lunedì 14 dicembre 2009

La casa Russia



In contro tendenza con ogni logica climatica, parto per l'Est.
Destinazione segreta, insieme ad un manipolo di fidati compagni di viaggio ed espertissimi esploratori.
La destinazione è comunque all'interno della grande madre Russia, oltre gli Urali, oltre le mappe conosciute dell'ex Unione Sovietica, in un'area circoscritta di appena 500.000 kmq (lo dico solo in caso qualche d'uno volesse inviare un biglietto d'auguri, un pacco viveri o chessò una scatola di condom in pile).
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Quivi discorrerò, come mio costume, con alcuni sciamani siberiani sui massimi sistemi; Poi con i nativi della pesca del caviale e prima di ogni cosa sulla distillazione della Vodka con esempi pratici esemplificativi.
La trasvolata avverrà con un Ilyushin Il-214, un cargomobile battente bandiera panamense ad elica del 1946 (per dare maggior pathos all'evento) gentilmente offerto dall'aeroclub di Bresso.

Arrivo nella notte in un aeroporto non segnalato nei pressi del delta del Volga.
Ci attendono in loco diverse Troike russe e poscia, per l'ultimo tratto sino all'immensa Taiga, delle slitte trainate dai famelici cani dell'Asia Centrale.
Seguirà il nulla, ovvero l'incertezza propria di ogni missione esploratrice ai confini della realtà del Visir.
Mi assento così per un po', approffitando delle festività natalizie.
Auguri anticipati a tutti e anche di buon Nuovo Anno.
Non temete, tornerò ad ogni costo... E vi toccherà sopportare ancora i miei sproloqui.
Dasvidania.

giovedì 3 dicembre 2009

Alfa e Omega.


Ho commentato su un altro Blog una recensione cinematografica di un film di cassetta, ora in programmazione: 2012.
Così ho avuto modo di riflettere su un paio di cosine.

I film catastrofici sono sempre affascinanti, quando però sono fatti come "Dio comanda".
Ricordo "Occhi bianchi sul pianeta Terra" (1975), con Charlton Heston, dove interpretava l'ultimo uomo sul pianeta alla disperata ricerca non tanto di sopravvivere, quanto di mantenere viva la propria umanità.
Nella pellicola il protagonista è impegnato in una lotta contro dei mutanti fotofobici sopravvissuti al disastro biologico che non solo avversano ogni tecnologia, ma cercano di distruggerla considerandola l'origine di ogni male.
Il fatto che egli si rifiuti di abbandonare la propria abitazione di sempre nel centro di Los Angeles per un luogo lontano dagli assalti di questa congrega denominata "La Famiglia", evidenzia come sia forse preferibile, per lui, essere circondato da nemici che non essere circondato da nessuno.
Guardandomi intorno mi viene da pensare che questa motivazione sia largamente condivisa.
Recentementee vi è stato uno pseudo-remake di questo piccolo capolavoro, con il titolo: "Io sono leggenda", interpretato da un bravo Will Smith, ma non è neanche paragonabile all'originale.

Anche "Zombie" (1978) di Romero, una delle ultime icone splatter, nasconde fra i fotogrammi iperbolici il suo interessante significato educativo.
In questa lungometraggio vi è una forte critica al consumismo, all’avidità fine a se stessa, esemplificato nei pochi sopravvissuti asserragliati, guarda un po', in un Supermarket.
Circondati da orde di Zombie affamati i protagonisti sono trasformati essi stessi in oggetto di consumo.
Per non parlare poi della accusa contro la violenza, spingendo la situazione al paradosso come in una dimostrazione matematica “per assurdo”. E' famosa la battuta del film: “Quando i morti camminano, signori, bisogna smettere di uccidere. Altrimenti si perde la guerra”.
Questo slogan suggerisce una soluzione e rimanda ad un’immagine molto più reale, cioè ai tanti conflitti armati nati tutti per "nobilissime" cause e finiti in inestricabili situazioni politiche.
Forse, basterebbe cominciare a non uccidersi per iniziare a trovare la soluzione di questo inestricabile nodo Gordiano.
Le situazioni fantascientifiche sembrano additare così comportamenti vissuti e visti nell’odierno.
E' una sorta di gioco di specchi inserito in un altro gioco, ma di scatole cinesi. Col pretesto di divertire si suggerisce invece l'analisi di un sistema spesso più assurdo di una sceneggiatura surreale. E' una valutazione velata, stranamente discreta rispetto al prodotto che la veicola, che risulta ridondante. Un giudizio che se rivolto direttamente sarebbe troppo offensivo, saccente e serio; cosa quest'ultima imperdonabile per questo mondo, dove è "cool" solo cercare di divertirsi dimenticando, spesso la miseria che ci guarda in faccia. Come è possibile essere completamente felici quando intorno a noi c'è così tanta sofferenza?
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Di taglio diverso è un film australiano di qualche anno fa passato quasi completamente inosservato: "28", credo sia il titolo esatto, ma non ne sono certo.
In questo film si immagina un'umanità condannata da un misterioso evento astronomico in avvicinamento. Il titolo rimanda ai giorni che restano alla vita su questo pianeta.
In questo caso nella storia vi è la consapevolezza della fine. Questa conoscenza esalta la responsabilità di ognuno nei confronti della propria esistenza e soprattutto di come le si possa dare un senso.
Vengono incrociati nella sceneggiatura le vite di personaggi diversi. La narrazione segue una tecnica "ad incastro", facendo incontrare in tempi e modi diversi, con visioni prospettiche da soggettive diverse le varie avventure di questi personaggi, il ritmo talvolta è sincopato e in altre lento ed intimista ciò mantiene alta l'attenzione dello spettatore.
C'è tra le storie quella di un uomo che cerca, nei suoi ultimi giorni di vita, di contattare le donne desiderate e mai avute nella sua vita.
Osando anche realizzare i suoi desideri sessuali più incredibili spinto dalla forza di non aver nulla da perdere.
Superando la timidezza e i preconcetti inanella una serie di incontri incredibili che realizzano le sue fantasie.
Incalzante è in lui la decisione di depennare dalla sua agenda ogni occasione mancata.
Viene anche raccontata la storia di una donna che fa della fedeltà al proprio posto di lavoro il centro della sua vita, lei è vergine avendo preferito darsi completamente al lovoro piuttosto che ad un uomo; ora però questo lavoro diviene più che mai senza certezze.
La sua ostinazione è sostenuta sino quasi all'ultimo dalla motivazione che: "Qualche d'uno lo deve pur fare".
Trascorre quindi i suoi ultimi giorni a lavorare per un'azienda che non ha più senso di esistere, salvo poi all'ultimo momento concedersi al libertino protagonista della storia precedente e incontrandolo rispondendo ad un suo annuncio su internet dove domanda una vergine appunto, è così in un curioso riunirsi degli estremi.
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Diversa è la vicenda di un'altra donna che affronta l'attraversata della città impazzita prima dell'arrivo della misteriosa minaccia e dominata da un caos incontrollato.
E' un viaggio nell'inferno per incontrare il proprio amante con cui finalmente a deciso di vivere, e con lui paradossalmente suicidarsi.
Non riuscirà però nel suo intento, il destino la porterà a conoscere invece uno altro uomo di cui forse si innamora. E' proprio con lui che realizzerà il suo desiderio di autodeterminazione, dando un'utilità a quelle due pistole che si porta dietro per tutto il film come un peso.
Paradossalmente lei giungerà ad un punto fermo nella sua costrante indecisione in un momento ormai divorato dalla follia collettiva.
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E' tangibile il senso di vacuità che il film sottolinea, l'assurdità di ogni tentativo di dare una priorità agli ultimi momenti di vita. Ogni azione appare senza reale significato, tardiva rispetto alla minaccia incombente se non, e in questo forse c'è un prezioso segreto, per il sentimento autentico con cui essa può essere vissuta.
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Il tempo viene scandito e diviene via-via più incalzante come un tamburo di guerra, nel personaggio di una barbona, una folle; La quale corre tutti i giorni per le vie urlando il numero dei giorni che mancano all'Apocalisse.
Una sorta di timer umano prima della detonazione.
Essa è una esegeta dell'Entropia, avulsa da tutto e da tutti, spietata nella suo count-down. E' un esere senza passato e senza futuro che simboleggia il Tempo inesorabile nel suo scorrere.
."Bei tempi quando si facevano questi film", si dice ora.
Chi parla così è forse perchè appartiene alla cosidetta generazione "in bianco e nero"?
Quelli cioè che hanno visto gli albori del sistema televisivo che ha portato il cinema in tutte le case; E con esso le speranze disattese e banalizzate da questo formidabile strumento di informazione (la televisone) ridotto però a contenitore privo di contenuto.
Probabilmente tutto questo ci ha fatto guadagnare il diritto di essere cinici.

Mi viene da pensare ancora che curiosamente si riflette poco su come questi film di catastrofi, pandemia, invasione aliena ecc. ecc. risuonino su una corda sottile, ma profonda nel nostro sentire.
Ovvero l'ineluttabilità della fine di ogni uomo nato per morire.

L'ultima ora per ognuno è quasi sempre inaspettata, come in questi film è l’arrivo della minaccia distruttrice.
Viene rappresentata in questo caso la moltitudine inconsapevole che si dibatte nell'acquitrino delle proprie meschinità e ignora la fine che avanza inesorabile.
Secondo me non è molto diverso dal nostro quotidiano se solo ci ragioniamo un poco e ne cogliamo le similitudini, ma può anche darsi che sia solo colpa del Natale che sta arrivando e mi regala sempre un inveterato ottimismo.

“Con questo evento apocalittico finirà il mondo!”, annunciano i trailers.
“E' solo un film!”, risponde in coro il pubblico pagante; ma ne siamo proprio sicuri?

Il mondo, il nostro mondo che è l'unico mondo di cui sappiamo e di cui abbiamo reale esperienza non finisce con noi, forse?
Nessuno per quanto ignorante non sa che un giorno morirà, eppure non si considera quasi mai questa ovvietà se non in rari momenti malinconici.
Che senso ha disperarsi se tutta l'umanità sparisce? Sparirà comunque, quando si spegneranno le luci per noi.
La differenza di punto di vista fra film come 2012 oppure 28 è semplicemnete fra una fine improvvisa ed una annunciata cioè la stessa fra inconsapevolezza e conoscenza. In buona sostanza si viene trascinati verso il proprio destino proprio perchè non si vuole andargli in contro aprendo gli occhi.

Ora, non volendo indugiare troppo nello spingere chi mi sta leggendo a tastare i propri organi genitali in un gesto, inelegante, ma apotropaico posso solo aggiungere che la cosa va vista (a mia modesta opinione) come nell'ordine naturale delle cose.

Marco Aurelio diceva: “Vedi nel passato come gli imperi nascano, prosperino e finiscono; ecco hai visto anche il futuro”.
Forse il gesto del Lama nel film 2012 che, mentre va tutto a ramengo, si beve imperturbabile il suo thé appare la cosa più sensata: quando hai letto l'ultima pagina, chiudi il libro.

Ah, dimenticavo: felicità a tutti.