venerdì 8 novembre 2013

Cuori Ingrati


Ovvero: imparziale analisi della vita umana su questo curioso pianeta.
 
La nostra vita può sembrare passabile, normale, ispirata dai migliori sentimenti e dal reciproco rispetto. Una quotidianità che persegue la ricerca della verità o almeno della sincerità, peccato che non sia così.
Viviamo purtroppo in un continuo fraintendimento delle nostre pulsioni e delle reazioni dei nostri simili in una dimensione di indeterminatezza del futuro.
L’ombra di una morte certa, poi, ci segue anche al buio.
Questa marcia notturna si compie perché non accendiamo una luce di obiettività  in noi stessi.
Non prendiamo coscienza, spietatamente, della nostra sordida dimensione egoista, dell’aria fritta delle nostre “opinioni” e del semplice fatto che viviamo solo per noi stessi in un mondo pieno di mistero che ci passa accanto il più delle volte senza essere colto.
Spinti da momentanei e del tutto fortuiti e casuali, moti di un sentimentalismo a buon mercato, viviamo altalenanti momenti di eccitazione e di sconforto che ci soverchiano come una zattera sommersa dalle onde di un mare in burrasca.
Senza un primo passo nella direzione giusta, ogni cammino porta lontano da un obiettivo e  penso che la meta per ogni persona sia arrivare a se stesso ed a una comunque improbabile emancipazione dalla schiavitù e dalla violenza in cui siamo immersi.
Qual è l’unico reale desiderio di un uomo se non vivere pienamente una libertà incondizionata? Non posso parlare per tutti ma questo è sicuramente vero per me.
Però, viviamo sempre un scontro interiore tra i condizionamenti e la natura autentica del nostro essere e immancabilmente proiettiamo questo conflitto sui nostri simili.
Non vedendo il male dentro di noi siamo così costretti a viverlo fuori di noi.
Ho usato il termine spietato perché spesso, con noi stessi siamo troppo indulgenti.
Ce la raccontiamo, e quando facciamo il punto della situazione, nel nostro lettino la sera, prima di “continuare” a dormire ci vendiamo un sacco di bugie.
Poco male se non accadesse che di mattino, queste menzongne non diventassero “magicamente” delle verità.
Il nostro corpo è pieno di tensioni che urlano la nostra disarmonia, la mente è confusa,
iper- stimolata dalla frenesia di una vita ormai adusa a ritmi fuori controllo; Che dire dei pensieri che ormai non si basano altro che su opinioni balzane invece che su dei dati reali?
Ieri sera nel traffico caotico della città, mentre il tramonto avvampava il cielo ho visto in un automobile vicina  un uomo solo al volante della sua autovettura che gridava in un auricolare e litigava forse con qualcuno, mi è parsa una rappresentazione molto reale della vita.
E’, sintetizzando, una follia. Si creano nemici fuori di noi per non affrontare l’unico vero nemico che abbiamo in questa esistenza: il mistero di cosa siamo.
Stupisce che questa semplice verità sfugga ai più, costringendoli a vivere un’esistenza di plastica, con rapporti di bieca convenienza e con atteggiamenti assolutamente privi della minima sensibilità umana.
Non che si debba essere tutti dei S. Francesco, ma almeno un po’ di classe! Un po’ di modo! Almeno un po’ di sincerità, magari solo con se stessi.
Uso volutamente degli aggettivi dispregiativi per descrivere questa malattia del vivere ma in senso lato, non tanto per dare un giudizio morale, ma pragmatico ed è in questa prospettiva che va vista la cosa.
Penso che se nel breve questo comportamento di continuo fraintendimento e di menzogna porti comunque ad un vantaggio, su vasta scala, nel tempo, costruisca intorno ad ognuno una camera di tortura in cui il boia e il condannato convivono nella stessa persona: noi.
Diciamo giusto per semplificare che la vita è una lotta, dove siamo buoni, quando non abbiamo le palle per essere cattivi o ancora peggio, quando siamo semplicemente più deboli.
E’ curioso che di fronte ad un ergastolano armato tutti trovino l’autocontrollo, salvo magari perderlo con i figli, la moglie o il vicino striminzito e rompipalle.
Per non parlare di quando siamo condizionati a tal punto da una morale che non è nostra, cioè che non si basa sulla nostra reale esperienza, che ci obbliga a comportarci aderendo ai cosiddetti canoni sociali di “brava persona”, pena il senso di colpa e l’inquietudine.
Che libertà è mai questa? Che dignità c’è in tutto questo?
Che l’uomo è egoista e in ogni azione che compie ricerchi il proprio benessere e tornaconto è citare l’ovvio, ma come vivere questo imperativo è un altro paio di maniche.
Fra due mondi: uno di indifferenza ed uno di compassione e di partecipazione c’è una distanza siderale.
Bisogna forse toccare il fondo per poter salire. Senza questa conoscenza solida, vivida e costantemente presente nel nostro essere ogni libertà ci è preclusa.
Di quale libertà parlo, però?
Libertà da se stessi, o almeno da quel costrutto artificiale che confondiamo considerandola come il nostro carattere invece di trovare la nostra realtà utlima.
Ecco che la miopia con cui guardiamo ci ha spinto sull’orlo di un baratro, io vorrei fare invece un passo avanti.
Per chi non ha ormai rinunciato a porsi una domanda onesta è inevitabile analizzare seriamente, la vita che, senza paura di sbagliare, definirei per tutti un po’ disperata.
Perché?
Semplicemente basta guardare agli elementi costitutivi della nostra esistenza simile per tutti, ovvero: noi stessi, le persone che ci circondano, il lavoro, la nostra posizione in seno alla società, il futuro.
Ordinerei gli argomenti a tal proposito in maniera inversa al mio personale ordine di importanza.
Comincerei con quello strano virus chiamato futuro.
“Del doman non v’è certezza” cantava il poeta, ma quale domani ? Di rimando interrogo a mia volta.
In alcune tribù aborigene della Nuova Guinea il futuro non esiste, è considerato parte integrante del presente. E’ per così dire quasi-presente (con le dovute approssimazioni). La loro vita parla per loro, scevra dalla violenza e dalla gelosia non hanno conosciuto nelle ultime migliaia di anni un solo conflitto né le aberrazioni ed i reati di cui i nostri giornali stilano il bollettino ogni giorno.
Sarà un caso?
Personalmente mi sento molto vicino a questi “selvaggi”, mi sveglio la mattina e penso: “Arriverò a stasera?” e curiosamente vivo sereno.
Forse da questo virus sono solo stato contagiato in misura minore, non saprei che dire, ma penso che più il futuro è parte nella mente e più divora il presente, un po’ come Kronos il Dio del tempo che divorava i propri figli.
In quanto all’organizzazione sociale, ottimisticamente dire che la nostra società è un inferno.
A parte le iniziative di facciata che tendono, più che a risolvere i problemi, a procrastinarli o meglio a dissimularli agli occhi dei più, vediamo bene che è tutto un mangia, mangia.
L’ambiguità, la disorganizzazione, lo spreco e la totale mancanza di una posizione critica delle persone dipinge un quadro allucinante del nostro vivere.
Momentaneamente la nostra vita appare piana, ma basta veramente poco per sollevare il tappeto e camminare nell’immondizia.
Basta una malattia improvvisa per iniziare il calvario del nostro sistema sanitario, più rischioso di una roulette russa.
Basta incontrare la persona sbagliata nel momento sbagliato per verificare quanta poco sicurezza sociale può offrire lo sbandierato “comparto sicurezza” della nostra società civile.
Basta un piccolo sopruso o peggio un errore dettato della fatalità per verificare che il nostro ordine giuridico e giudiziario è una giungla, dove solo i più spietati vivono nell’impunità e il margine di errore che porta a sentenze giuste è di fatto ampissimo e strettamente legato a elementi che di giusto hanno veramente solo il nome.
Quando esci dalla porta di casa sei in un campo di battaglia e se, sino ad ora è andata bene, non significa veramente nulla. Basta chiedere in giro e si vedrà che le bombe cadono continuamente intorno a noi.
Per quanto riguarda il mondo del lavoro esso invece rasenta la comicità.
L’incompetenza la fa da padrone, ora che le qualifiche hanno lasciato il passo alle capacità.
Qualunque cretino con una laurea può commettere ogni sbaglio, dire ogni stupidata purché l’apparente logica del profitto sia rispettata, salvo poi ritorcesi costantemente contro tutti noi.
L’ostracismo è applicato a persone valide che hanno l’unico demerito di essere fuori “target” per età, formazione atipica, perchè magari non hanno la tessera di partito o semplicemente sono “fuori del coro”. E’ dunque il trionfo della forma sulla sostanza.
Leonardo da Vinci non era certo laureato in ingegneria né Giotto aveva il diploma dell’accademia di Belle Arti, ma non mi sembra che mancassero di nulla.
Senza fare esempi illustri la qualità artigiana del 600’ era di un’abilità che rasentava l’arte.
Ci basta portare l’automobile dal meccanico o dal carrozziere per sperimentare la disonestà e il pressappochismo del nostro odierno, ma non è che i broker di Piazza Affari siano più capaci, certamente sono meglio vestiti, ma per il resto…
Nella sfera più prossima a noi ecco, dopo questo lungo panegirico, che arrivo alle persone care (care in termini di costo o di valore? Mah!)
I nostri amori, le nostre amicizie, i conoscenti.
I conoscenti appaiano al mio occhio cinico inutili come un culo senza buco, con quelle facce finte, ti salutano, ma non mi stupirei se tirassero fuori un mitra se solo gli occupi il posteggio riservato alla loro automobile.
Le amicizie (vere) non ho idea se esistano per sempre o siano una sorta di leggenda metropolitana, la pletora di “amici del sole” ovvero quelli che quando le cose vanno bene sono tutti pappa e ciccia e quando c’è da far festa spuntano come le cavallette, la fanno da padroni nella vita di ognuno, almeno nella mia ci sono stati.
Personalmente di “amici” ne ho avuti tanti, qualche d’uno credo vero, ma alla fine ognuno è perso nei fatti suoi, ma non mi sento di giudicarli con severità.
Penso che un po’ sia giusto così, ognuno alla fine deve vivere la sua vita e darsi troppa importanza è veramente una perdita di proporzioni, un atteggiamento infantile, però a volte una telefonata, un”come va?” sincero, una birra dopo il lavoro non sarebbe difficile realizzarlo come abitudine.
Gli amori, poi…caliamo un velo pietoso, ma se vogliamo proprio sollevarlo ecco che il panorama generale è a dir poco desolante.
Mogli apparentemente affidabili come Station Wagon che abbandonano i rispettivi consorti dopo anni di vita insieme e diventando i peggiori nemici del ex partner con cui hanno fatto magari dei figli, e gli si avventano contro senza alcuna pietà come dei Gengis Khan redivivi.
Similmente mariti che dietro ad una bella sottana dimenticano tutto, anche di avere una famiglia, si lanciano nell’ultimo corso di salsa e merengue, intontiti dal viagra come un hippy degli anni 70’.
Amanti e fidanzati, disposti a buttarsi nel fuoco (a parole) poi nel confronto stridente con la realtà e nel tempo regalano un’indifferenza che lascia basiti.
Mia nonna diceva: “L’amore si misura in quanti centimetri di culo uno è disposto a rischiare per te”. Mettere alla prova chi ci è in torno ci farà conoscere se lo spazio lasciato aperto per il rischio è della dimensione di un coriandolo o di un arazzo.
Questi sono i meravigliosi personaggi che stretti fra loro ballano e si scambiano le coppie, è un tragico samba che ci ostiniamo con presunzione a chiamare esistenza umana.
Veramente nel caso delle relazioni umane bisogna proprio dire che: l’unica certezza è il dubbio.
 Quello che mi lascia estremamente divertito sono ancora una volta i modi in cui si “scaricano” gli altri. Perché alcune volte i modi rivelano l’essenza.
Mi sembra giusto che una persona scelga nel proprio interesse liberamente, però, e sottolineo il però, non per questo bisogna camminare su una montagna di cadaveri.
Magari si potrebbe trovare il modo di andarsene lasciando dietro di se un eco di poesia, un profumo del tempo che fu, un ricordo tinto di cordialità.
Invece c’è solo indifferenza, scostante rabbia e soprattutto mancanza di umanità e diciamocelo senza classe.
Un sms, una telefonata, alla meglio una lettera e centinaia di orgasmi meravigliosi, confidenze, sogni e slanci vanno nel cesso.
Penso che una colf da licenziare per scarso rendimento sia trattata con maggior tatto.
Lei o Lui si gira, ti fa ciao con la manina e via così, avanti un altro finché c’è posto.
Un attimo e non sei più NIENTE. Cancellato.
Senza la minima sensibilità, con lo stesso rimorso di uno squalo molti miei simili pinneggiano verso un mare più pescoso.
E non gli devi neanche far balenare il senso di colpa! Subire e tacere come a naja.
Ti lasciano lì agonizzante come dopo che ti hanno investito con un pullman, ridendo, con il loro stereo a tutto volume che da voce ai blues brother che cantano: Gimme Some Lovin', e manco chiedono permesso per passarti sopra. Ahia!
Fuori categoria da questo concorso del “Meglio del peggio”, ci sono i genitori e i familiari forse i parenti, che però non abbiamo scelto e che sono come i cioccolatini in una scatola, li prendi ma non sai mai quale ti capita.
Essere amati o maltrattati è solo una questione di fato e di fortuna?
Di quale merito possiamo ammantarci e di quale mancanza possiamo rammaricarci se le cose vanno comunque in maniera così inaspettata?
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Alla fine mi sembra che l’unica speranza per vivere meglio e più degnamente è nel fare tutti propria una semplice volontà: “Che il cuore, anche se non è abbastanza grande da contenere tutti, almeno non sia un cuore ingrato”.

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