lunedì 18 novembre 2013

La Danza del Caos


Da bambino amavo guardare le formiche.
In estate, quando ero libero dagli impegni di scuola trascorrevo le mie vacanze in campagna; Allora mi piaceva perdere una buona mezz’ora osservando con curiosità questi piccoli insetti.
Ero rapito dalla loro organizzazione, ma dopo un po’ di questo entomologico esame mi stufavo e così continuavo a scorazzare in lungo e in largo per fare danni con la fionda.
In quei rari momenti di quiete e di studio però mi domandavo: Come fanno a comunicare tra loro queste formichine senza dire una parola? Come fanno con un cervello così piccolo a svolgere attività tanto complesse? Come seguono tutte la stessa strada? Come scelgono il nido? Come si organizzano per difendersi, per accumulare il cibo? Perché si prendono cura delle larve nate da un’estranea, la loro regina? Come mai non rubano e non litigano mai tra loro?
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Domande senza risposta nella mente di un monello, ma ad alcune ho trovato un responso dopo un po’ di anni.
Giusto per saziare la curiosità di chi legge è emblematico come le formiche scelgono il nido fra diverse opzioni possibili.
La scoperta avviene sempre in maniera apparentemente casuale, ma si evolve con un sistema razionale semplice e quasi geniale.
Quando una formica trova un luogo ampio e buio che risponde ai requisiti per un nido vi  accompagna un'altra formica a visitarlo, se anche questa lo trova adatto, entrambe accompagnano altre due formiche  e se anch’esse lo trovano ottimale condividono la scoperta con altre e così via trasferendo l’informazione a ritmo esponenziale.  
Ciò determina un flusso sempre maggiore di sopralluoghi che giunto al quorum di gradimento della popolazione cioè una maggioranza significativa è approvato e le rimanenti formiche sono letteralmente prese di peso e portate nella nuova dimora. Anche se  non si è compreso come una volta raggiunta la maggioranza le formiche lo capiscono. Nel caso però, la scelta del primo pioniere non è stata condivisa dall’approvazione dei successivi insetti che ha accompagnato, la ricerca riprende altrove vagliando altre possibilità.
Così in meno di mezza giornata è presa la decisione del nuovo rifugio con un sistema  pragmatico e rapido.
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Il confronto con la nostra società che definiamo democratica ed evoluta sorge spontaneo.
Infatti, noi italiani per esempio, non siamo riusciti dopo dieci anni di dibattiti e petizioni  a ridurre il numero dei parlamentari e il loro sproporzionato stipendio che risulta essere un vero insulto a fronte della riduzione del salario di tutti gli altri membri non privilegiati della società.
Eppure gli uomini si definisco gli animali più evoluti su questo pianeta.
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Ho appreso con stupore che le formiche vivono in armonia con la “Teoria della Complessità”.
Una teoria relativamente recente, scoperta poco più di una cinquantina di anni fa, ignota sino ad allora, ma non certamente alle formiche.
Fino alla comparsa di questa teoria, la realtà,  i sistemi di riferimento ed i problemi ad essi connessi che giungevano all’intelletto dell’uomo erano interpretati e risolti perlopiù con soluzioni lineari, intendendo quest’ultima definizione nell’accezione della teoria sistemica.
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Un piccolo ripasso.
Si definisce un sistema lineare un insieme che può essere scomposto in sistemi più semplici e autonomi.
Dunque un problema complesso quando è lineare è possibile scomporlo in tanti problemi più piccoli e semplici le cui rispettive soluzioni determineranno anche la soluzione del problema generale.
Un’altra caratteristica peculiare di un sistema lineare è data dalle sue variabili che agiscono sul sistema in maniera diretta cioè in somma aritmetica o proporzionale e la cui interazione è definita come “sovrapposizione degli effetti” ed è rappresentata matematicamente in una funzione polinomiale.
Un sistema facile e intuitivo spesso utilizzato per la soluzioni di molti problemi, ma in realtà la maggior parte dei sistemi e dei problemi è non-lineare.
Il modello lineare si adatta in molti casi solo per approssimazione ai variegati aspetti della realtà, compresa la nostra realtà biologica e sociale.
E’ dunque un approccio che alcune volte funziona e altre volte è forviante rispetto ai dati effettivi rilevati a posteriori.
Infatti come detto, nella realtà la maggioranza dei sistemi è non-lineare e questi ultimi sono sistemi dove le variabili sono interdipendenti cioè reciprocamente influenzate.
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La fisica, la chimica, la medicina, la fisiologia ma anche la sociologia e la psicologia sociale  affrontano  così sistemi “complessi” e non lineari.
Definendo il termine “complesso” nel suo significato etimologico derivante dal latino che significa: abbracciato, concatenato. Dunque non è possibile scollegare una variabile dalle altre.
Il modello complesso confluisce nella “Teoria del Caos” quando è composto dai sistemi fisici che  esibiscono una sensibilità esponenziale rispetto alle condizioni iniziali e sono indagati attraverso gli strumenti della fisica-matematica.
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Il Caos è dunque diverso rispetto al complesso ed è generalmente inteso dalla nostra percezione come confusione.
La Teoria del Caos si occupa in definitiva di comprendere, misurare e se possibile prevedere come un piccolo cambiamento, magari di una variabile impercettibile e apparentemente insignificante, determina un evento inaspettato e imprevisto di dimensioni ridondanti o iperboliche.
E' celebre l'esempio del “butterfly effect”.
La farfalla che con il suo battito d’ali in Cina determina un uragano in Texas.
Un risultato apparentemente inaspettato rispetto alla sua causa scatenante che ben stigmatizza con una iperbole retorica una realtà con cui spesso facciamo i conti.
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Se ad esempio lasciamo aperto un rubinetto dell’acqua in una vasca chiusa essa si riempirà in un certo tempo in proporzione al flusso di acqua che ne discende. Se in questa vasca inoltre aggiungiamo ogni minuto un mattone di volume conosciuto è ancora possibile il calcolo esatto del tempo che impiegherà l’acqua a straripare dalla vasca (approccio lineare); Naturalmente è necessario conoscere anche la capacità volumetrica del contenitore e in generale potremmo sempre avere una soluzione al nostro quesito iniziale cioè: "Tra quanto dovremo chiamare i pompieri?"
Fatto salvo che restano inalterate le condizioni del sistema, ma se conosciamo anche il valore delle possibili variabili incidenti e interdipendenti (ad esempio la pressione barometrica con la tensione superficiale del liquido) potremmo avere un dato sempre più accurato entrando sempre più in un sistema complesso e non lineare.
Questo almeno in teoria.
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Nella realtà potrebbe  accadere che si stacchi un pezzo di soffitto e cada proprio nella vasca durante l’esperimento mandando a ramengo il nostro calcolo.
Tra le ipotesi possibili ci possono essere di fatto anche eventi improbabili, ma ragionevolmente avverabili il cui effetto supererà di gran lunga la causa.
Potrebbe accadere che la bella vicina della porta accanto (la cui doccia è guasta) decida di fare il bagno nella casa del fortunato sperimentatore e proprio durante l’esperimento in parola, regalandogli non solo una splendida visone, cambiandogli magari la serata e sicuramente modificando il risultato del test.
Questo fatto, quasi insignificante e improbabile, potrebbe addirittura determinare un risultato dal valore notevolissimo se lo sperimentatore e la bella vicina folgorati da improvviso amore decidessero di partire per una romantica vacanza fregandosene del risultato dell’esperimento e convergendo così in un perfetto sistema caotico.
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Dunque: “Escluso l’impossibile, per quanto improbabile, quello che resta è la verità.”
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Giocando con gli esempi ne prendo un altro in prestito dalla storia per evidenziare come si evolve in modo imprevisto un sistema caotico a noi molto vicino: la società umana.
E’ il caso di un oscuro errore giudiziario avvenuto in Palestina circa duemila anni fa.
Parlo della vicenda del figlio di un modesto falegname che credeva di essere un messia ebraico, anzi il Messia.
Il buon uomo voleva probabilmente solo essere accettato dai suoi concittadini ebrei, invece finì condannato crudelmente e ingiustamente su una croce romana patendo una fine dolorosa e solitaria.
Se avesse mantenuto un profilo un po’ più basso, anonimo, discreto e meno in contrasto con le certezze dogmatiche della religione autoctona probabilmente avrebbe avuto il tempo di farsi una famiglia con la Maddalena, ma questa è un’altra storia.
Cosa sarebbe stato meglio per lui: vivere con una moglie o finire su una croce? Non sono sicuro di poter dare una risposta, perché a volte le due cose si confondono.
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Ecco che un fatto insignificante nel panorama storico generale (non ci sono prove certe dell’esistenza di Gesù ) ha innescato una serie di eventi connessi e interdipendenti per cui noi oggi ci ritroviamo un sistema religioso chiamato Santa Chiesa Apostolica Romana e dobbiamo fare i conti con un sacco di preti che non lavorano e che non hanno mai lavorato. Curiosamente questa associazione a delinquere di stampo religioso detiene l’impero immobiliare più grande al mondo.
Grazie anche al seguito di circa un miliardo di sostenitori più o meno convinti e più o meno critici rispetto alle bestialità che gli sono rifilate come "verità dogmatiche" anche se questa definizione è in effetti un ossimoro: un dogma di fatto non ha bisogno di essere provato e quindi di essere vero.
Se quella oscura e tragica vicenda non si fosse svolta come si è svolta (ammesso che si sia svolta) oggigiorno andremmo ancora al tempio di Marte oppure di Giove per elevare le nostre preghiere ugualmente inutili e devolveremmo l’otto per mille delle nostre fatiche agli Dei dell’Olimpo invece che ai Santi del Paradiso; Magari occuperemmo il tempo e le risorse in maniera più utile? Chi può dirlo?
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Tornando al presente e a cose più tangibili ho accennato ai “sistemi complessi” ma non li ho definiti come “sistemi complicati”, perché il significato della parola “complicato” è molto diverso;  Infatti la radice è sempre latina, ma complicato significa “annodato, ripiegato” cioè definisce un sistema in cui non si trovano parti concatenate ma nascoste, cioè non visibili e non percepite.
Il senso è quindi completamente differente.
Cosa c’entra con l’uomo, la realtà e la scienza? Cosa c’entra con le formiche? Molto, a mio modesto parere.
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Quelle suggerite sono teorie  niente affatto semplici che non padroneggio per farne una discettazione scientifico-matematica.
In fondo  non è mio desiderio tracciare equazioni sulla lavagna e fare a fette gli attributi dei pochi che sono riusciti ad arrivare sin qui nella lettura con già mezzo mal di testa in canna.
La mia indagine è più prosaica, meno finalizzata alla definizione della teoria in sé, ma piuttosto desidero tratteggiarla per delineare un paesaggio di più ampio respiro, direi filosofico se la parola ormai non facesse venire il latte alle ginocchia un po’ a tutti.
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Ricongiungendomi così all’analisi dei modelli esposti ecco che osservo che la maggior parte delle persone affronta la vita con un approccio lineare, calcolando costi e ricavi in maniera aritmetica e dividendo la maggior parte dei problemi in incognite più semplici, affrontando l’esistenza a comparti: il lavoro, la famiglia, le amicizie, le avventure. Un atteggiamento che la psicologia definirebbe schizofrenico.
Alcuni, i più saggi e previdenti, preferiscono un sistema più complesso, valutando ogni possibile variabile e sua correlazione con un approccio più sinergico alla vita.
Ma in ultima analisi la vita è un sistema caotico. Il calcolo degli effetti delle moltissime variabili diviene talmente complesso che risulta oltre il nostro modesto intelletto.
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Appare evidente, alla luce di questa idea che il nostro approccio alla realtà con questi tre possibili modelli di precisione e complessità diversa, è inadeguato a fronte del paradosso di alcune situazioni spesso familiari.
Prendiamo il caso di un salutista trentenne che non beve e non fuma e regola la propria esistenza tra sport e alimenti integrali, evitando ogni possibile rischio alla propria salute; egli pianifica l’obiettivo di allungare (?) e migliorare la sua esistenza grazie ad un approccio lineare.
Magari il buon uomo valuta tutte le possibile cause di rischio, stipula ogni genere di polizza assicurativa, risparmia il suo denaro, non affronta nessun pericolo sconsiderato, utilizzando per quanto consente la sua capacità cognitiva, un sistema complesso il più possibile ampio.
Prevede quasi tutto; Dimenticando forse che non c'è nulla di più triste di un destino certo.
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Poi, un giorno, questo personaggio in perfetta salute, attraversa la strada sulle strisce pedonali ed è preso in pieno da un furgone DHL che arriva a tutta birra.
Muore come un cane. Una smorfia incredula disegnata sulla faccia e una macchia rossa che si allarga sull'asfalto sono le utlime cose che lascia al mondo. 
Il veicolo è sbucato da una strada in contromano, perché il conducente è ubriaco e furioso; L'autista è stato appena lasciato dalla sua  fidanzata che si è messa con il suo migliore amico e si è sfogato nell'alcol e poi guidando come un pazzo.
Un evento lontanissimo e senza quasi collegamento con il nostro eroe della salute si è colliso con la traettoria retta e prevedibile della sua vita e gli è costato la pelle.
Tutto il suo daffare per prevenire ogni pericolo non è servito a nulla.
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Questo succede perché forse non conosceva la teoria del Caos? Forse, ma accade e neanche tanto di rado. 
Personalmente se certamente mi sfuggono le complesse equazioni del Caos, non mi sfugge il macabro umorismo che ne deriva.

La rappresentazione grafica della funzione di ogni sistema vivente è la parabola. Nasce, cresce, muore. Più alto è l'apice più rovinosa sarà la caduta.
Mai come ora hanno vissuto sul terzo pianeta del sole così tante persone che abitano città gigantesche e viaggiano così tanto. Un vero paradosso alla Teoria dei Sistemi, alle regole della Natura e alle  leggi della Fisica. La Nemesi che attende inevitabilmente il genere umano sarà il pagamento dell'ultimo pedaggio per tanta grandezza senza il minimo valore.
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Considerazioni generali a parte, appare evidente come l’uomo comune pur non entrando quasi mai in profondità nel suo approccio alla realtà, perché sempre occupato nei propri impicci ne percepisce comunque la profonda angoscia, derivante dall'effimera insicurezza del vivere e dal ancor più effimero senso che egli dà a questa esistenza.
Ho notato, nel mio peregrinare in questo mondo assai comico che tra le più prevedibili reazioni umane c'è la negazione e l'inganno.
La negazione al fatto inaspettato in quanto tale e l'inganno, usualmente rivolto a se medesimo grazie alla più fantasiosa irrazionalità.
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Come nell’antica tragedia greca il finale, solitamente ingarbugliatissimo era dipanato da un improbabile intervento in extremis del Deus ex machina, ove una divinità discendeva sugli umani e ne compiva il destino, secondo i meriti e le simpatie, salvandoli o castigandoli e consentendo un facile finale alla rappresentazione; Anche l’uomo moderno ricorre a questa immatura soluzione per lenire l’angoscia e la paura della sua fine certa in un divenire incerto.
L’uomo ha così creato un Dio, un Buddha, un Tao, qualunque cosa possa fargli credere alla certezza che nel mondo c’è una legge, c’è una regola, ma soprattutto vi è qualcuno tanto potente che la garantirà.
Non importa se esiste, se ogni dato concreto non supporta questa fantasia, questa credenza, questa suprestizione. Di fronte alla necessità psicologica non c'è spazio per il contraddittorio.
Nell'essere umano il bisogno di lenire l'insicurezza del esistere (che comunque in profondità rimane) è rimossa sempre traslandola fuori da se stesso, perché nella propria  interiorità non ci vuole guardare. Figuriamoci poi se ci vuole andare fino in fondo.
Si abbranca a qualunque pseudo-sicurezza come un naufrago ad un compagno tirandolo a fondo con lui, invece di cominciare a nuotare con le sue forze.
Si adotta così un atteggiamento che se non fosse condiviso da tante persone mature, non si farebbe fatica a definire puerile e banalmente consolatorio.
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Nei casi migliori questo assurdo essere cerca la verità attraverso dei maestri.
Non comprendendo che l'unico vero Maestro è colui che distrugge in noi l'idea che abbiamo bisogno di un maestro.
Perchè la verità è oltre il limite delle convenzioni e in quel territorio sconosciuto nulla e nessuno può prepararti.
L'unica e sola riposta vera è la propria.
L'addestramento è inutile, solo la fiducia in te stesso può soccorrerti.  
"Hic sunt leones" scrivevano gli antichi Romani sulle mappe dove il terreno era inesplorato: qui ci sono i leoni.
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Personalmente non credo in nulla che non sia confortato da una mia percezione che mi sforzo di liberare il più possibile dal pregiudizio; Non vivo in un letto di rose, ma almeno mi è risparmiata questa follia condivisa.
Senza presunzione posso dire che abito comodamente il mio corpo, lo vivo cioè  come il mio strumento per essere. Senza di lui (il corpo) nulla potrebbe accadere in me e fuori di me in questa dimensione.
Alla logica aristotelica preferisco la logica fuzzy dei sistemi sfumati; al bianco e nero preferisco le mille sfumature di rosso del mio conto corrente.
Non mi aspetto una retribuzione materiale o emozionale del mio fare spontaneo.
Patisco le delusioni, certamente, ma sono  il segno che mi indica che il mio comportamento non è puro.
Perché la purezza, non è  certamente quella dei moralismi, ma è l'azione libera dal frutto del risultato.
Cerco anche di non riempire più la mia vita col passato e lascio così un po' di posto al presente. Non è facile ma mi impegno seriamente in questo. 
Non vivo l’angoscia dell’annichilimento e della morte, perché l'ho trascesa con la curiosità.
 
L’immensa curiosità del dopo, e se questo "dopo" non ci sarà, beh!  Non sarà un gran problema, perché non ci sarà neanche un "qualcuno" che se ne rammaricherà. 
In ogni modo la mia curiosità l'avrò data ad ogni secondo di vita cui mi concedo senza pudori, roteando nudo come in un ballo primitivo, nella meravigliosa e terribile danza del Caos.
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venerdì 8 novembre 2013

Cuori Ingrati


Ovvero: imparziale analisi della vita umana su questo curioso pianeta.
 
La nostra vita può sembrare passabile, normale, ispirata dai migliori sentimenti e dal reciproco rispetto. Una quotidianità che persegue la ricerca della verità o almeno della sincerità, peccato che non sia così.
Viviamo purtroppo in un continuo fraintendimento delle nostre pulsioni e delle reazioni dei nostri simili in una dimensione di indeterminatezza del futuro.
L’ombra di una morte certa, poi, ci segue anche al buio.
Questa marcia notturna si compie perché non accendiamo una luce di obiettività  in noi stessi.
Non prendiamo coscienza, spietatamente, della nostra sordida dimensione egoista, dell’aria fritta delle nostre “opinioni” e del semplice fatto che viviamo solo per noi stessi in un mondo pieno di mistero che ci passa accanto il più delle volte senza essere colto.
Spinti da momentanei e del tutto fortuiti e casuali, moti di un sentimentalismo a buon mercato, viviamo altalenanti momenti di eccitazione e di sconforto che ci soverchiano come una zattera sommersa dalle onde di un mare in burrasca.
Senza un primo passo nella direzione giusta, ogni cammino porta lontano da un obiettivo e  penso che la meta per ogni persona sia arrivare a se stesso ed a una comunque improbabile emancipazione dalla schiavitù e dalla violenza in cui siamo immersi.
Qual è l’unico reale desiderio di un uomo se non vivere pienamente una libertà incondizionata? Non posso parlare per tutti ma questo è sicuramente vero per me.
Però, viviamo sempre un scontro interiore tra i condizionamenti e la natura autentica del nostro essere e immancabilmente proiettiamo questo conflitto sui nostri simili.
Non vedendo il male dentro di noi siamo così costretti a viverlo fuori di noi.
Ho usato il termine spietato perché spesso, con noi stessi siamo troppo indulgenti.
Ce la raccontiamo, e quando facciamo il punto della situazione, nel nostro lettino la sera, prima di “continuare” a dormire ci vendiamo un sacco di bugie.
Poco male se non accadesse che di mattino, queste menzongne non diventassero “magicamente” delle verità.
Il nostro corpo è pieno di tensioni che urlano la nostra disarmonia, la mente è confusa,
iper- stimolata dalla frenesia di una vita ormai adusa a ritmi fuori controllo; Che dire dei pensieri che ormai non si basano altro che su opinioni balzane invece che su dei dati reali?
Ieri sera nel traffico caotico della città, mentre il tramonto avvampava il cielo ho visto in un automobile vicina  un uomo solo al volante della sua autovettura che gridava in un auricolare e litigava forse con qualcuno, mi è parsa una rappresentazione molto reale della vita.
E’, sintetizzando, una follia. Si creano nemici fuori di noi per non affrontare l’unico vero nemico che abbiamo in questa esistenza: il mistero di cosa siamo.
Stupisce che questa semplice verità sfugga ai più, costringendoli a vivere un’esistenza di plastica, con rapporti di bieca convenienza e con atteggiamenti assolutamente privi della minima sensibilità umana.
Non che si debba essere tutti dei S. Francesco, ma almeno un po’ di classe! Un po’ di modo! Almeno un po’ di sincerità, magari solo con se stessi.
Uso volutamente degli aggettivi dispregiativi per descrivere questa malattia del vivere ma in senso lato, non tanto per dare un giudizio morale, ma pragmatico ed è in questa prospettiva che va vista la cosa.
Penso che se nel breve questo comportamento di continuo fraintendimento e di menzogna porti comunque ad un vantaggio, su vasta scala, nel tempo, costruisca intorno ad ognuno una camera di tortura in cui il boia e il condannato convivono nella stessa persona: noi.
Diciamo giusto per semplificare che la vita è una lotta, dove siamo buoni, quando non abbiamo le palle per essere cattivi o ancora peggio, quando siamo semplicemente più deboli.
E’ curioso che di fronte ad un ergastolano armato tutti trovino l’autocontrollo, salvo magari perderlo con i figli, la moglie o il vicino striminzito e rompipalle.
Per non parlare di quando siamo condizionati a tal punto da una morale che non è nostra, cioè che non si basa sulla nostra reale esperienza, che ci obbliga a comportarci aderendo ai cosiddetti canoni sociali di “brava persona”, pena il senso di colpa e l’inquietudine.
Che libertà è mai questa? Che dignità c’è in tutto questo?
Che l’uomo è egoista e in ogni azione che compie ricerchi il proprio benessere e tornaconto è citare l’ovvio, ma come vivere questo imperativo è un altro paio di maniche.
Fra due mondi: uno di indifferenza ed uno di compassione e di partecipazione c’è una distanza siderale.
Bisogna forse toccare il fondo per poter salire. Senza questa conoscenza solida, vivida e costantemente presente nel nostro essere ogni libertà ci è preclusa.
Di quale libertà parlo, però?
Libertà da se stessi, o almeno da quel costrutto artificiale che confondiamo considerandola come il nostro carattere invece di trovare la nostra realtà utlima.
Ecco che la miopia con cui guardiamo ci ha spinto sull’orlo di un baratro, io vorrei fare invece un passo avanti.
Per chi non ha ormai rinunciato a porsi una domanda onesta è inevitabile analizzare seriamente, la vita che, senza paura di sbagliare, definirei per tutti un po’ disperata.
Perché?
Semplicemente basta guardare agli elementi costitutivi della nostra esistenza simile per tutti, ovvero: noi stessi, le persone che ci circondano, il lavoro, la nostra posizione in seno alla società, il futuro.
Ordinerei gli argomenti a tal proposito in maniera inversa al mio personale ordine di importanza.
Comincerei con quello strano virus chiamato futuro.
“Del doman non v’è certezza” cantava il poeta, ma quale domani ? Di rimando interrogo a mia volta.
In alcune tribù aborigene della Nuova Guinea il futuro non esiste, è considerato parte integrante del presente. E’ per così dire quasi-presente (con le dovute approssimazioni). La loro vita parla per loro, scevra dalla violenza e dalla gelosia non hanno conosciuto nelle ultime migliaia di anni un solo conflitto né le aberrazioni ed i reati di cui i nostri giornali stilano il bollettino ogni giorno.
Sarà un caso?
Personalmente mi sento molto vicino a questi “selvaggi”, mi sveglio la mattina e penso: “Arriverò a stasera?” e curiosamente vivo sereno.
Forse da questo virus sono solo stato contagiato in misura minore, non saprei che dire, ma penso che più il futuro è parte nella mente e più divora il presente, un po’ come Kronos il Dio del tempo che divorava i propri figli.
In quanto all’organizzazione sociale, ottimisticamente dire che la nostra società è un inferno.
A parte le iniziative di facciata che tendono, più che a risolvere i problemi, a procrastinarli o meglio a dissimularli agli occhi dei più, vediamo bene che è tutto un mangia, mangia.
L’ambiguità, la disorganizzazione, lo spreco e la totale mancanza di una posizione critica delle persone dipinge un quadro allucinante del nostro vivere.
Momentaneamente la nostra vita appare piana, ma basta veramente poco per sollevare il tappeto e camminare nell’immondizia.
Basta una malattia improvvisa per iniziare il calvario del nostro sistema sanitario, più rischioso di una roulette russa.
Basta incontrare la persona sbagliata nel momento sbagliato per verificare quanta poco sicurezza sociale può offrire lo sbandierato “comparto sicurezza” della nostra società civile.
Basta un piccolo sopruso o peggio un errore dettato della fatalità per verificare che il nostro ordine giuridico e giudiziario è una giungla, dove solo i più spietati vivono nell’impunità e il margine di errore che porta a sentenze giuste è di fatto ampissimo e strettamente legato a elementi che di giusto hanno veramente solo il nome.
Quando esci dalla porta di casa sei in un campo di battaglia e se, sino ad ora è andata bene, non significa veramente nulla. Basta chiedere in giro e si vedrà che le bombe cadono continuamente intorno a noi.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro esso invece rasenta la comicità.
L’incompetenza la fa da padrone, ora che le qualifiche hanno lasciato il passo alle capacità.
Qualunque cretino con una laurea può commettere ogni sbaglio, dire ogni stupidata purché l’apparente logica del profitto sia rispettata, salvo poi ritorcesi costantemente contro tutti noi.
L’ostracismo è applicato a persone valide che hanno l’unico demerito di essere fuori “target” per età, formazione atipica, perchè magari non hanno la tessera di partito o semplicemente sono “fuori del coro”. E’ dunque il trionfo della forma sulla sostanza.
Leonardo da Vinci non era certo laureato in ingegneria né Giotto aveva il diploma dell’accademia di Belle Arti, ma non mi sembra che mancassero di nulla.
Senza fare esempi illustri la qualità artigiana del 600’ era di un’abilità che rasentava l’arte.
Ci basta portare l’automobile dal meccanico o dal carrozziere per sperimentare la disonestà e il pressappochismo del nostro odierno, ma non è che i broker di Piazza Affari siano più capaci, certamente sono meglio vestiti, ma per il resto…
Nella sfera più prossima a noi ecco, dopo questo lungo panegirico, che arrivo alle persone care (care in termini di costo o di valore? Mah!)
I nostri amori, le nostre amicizie, i conoscenti.
I conoscenti appaiano al mio occhio cinico inutili come un culo senza buco, con quelle facce finte, ti salutano, ma non mi stupirei se tirassero fuori un mitra se solo gli occupi il posteggio riservato alla loro automobile.
Le amicizie (vere) non ho idea se esistano per sempre o siano una sorta di leggenda metropolitana, la pletora di “amici del sole” ovvero quelli che quando le cose vanno bene sono tutti pappa e ciccia e quando c’è da far festa spuntano come le cavallette, la fanno da padroni nella vita di ognuno, almeno nella mia ci sono stati.
Personalmente di “amici” ne ho avuti tanti, qualche d’uno credo vero, ma alla fine ognuno è perso nei fatti suoi, ma non mi sento di giudicarli con severità.
Penso che un po’ sia giusto così, ognuno alla fine deve vivere la sua vita e darsi troppa importanza è veramente una perdita di proporzioni, un atteggiamento infantile, però a volte una telefonata, un”come va?” sincero, una birra dopo il lavoro non sarebbe difficile realizzarlo come abitudine.
Gli amori, poi…caliamo un velo pietoso, ma se vogliamo proprio sollevarlo ecco che il panorama generale è a dir poco desolante.
Mogli apparentemente affidabili come Station Wagon che abbandonano i rispettivi consorti dopo anni di vita insieme e diventando i peggiori nemici del ex partner con cui hanno fatto magari dei figli, e gli si avventano contro senza alcuna pietà come dei Gengis Khan redivivi.
Similmente mariti che dietro ad una bella sottana dimenticano tutto, anche di avere una famiglia, si lanciano nell’ultimo corso di salsa e merengue, intontiti dal viagra come un hippy degli anni 70’.
Amanti e fidanzati, disposti a buttarsi nel fuoco (a parole) poi nel confronto stridente con la realtà e nel tempo regalano un’indifferenza che lascia basiti.
Mia nonna diceva: “L’amore si misura in quanti centimetri di culo uno è disposto a rischiare per te”. Mettere alla prova chi ci è in torno ci farà conoscere se lo spazio lasciato aperto per il rischio è della dimensione di un coriandolo o di un arazzo.
Questi sono i meravigliosi personaggi che stretti fra loro ballano e si scambiano le coppie, è un tragico samba che ci ostiniamo con presunzione a chiamare esistenza umana.
Veramente nel caso delle relazioni umane bisogna proprio dire che: l’unica certezza è il dubbio.
 Quello che mi lascia estremamente divertito sono ancora una volta i modi in cui si “scaricano” gli altri. Perché alcune volte i modi rivelano l’essenza.
Mi sembra giusto che una persona scelga nel proprio interesse liberamente, però, e sottolineo il però, non per questo bisogna camminare su una montagna di cadaveri.
Magari si potrebbe trovare il modo di andarsene lasciando dietro di se un eco di poesia, un profumo del tempo che fu, un ricordo tinto di cordialità.
Invece c’è solo indifferenza, scostante rabbia e soprattutto mancanza di umanità e diciamocelo senza classe.
Un sms, una telefonata, alla meglio una lettera e centinaia di orgasmi meravigliosi, confidenze, sogni e slanci vanno nel cesso.
Penso che una colf da licenziare per scarso rendimento sia trattata con maggior tatto.
Lei o Lui si gira, ti fa ciao con la manina e via così, avanti un altro finché c’è posto.
Un attimo e non sei più NIENTE. Cancellato.
Senza la minima sensibilità, con lo stesso rimorso di uno squalo molti miei simili pinneggiano verso un mare più pescoso.
E non gli devi neanche far balenare il senso di colpa! Subire e tacere come a naja.
Ti lasciano lì agonizzante come dopo che ti hanno investito con un pullman, ridendo, con il loro stereo a tutto volume che da voce ai blues brother che cantano: Gimme Some Lovin', e manco chiedono permesso per passarti sopra. Ahia!
Fuori categoria da questo concorso del “Meglio del peggio”, ci sono i genitori e i familiari forse i parenti, che però non abbiamo scelto e che sono come i cioccolatini in una scatola, li prendi ma non sai mai quale ti capita.
Essere amati o maltrattati è solo una questione di fato e di fortuna?
Di quale merito possiamo ammantarci e di quale mancanza possiamo rammaricarci se le cose vanno comunque in maniera così inaspettata?
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Alla fine mi sembra che l’unica speranza per vivere meglio e più degnamente è nel fare tutti propria una semplice volontà: “Che il cuore, anche se non è abbastanza grande da contenere tutti, almeno non sia un cuore ingrato”.