta dal respiro/cibo si disperde o non si produce più oppure non si produce a sufficienza, si smetterà di esistere. 
Questo è intuitivo da capire, ma spingendosi un po' oltre  si può realizzare che in ultima analisi è l'Energia che vive, non propriamente noi. 
Noi come esseri biologici siamo solo un mezzo, un tramite alla sua manifestazione, ma visto che l'essere umano è molto presuntuoso, perde la visione d'insieme e se ne attribuisce il merito, generando un ego ed afferma: Io vivo! 
Scherzo, perché non è questione di qualità morali, oppure di consapevolezza ma di necessità funzionali. 
In un ambiente ostile come la Terra un ego è necessario alla vita biologica, i problemi semmai sorgono dopo, quando questo ego si ingrandisce, anzi si ingigantisce e avendo a disposizione tecnologia e ricchezza, inevitabilmente creerà un Inferno.

Se mai questa Energia di cui pare essere fatto "l'animus" possa sopravvivere alla morte del corpo è tema di riflessione da sempre per l'uomo;
Forse perché “il nulla” atterrisce l'essere umano, quanto il buio dell'ignoranza ma ugualmente è spaventato da una nuova luce, fatta di reale conoscenza. 
Aiuta a fare un po' di chiarezza e calmierare l'ansia da annichilimento, ricordare ll principio della conservazione energetica: "In un sistema chiuso, l'energia non si disperde, ma si trasforma". 

Però l'uomo ordinario resta sempre nel mezzo delle risposte.

Se una persona infatti non prende coraggiosamente coscienza della propira stupidità come potrebbe cercare  la conoscenza? 
Una reale conoscenza però non è facile da trovare, la verità è spesso sconfortante. 
Così l'uomo si inventa storie, superstizioni, miti e religioni. Una pseudo conoscenza ad hoc consolante fatta di carezze che distraggono e leniscono l'angoscia della sua piramidale ignoranza. 


Non potendo vedere da se stesso, l'essere umano crede e immagina.

La cosiddetta Anima di cui si favoleggia in definitiva non esiste, perché se come si crede è promanazione di un Dio non potrebbe che essere perfetta, infallibile e incorruttibile, dunque perché vivere? 
Qual è il senso di fare esperienza se si è già perfetti? 

A parte i sillogismi e le prodezze del ragionamento penso, ma senza prove a riguardo se non me stesso e la mia personale esperienza che l'anima così come Dio, non esistono. 
Almeno non esistono secondo l’accezione comune.

Affermo perciò che se un uomo aspira all'anima, la riceverà forse dopo la costruzione di qualcosa d'altro, un qualcosa che sopravviva alle cause esterne della vita (eventi) e interne del proprio essere (meccanismi automatici)  cioè quando svilupperà in se stesso una volontà libera dai condizionamenti  e una forza sufficiente per determinarsi al di là di tali condizioni coercitive. 

In parole più semplici: Se un uomo eserciterà una volontà oltre le forze della vita, potrà sopravvivere quando tali forze smetteranno di esistere cioè la cosiddetta morte. 

Altrimenti nulla potrà essere né continuare. 
Dovrà costruire o forse conquistare qualcosa, creando prima una sorta di corpo energetico che possa sopravvivere, oltre la distruzione del corpo fisico, ma non sarà l'anima che di solito si intende, sarà una cosa diversa. 

Qualcosa di immortale certamente ma non eterno...C'è anche in questo differenza.
Infatti tutto ciò che appartiene a questa dimensione è soggetto al Tempo, tutto è destinato a finire, grazie all'inesorabile Caos che avanza. 

Già! L'eterna lotta tra Caos e Ordine. Oppure lo definirei meglio, il loro amore. 
Esso li attrae e li avvicina in un eterna danza, un continuo rincorrersi. 
Probabilmente non si esaurirà mai questo "flirt" perché conclusosi in quest'universo traslerà in un altro, dando vita a un nuovo inizio.
Ormai anche gli scienziati cominciano a considerare sempre più verosimile l'ipotesi dei multi-universi (multiversi) nella dimensione dello spazio/tempo/materia/energia. 
In tale dimensione si esercitano le quatto forze universali (gravità, elettromagnetismo, nucleare forte e debole). 
Esse appaiono diverse, ma sono tutte la medesima cosa. Tutto è solo Tempo o più esattamente Energia-Temporale, giusto per coniare un nuovo termine lì per lì e appioppare un bel mal di testa all'incauto lettore che insiste nella lettura. 
La matematica ha dimostrato infatti che se cambiassimo questo universo con un universo di anti-particelle (antimateria)  e lo capovolgessimo non sarebbe comunque speculare, si dovrebbe  necessariamente invertire  anche il tempo.   

Riferendomi più prosaicamente all'essere umano, se mai un uomo costruirà un corpo energetico sarà una sorta di Arca, dove stivare la conoscenza per traghettarla nei millenni, da vita in vita, altrimenti tutto tornerà all'indifferenziato, all'energia primigenia scevra di appartenenza; Sempre nuova e diversa in un moto ciclico di nascita e morte, creazione e distruzione in forme diverse.

A ben vedere questa condizione è "naturale" anche se alla maggioranza apparirà come qualcosa di orribile.  
E' innegabile invece, la seduzione della costituzione del corpo energetico, altrimenti detto "corpo d'oro" come fu definito nella tradizione Taoista, esso richiede molta fatica per edificarlo, proprio perché non è: naturale. 
Seduce ovviamente, perché promette una sorta di "vita eterna" ma di fatto l'unica cosa che sopravviverà alla morte saranno le esperienze non il "soggetto" perché l'ego (quello che si definisce come me stesso)  non esiste, dunque come potrebbe sopravvivere?  
Tutte le cose naturali sono facili perché ubbidiscono al flusso dell'esistenza ma attenzione non sono necessariamente confortevoli. 
Basterà usare questo criterio per comprendere cosa fa parte della Natura e cosa non ne fa propriamente parte.

E' divertentissimo tra l'altro notare il gusto del paradosso dell'esistenza. 
In una vita si è nemici giurati, in un altra amici per la pelle. Alcune persone che hanno un'importanza significativa nella mia sono stati i miei assassini nelle cosiddette vite precedenti. Parlare di "vite anteriori" ha veramente poco senso, perché non è proprio in relazione a un -me- ma alle esperienze e al principio di causa-effetto che sono legate. Inoltre la natura del tempo è circolare non lineare come invece la percepiamo comunemente. 
Parlare così di vite in un tempo remoto non ha proprio valore di realtà, sebbene ne ricordi parecchie e non solo passate.

Questo "gusto per il paradosso" si trova anche nella vita ordinaria senza bisogno di tirare in ballo il paranormale.

Si può comodamente osservare, anche dal divano di casa che i desideri ci dominano, le illusioni invece ci forviano, ma un'esistenza libera da queste due catene ci regala solo una vita senza senso. 
In un caso dunque si vive come in una cella, nell'altro come in un deserto desolato. 
Che fare? 
Non ho una buona risposta valida per tutti, non ne ho nemmeno una per me, figuriamoci...
Alcune persone sagge adottano una sorta di gioco a rimpiattino con se stessi. Si creano interessi e passioni, ma di cui non gliene importa poi molto, palleggiando la propria vita ora sulla sponda della materialità e del desiderio, poi sull'altra prospiciente, cioè il deserto della terribile perdita delle passioni. 
Personalmente non avendo questa saggezza cerco goffamente di mettermi in contatto con il Mistero. 
Diciamo che attendo istruzioni. 
Ho compreso infatti che la propria forza e il proprio impegno  portano sino a un certo punto, se si desidera adare avanti lungo questo strano viaggio apparente che chiamiamo vita, è necessario affidarsi a qualcosa di più grande: il Mistero, appunto. 
Non lo chiamo Dio, perché troppo diverso da come lo si intende con questa parola, fatto e confuso come una sorta di Ente Superiore umanizzato. 
Troppo spesso infatti ne è data una versione infantile, romantica e fantasiosa. 
Una rappresentazione paternamente opprimente, assertiva e con una morale che è proiezione di quella ideale umana.  Questa descrizione è inconciliabile con la realtà della vita qual'è. 
Nessuno (forse) può contenere il reale concetto del Mistero così lontano dalla umana comprensione, oppure cercare di abbracciare con la mente qualcosa al di fuori di qualunque categoria cioè molto oltre la materialità cui siamo abituati e il Tempo com'è generalmente inteso. 
Dunque il cosiddetto Dio non abita propriamente in questa dimensione vincolata, essendo Egli: Libertà totale al di là del Tempo.

L'Eternità ha dunque creato il Tempo per poter sperimentare il cambiamento. In quanto in una dimensione atemporle nulla si può creare né muovere o trasformare. Almeno così è secondo il mio sentire.

Per avvicinarsi al Mistero è necessario comprendere la natura del Tempo ma è una conoscenza non trasferibile, infatti: Esporre la vera natura del tempo non è consentito.

Quando si parla del Mistero bisognerebbe assolutamente evitare estremizzazioni, perché è qualcosa di sacro, nessuno può parlare per ciò che è oltre ogni comprensione. 
E' dunque una questione molto delicata esporre qualcosa per conto di ciò che non ha forma né nome. 
E' come camminare sulla coda di una Tigre addormentata, bisogna farlo con molta, molta prudenza e umiltà. 
Quindi lo ribadisco a scanso di equivoci: quello che ho scritto è solo la mia opinione personale a riguardo dei fenomeni che percepisco e di cui cerco di darne un'interpretazione grazie a un po' di intuizione soggettiva. 

Dio, perfino quello comunemente inteso dalla maggioranza, non appartiene a questo mondo tangibile.
I Principi invece che operano la formazione di questa dimensione (materiale) non vale la pena pregarli. 
Quello che dico non è blasfemo, perché riportato con parole simili perfino nel vangelo apocrifo di Giuda dallo stesso Salvatore: "Il Dio che ha creato il mondo non è il vero Dio e non ha senso pregarlo" Così almeno è riportato. 
E questo mette il mio personale sigillo su ogni questione religiosa. 

Posso solo aggiungere per asciugare la lacrima che potrebbe scendervi sulla guancia rilassata dalla bocca aperta perché sbigottiti che: "Anche se lontano il Suo sorriso arriva sino a noi". 
E' questa è la grande gioia e la sola consolazione che dobbiamo farci bastare. 

Non dovrei parlare per tutti, perché non è saggio, ma qualche volta mi scappa. 
Siamo dunque abbandonati a noi stessi ma lo siamo solo per imparare a diventare adulti. 
In realtà non lo siamo mai completamente ma meglio smettere di comportarsi come bambini capricciosi e diventare grandi. 
Smettere di litigare per contendersi i giocattoli e cominciare a lavorare come persone buone cioè connesse l'uno alle altre. 
Basta con la crudeltà senza senso, basta cercare di essere felici facendo soffrire gli altri. Basta.  

Posso solo punteggiare con qualche aneddoto il discorso che si fa ieratico, fumoso, forse fantasioso e inevitabilmente confuso con ombreggiature di estasi spiritual-chic.

Ho assistito a una sorta di principio di bilanciamento fra le relazioni umane e la Vita.  
Un amante deluso può diventare un figlio, come ho già detto un assassino un amico, un fratello protettivo trasformarsi in una persona che proprio non ci sopporta. 
Da quello che ricordo però in ogni caso i debiti si devono pagare, e non parlo banalmente del bene o del male che su un piano di realtà sono enti che non esistono, ma dei debiti riferiti alla conoscenza, l'unica cosa che conta. 
Se qualcuno incontrerà un vero maestro (di solito i migliori sono quelli nascosti) lo riconoscerà, perché alimenterà solo la frustrazione nel suo cosiddetto discepolo. Il suo strumento di addestramento sarà principalmente il biasimo e gigantesche scorpacciate di merda che somministrerà senza apparente motivo e soprattutto senza che il suo malcapitato allievo ne abbia colpa.  

Niente come subire l'ingiustizia ci mette di fronte alla prova di quanto valiamo. 
Nulla come la frustrazione ci mostra quanto abbiamo capito.

L'addestramento dei Navy Seals in confronto è una passeggiata la domenica mattina.  

Di fronte a Maestri del genere non sono degno nemmeno di baciagli le mani, e lo dico per davvero. Non per fare il finto modesto. 

In ogni caso rido sino alle lacrime quando sento parlare la gente di Inferno e Paradiso o del cosiddetto Karma, banalmente inteso come un ragioniere che ripartisce sofferenze e fastidi a chi li ha prodotti con la pretesa di pareggiare il male o il bene come forma aritmetica di giustizia.

Non esiste alcun bene o male, mi spiace per tutti i preti che si arricchiscono grazie ai sensi di colpa della povera gente.

Prendo come al solito un paragone estremo e lo ingrandisco così da evidenziare meglio i dettagli. 
Valutiamo ad esempio l'omicidio in quest'ottica dell'assurdo. 
Uccidere una persona, visto diciamo "dall'alto" non è un peccato, nemmeno contro la vita, perché comunque si muore; La vita stessa si basa sull'omicidio generalizzato.
Ogni essere vivente sopprime altri esseri viventi per continuare a esistere. Mangiamo e respiriamo e ci nutriamo di vita grazie agli animali, alle piante e i loro frutti e i microorganismi. 
Come potrebbe allora essere sbagliato se tutta la vita si basa su questa sorta di cannibalismo tra specie diverse? 
Se la creazione è opera del Creatore essa è certamente conforme alla sua volontà, dunque non c'è errore nel seguire le regole della Natura. 

Il problema è semmai l'esperienza e la conoscenza determinata dall'esperienza, almeno in riferimento alle energie senzienti. 
Conoscenza ed esperienza sono sempre da intendersi come sinonimi nel mio modo di vedere. 
Diciamo allora che quell'esperienza di vita "sottratta" alla vittima è in questione. 
Non mi ricordo in quale religione (Indù, Buddista o Jainista) si sostiene che uccidere è farsi carico del Karma della vittima, poiché essa non la potrà più ripagare. 
Non esiste il Karma così inteso, ma il principio enunciato è esatto anche se la funzione di tale meccanismo è completamente diversa. 
Andrà preso su di se l'incarico, a volte assai gravoso, di istruire chi è stato soppresso e dimesso anzitempo dalla lezione, giusto per continuare a usare un paragone scolastico nella descrizione del delitto in esempio. 
Non c'è dunque malvagità, perché le circostanze diciamo "criminali" si decidono prima di nascere. 
E' una sorta di accordo tra reo e vittima.

Le relazioni infatti ci permettono di intrecciare collegamenti funzionali all'esperienza.
  
La "riconoscenza" ad esempio, non è un legame molto robusto, L'amore poi...Più forte è la cosiddetta "vendetta" e l'odio, almeno nella struttura umana. Sono legami molto potenti e  questo forse aiuta a comprendere perché il mondo umano è tanto violento. 
Quando si vive si è del tutto inconsapevoli di tali meccanismi che chiamiamo: circostanze, coincidenze, fato. 
Questo è tra i tanti, un modo di stabilire una relazione sul piano "spirituale" o meglio tra "energie senzienti in trasformazione", perché la parola "spirituale" a me fa cagare e non rende affatto l'idea.

E' come nelle scalate in montagna, per salire in vetta ci si lega l'uno all'altro così a livello "spirituale" (uff!) ci si mette d'accordo prima, si concorda il tipo di legame che si vuole stabilire. 
Infatti sarebbe assurdo trasformasi senza condivisione; Visto che siamo tutti la stessa cosa. Azz...questa mi è scappata.

Tra gli incredibili viaggi che sono chiamato a percorrere nella mia vita per capire ciò che già conosco, una volta in Giappone capitai in un tempio buddista, mentre veniva proclamato dai monaci il giuramento del Bodhisatva.

E' un impegno solenne cui un monaco dedica l'esistenza(e) a percorrere "l'antico sentiero", la Via, e una volta giunto alle porte del Nirvana (illuminazione) rinunciarvi per aiutare tutti gli esseri senzienti a giungervi e poi entrarvi per ultimo. 
Naturalmente è un paradosso tale giuramento, ma non nel senso che sia privo di significato e bellezza; Nel senso che invece è conforme alla natura universale, paradossale appunto. 
Infatti l'illuminazione stessa è una stronzata (con il dovuto rispetto) perché nessuno "Io" si illumina, l'illuminazione o più comprensibilmente la connessione con il Mistero (potrei dire Uno ma invece dirò Non Due) si ha proprio quando non esiste più un "Io"  e allora: chi si illumina di che? 
Anche il concetto di rinuncia è umoristico, proprio perché i cosiddetti "esseri senzienti" sono la medesima cosa: Chi aspetta chi?
Perché giurare poi? 
Ovviamente il giuramento è solo un impegno di un ego che non esiste la cui vera natura aspira a ciò che già è.

"Ogni cosa è illuminata" se vogliamo dirla al modo Zen.

"Non fare e non volere, esiste solo l'accadere" direi con le mie parole inadeguate.

Tornando al tema dei reciproci fastidi che ci regaliamo a vicenda essendo poi la stessa cosa, aggiungo: Non c'è violenza.
E' solo un modo cruento per darsi una mano a vicenda per  fare esperienza, a volte si fa l'esperienza del dolore, del sopruso e di altre nefandezze umane spietate come ad esempio il matrimonio; 
A volte invece si sperimenta l'amore e altri piacevoli sentimenti che funzionano bene, ma solo se nel "soggetto" sono già presenti alcuni valori che si cristallizzano nel copro energetico in formazione,. Dovrà essere già quasi completamente formato e con un cospicuo bagaglio di esperienza, altrimenti saranno inevitabilmente fraintesi. Sarebbe come versare un buon Barolo nello scolapasta per farlo decantare.

Con una citazione folkloristica direi come al sud: C'è il dolce è c'è l'amaro.

Da una parte o dall'altra è bello conoscere tutti i gusti. Facendo e subendo, ferendo e guarend, baciando e mordendo.  
La situazione è ben diversa dal valutare gli eventi in un'ottica morale.

Questo non significa che mi piaccia la cattiveria o la sofferenza. 
Personalmente poi la violenza ormai mi disgusta, dico solamente che "anche" così funziona, almeno per un po' diciamo. Fino ad un certo punto. 
Sembra crudele? 
Se un cane impara solo dai colpi di giornale sulle orecchie e (ammesso che possa farlo) mi chiedesse a zampe giunte: "insegnami a non pisciare in casa" cosa dovrei fare? 
Credo che anche a malincuore, stipulerei un abbonamento al "Corriere della Sera" da usare come clava. 
Con le dovute proporzioni, funziona così su un piano generale di esistenza. 

Il bello è che nei reciproci accordi non ci sono promesse non mantenute, perché la vita da vivere non può essere cambiata una volta iniziata. 
Vivere assomiglia un po' a  sedersi in poltrona e godersi la rappresentazione del film che abbiamo sceneggiato e che volgiamo interpretare. 
A volte è un film drammatico, in altre è d'amore o d'avventura, magari ai più fortunati tocca un porno ma a tutti una tragica farsa. 
Questa "sceneggiatura non la scriviamo da soli, direi che in un certo senso "siamo aiutati" da enti preposti(5). 

Come in un film? E' abbastanza realistico immaginarlo così. 
In una vita sei vittima e in un'altra carnefice, tanto per farla semplice al limite dell'ovvio. 
Una volta sei allievo e in un'altra maestro. Chi si prende la briga di essere Hitler, dopo farà anche Gandhi, ma non per un motivo morale come la maggioranza che considera vera la trasmigrazione dello spirito pensa, il motivo è solo funzionale. 
La concezione umana è sempre antropocentrica, dunque errata. 
E' diverso vedere gli eventi su un piano generale e multidimensionale. Diventa quasi impossibile esprimerlo. 

In ogni caso il bene e il male non è contemplato in questa ripartizione di ruoli, lo ribadisco. 
Certamente se l'essere umano fosse più evoluto e imparasse dagli errori, addirittura da quelli degli altri, se sviluppasse una visione de-identificata di se stesso, se si impegnasse nella costituzione di una coscienza collettiva prima e universale poi,  se sentisse quel medesimo se stesso(?) in una relazione paritaria con le altre entità, se fosse in connessione con la Natura non ci sarebbe bisogno di soffrire in questo modo e così tanto. 
Dunque troppi "se" per l'uomo che conosciamo.

E' evidente che abbiamo a disposizione le potenzialità per edificare un Paradiso, ma l'unico problema di questa edificazione siamo noi: il peggior ostacolo alla nostra felicità.

Il motivo delle vite a volte molto difficili e sofferte è il personale modo di comprensione dell'esperienza.

In poche parole se fossimo più sensibili, intelligenti e maturi non avremmo bisogno di patire così tanto tramite le esperienze dolorose.

L'Animus infatti non soffre e non gioisce, assiste solamente; Perfino l'aggettivo "conoscere" non ha senso né significato in quanto l'Animus non ha nulla da imparare, nulla da aggiungere né da togliere. 
Cosa avrà da guardare allora? 
Questo proprio non lo so...E se mai lo sapessi, dovrei negare di saperlo come dicono gli agenti della CIA nei film. 
Quello che so bene è che l'esperienza è l'unica comprensione.

Infatti senza esperienza come è possibile divenire maturo? 

Certo c'è modo e modo di fare esperienza. 
A volte la Vita picchia duro per diversi motivi, magari perché si ha la testa dura, altre volte c'è bisogno di raggiungere altri che sono andati più avanti, allora si dovrà correre.

Però anche il più deficiente essere umano, anche l'uomo più pezzo di merda che esiste sulla Terra, se vive su questo pianeta-sofferenza è un grande guerriero che merita rispetto. 
Non bisogna mai dimenticarlo.  
Le rappresentazioni materiali sono ingannevoli, nessuno può conoscerne la vera natura, non ci è dato di comprendere gli imperscrutabili giochi della Vita nel suo sviluppo interconnesso a lungo raggio. Forse solo alla fine della vita si realizzerà una maggiore comprensione di ciò di cui non riusciamo a darvi un senso.  
Sostengo questa apologia dell'essere umano nonostante i suoi innegabili limiti e difetti, perché nessuno si offrirebbe per questa dimensione se non fosse un combattente impavido. 
Ci vuole un coraggio da leoni, specialmente man mano che le illusioni svaniscono lungo la strada e si comincerà a vedere in che meraviglioso guaio si è capitati.
  
La domanda cui dovremmo provare tutti a rispondere è "Come faccio a imparare, da chi,? Cosa deve accadere affinché comprenda quello che già conosco?" 
Eh si! Perché usare il termine "imparare" è come detto forviante. 
La conoscenza è sempre alla portata di tutti, è già in noi, ma la ricerca del metodo per farne esperienza e trovare il modo per renderla necessaria, affinché acquisti valore, mostrandosi, è in questo la vera sfida. 
Per fare tutto questo si usa un Luna Park che chiamiamo esistenza, oppure stato intermedio tra terza e quarta dimensione oppure universo, anche: piano tridimensionale dei fenomeni materiali. 
Beh! Guardando poi certe persone bisogna proprio riconoscere che definirli dei "Fenomeni" è corretto. 

A me piace a volte il senso dell'umorismo sulle cose serie è cosa gradita, perché così funziona anche su altri livelli. 
L'ironia tra guerrieri stempera la tensione a volte. 
Ci sono solo due o tre cose su cui non si scherza, sono tremendamente serie e proprio per questo non mi azzardo a ridicolizzarle e spesso nemmeno ne parlo.

Mi rendo conto che non è facile capire, figurarsi cercare di spiegare, mi sembra di essere folle intanto che scrivo, però certe cose vanno dette. 
Anche se l'entità umana con il suo linguaggio non è adatta alla comprensione di questo livello di comunicazione. 


Come dicevo questo sistema cruento di comprensione lo si adotta finché non si deciderà di salire su un altro livello, perché quello appena descritto è lentissimo oltre che dolorosissimo come sistema di trasformazione...Diciamo che è per ritardati mentali (noi) cioè esseri poco svegli.

Diventare "maestro di se stesso" è il passo successivo, ma richiederà  un'integrità straordinaria. 
Una volta giunto in tale stato non serviranno più le legnate, perché si sarà in grado di darsele da se. 
Il lavoro diverrà più raffinato e molto sottile, ma ugualmente duro. 
Quelli "duttili" invece usano strade veloci e che comportano meno complicazioni, così viaggiano svelti. 
Devono solo  stare attenti agli scivoloni, ma quelli arrivano quasi per tutti e fanno parte del pacchetto di errori necessari.

A maggior potere corrisponde anche maggiore responsabilità, lo dice anche Spider-man. Dunque non bisogna crescere in fretta. 
Nel piano pluridimensionale inoltre non accade come nella vita materiale, non è come succede agli uomini politici e a quelli che decidono lo sorti della maggioranza che abita questo pianetino cioè che non pagano quasi mai per la loro avidità e i loro errori...Per ora, diciamo. 
Esistono prove etiche spietate, ma non voglio divagare troppo. 
Prima di fare il "salto di qualità" bisognerà comprendere l'assurdità del metodo didattico cioè sarà necessario capirne il limite. 
Un limite non intrinseco, ma determinato dallo stesso sperimentatore. 
Per aderire ad un'altro sistema più sofisticato, prima bisognerà aver abbandonato le cazzate...Cioè divenire sordi alle richieste insensate dell'Ego.

Sembra folle descrivere un tale scenario? 
Perché invece come accade alla maggioranza, esistere senza nemmeno indagarne il motivo personalmente vi sembra sano di mente? 

Allora, continuo su un livello semplificato di trasferimento dati più comprensibile con questo esercizio di comunicazione chiamato pomposamente: scrittura.  

Diciamo allora semplificando a livello di scuola materna che è come se la somma di tutto l'esistere debba essere pari a zero. 
Magari così risulta più comprensibile. 
Usiamo la logica (spesso in maniera approssimativa) per vivere, ma per capire la vita ci vorrebbe ben altro. 

Poi, se l'Energia di cui ho parlato, sia al di là del Tempo stesso non è facile rispondere, perché quella di cui si fa esperienza in vita, nella vita umana intendo è legata alla caducità del corpo, dunque al tempo.
Se volessi ammantare quello che scrivo con una spolverata di zucchero a velo chiamandola scienza, parlerei dell'Entropia, ovvero la misura della degradazione dell'energia. Enunciata nel secondo principio della Termodinamica che non ripeto, perché sono convinto che ognuno di chi mi legge, la padroneggia.  
Essa è comunque un moto universale che palesa come l'ordine cioè la differenzazione di stati energetici diversi sia condotto inevitabilmente verso il disordine, altrimenti detto caos. 
L'uniformità è l'ultima destinazione, dove non sarà possibile nessuna distinzione,  una sorta di comunismo dell'universo che trasformerà tutto nella stessa noiosissima  e inutilizzabile cosa. 

Però la scienza non aiuta nel capire ciò che intentdo, perché il mio discorso è su più livelli diversi, abbracciando  a volte nel medesimo tempo l'intangibile e il manifesto.

Ritornando a quanto detto prima, senza corpo non c’è vita mi pare chiaro, almeno la vita comunemente intesa. 
Questo è il veicolo e la prigione cui ci condanniamo da noi stessi per fare esperienza di  cosa sia esistere. 

Così, forse per chi ne pagherà il prezzo sarà possibile costruire questo corpo energetico, in forma parziale all'inizio e in forma completa più avanti. 


In ogni caso la coscienza dell'uomo lo ribadisco è inadeguata a concepire la vastità e le infinite possibilità di una libertà totale, caratteristiche connaturate al Mistero e all'Anima. 
Direi, azzardando che entrambi questi enti sono quasi sinonimi. 
Mi pare evidente che qualcosa di completamente libero come dovrebbe essere Dio non può appartenere alla dimensione umana e materiale.
La libertà infatti, non è contemplata nell'universo dei fenomeni, altrimenti non funzionerebbe. 
Tutto è già fatto e strutturato, perfettamente già eseguito onde determinarlo esattamente. 
Non a caso si definisce la creazione "perfetta" sebbene appaia così iniqua.

Il libero arbitrio, allora? Non esiste se non in forma illusoria. 
Mi spiace per gli americani che sono convinti di essere padroni del loro destino e forse in tale ottica lo vogliono determinare in maniera infausta negli altri popoli. 
Non c'è libertà di scelta in questa vita...Alla  faccia di Amnisty Intenational. 

La scelta è stata presa prima. 
In questa dimensione si devono solo comprendere le ragioni di tale scelta.

Infatti per esercitare una scelta, bisogna avere potere e l'essere umano ordinario non ha alcun potere, dunque... 

Se la libertà appare in sporadici momenti è solo idiozia, non esiste un casuale e libero spazio dimenticato dal cosiddetto Destino. 
E' un'illusione oppure è dovuto a un fraintendimento. 

Qualcuno che ancora non mi considera matto da legare, potrebbe giustamente chiedersi come faccio a sapere queste cose che con tanta granitica sicumera affermo come se fossero state appena pubblicate sulla "Gazzetta dello Sport" proprio vicino ai pronostici settimanali. 
Ebbene, la domanda è legittima ma non rispondo ugualmente. 
Diciamo che me lo sono inventato? Anzi dirò la verità: l'ho sognato. 

Riagganciandomi a qualcosa di meno onirico e più alla portata dell'esperienza comune, si può constatare che il mondo è fatto di regole rigide e non parlo delle leggi umane, ma fisiche dell'universo e all'incontrovertibile principio di causa ed effetto. 
Le possibilità sono molto limitate nella nostra dimensione, perfino per i pochi che hanno un po' di conoscenza, ma non si hanno di certo sulle cose importanti. 

Di fatto questa dimensione materiale è una prigione, un penitenziario dove gli esseri senzienti sperimentano il desiderio, la comprensione e il valore della libertà che gli è  negata.

La libertà non la si può ricevere, l'anelito verso di essa nasce semplicemente e spontaneamente. 
Non la si può cercare se non la si desidera, o meglio se non si comprendono i limiti del desiderio. 
Non la si può ottenere realmente se non si è disposti a pagarne il prezzo.

Secondo alcuni la vita è una scuola, ma se dovessi dare la mia opinione umana (estremamente riduttiva) direi invece che è un Asilo infantile. 
Crudele, spietato, freddo, triste a volte noioso, ma sempre un Asilo rimane. Quindi...c'è poco da tirarsela.
La strada è lunga, molto lunga, mi viene male solo a pensarci.  


Questa è la mia percezione. Questo è per il momento quello che voglio dire a proposito di: tutto e ogni cosa.

Allora, buon lunghissimo viaggio a tutti, anche se dire "tutti" mi fa ridere, perché in definitiva tutti non esistono come anche il viaggio non esiste.
L'errore, se mai si può chiamare così, è un difetto di percezione. E' insito nella costruzione mentale umana, una "bug" che è possibile correggere solo a patto che la si ritenga tale. 
Quando comunemente si differenzia lo spazio e il tempo è una considerazione normale per ognuno, ma nondimeno questi elementi non sono diversi nè separati, lo divengono solo quando li si osserva. Questo tanto per fare un'altro esempio su quanto già detto.

Abbiamo dunque un sistema distorsivo implementato nella coscienza, fatto per sopravvivere cioè quello che chiamo: il Separatore; Cui è fattibile eliderne l'effetto, grazie a quello che definisco: Pensiero Elastico. 
Un sistema cognitivo che non solo ricompone questa dicotomia funzionale con cui vediamo la Vita, accettando il paradosso in quanto tale, ma trascendendolo, sottraendo da questa equazione: l'Io.
  
Quest'ultimo periodo è come mi esprimerei di solito, ma non ho idea se in questo modo potrei mai essere comprensibile.

Questo allora fate finta che l'ho inventato adesso, perché mi rendo conto che potrebbe apparire come un delirio. 
A parte le ultime considerazioni che spero dimentichiate, lo scrivo solo perché qualcuno capisca(..) quando affermo che una cosa e vera e non è vera nel medesimo tempo.

Forse è questo il senso di una frase che viene attribuita al Buddha che trovo molto bella, vera e ben sintetizza il mio discorso: 

“Le cose non sono come sembrano ma neppure diverse”.


Leggo oggi che il Dott. Bradford Skow del M.I.T. ha recentemente formulato la teoria chiamata "Objetive Beginning" che praticamente fornisce le mie stesse interpretazioni a riguardo del tempo e dello spazio, probabilmente legge il mio blog ed è il geniale realizzatore delle mie idee.