mercoledì 19 gennaio 2011

Quanto è bella giovinezza che si fugge tuttavia...


La gioventù è veramente un attimo fuggente poi, inevitabilmente arriva l'invecchiamento.
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Ti svegli una mattina è trovi un filo bianco nei capelli, magari una piccola cicatrice sul viso; come una linea scritta dal tempo che comincia, pian piano, a diventare più profonda e lunga.
Una trincea necessariamente scavata per rallentare l’avanzata di ciò che sappiamo non poter sconfiggere.

Per me è il modo che ha la Natura di esigere la restituzione di quello che ci ha prestato: salute, forza, bellezza.
Epitteto diceva: “In ogni evento della vita è necessario distinguere fra ciò che è nostro e ciò che invece non ci appartiene”. La gioventù rientra certamente in questa ultima categoria.

Per vivere una vecchiaia dignitosa è essenziale fare affidamento su ciò che la Fortuna e il Tempo non possono portarci via, vale a dire su ciò che abbiamo saputo costruire in noi stessi, indipendentemente dai capricci di questi due tiranni.
E' giusto una "cosina" da nulla! Facile, facile cui anche l'uomo della strada può dedicarsi nei ritagli di tempo, una sorta di bricolage dell'anima. A parte l'ironia è vero proprio il contrario.
Può accadere così che una leggera malinconia (ma guarda un pò) ci sorprende se si indugia nel considerare ciò che man mano si sta perdendo, ma in realtà come ho detto, stiamo solo ricambiando un dono, anzi, a volte ci stiamo solo sgravando di un debito.
Certo sarebbe meglio non restituire nulla di quanto ci è stato affidato, al modo di certi finanzieri e capitani d'industria del nostro paese, ma la Natura non è perfetta come il nostro sistema economico.
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Abbrancarsi poi ostinatamente a ciò che è stato non ferma la realtà che si rinnova in ogni istante, pare nascere e risorgere da se stessa, modificandosi senza spesso la possibilità di una previsione certa; E' come quando si vuole parcheggiare l'automobile in centro, vedi un posto libero fai inversione è non c'è già più. Insomma, tanto per fare un esempio.
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E' necessario così evitare almeno il paradosso vivente di certi uomini e donne che si atteggiano e si mascherano da ventenni senza più esserlo da tanto tempo.
Le cure contro la senilità sono così peggiori della condizione stessa e i risultati estetici cui si perviene sono, il più delle volte, orripilanti.
A questo ineluttabile destino paiono sottrarsi alcuni esponenti del "bel mondo", noti alle cronache, la cui fama e anche (perchè no) il portafoglio adombra qualunque giudizio estetico e dona, a questi poveri uomini soli, la compagnia di giovanissime ninfe.
Tali procaci e voraci donzelle certo bisognose di una matura guida nel dedalo del lavoro più antico del mondo donano a questi ominidi: mendaci momenti di piacere, una piccola riduzione del loro immenso patrimonio e talvolta alcuni tediosi fastidi con la magistratura che è di solito compiacente e cieca con questi privilegiati.
Per la moltitudine (in particolare maschile) si palesa man mano un orizzonte onanistico di desolante intimità. Alcuni scelgono invece una castità forzata per mancanza di stimoli ed occasioni altri una convivenza con un estraneo ostile cui l'anagrafe dà il nome di coniuge.
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Ci si consola, ahimè, che così si entrerà a buon diritto nel Regno dei Cieli, fatto salvo che i posti non siano già occupati dai soliti raccomandati.
Questi fortunati, che ne hanno fatte di tutti colori in vita, hanno sempre l'anima giusta al posto giusto che li aiuta e passano avanti senza pagare il dazio.
Si capisce allora il perchè di tutte quelle udienze papali dove sono sempre gremite di personaggi famosi e politici di spicco: stanno in fila per la prenotazione.
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Tornando su questo povero mondo, pare facile adottare un coraggioso realismo disprezzando ciò che non ha nè meriti né durata, ma non è così semplice.
Coltivare un sogno è d'altronde parte integrante della vita del contribuente medio, il quale ha una dotazione di serie di aspirazioni di alta caratura filosofica che vanno, tanto per esemplificare, dalla gnocca velina (bionda o mora che sia) alla ricchezza intascata con il totogoal in spregio a qualunque merito, passando naturalmente dalla tribuna vip per seguire la squadra del cuore. Con tali ideali largamente condivisi non stupisce la situazione idilliaca che viviamo quotidianamente.
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In buona sostanza mi pare che spesso ci si affanna (me compreso) a mantenere ciò che ormai è passato ad altri.
Rassegnarsi o meglio adeguarsi, trovare una filosofia saggia, reinventarsi come essere umano, magari con il fascino di un bel sorriso (avendo ancora i denti si spera) sono strategie che non fanno vincere la guerra, al massimo qualche battaglia.
Lo sappiamo tutti benissimo, ma è meglio che deprimersi, è meglio che rinunciare alla vita facendosi ipnotizzare negli ultimi anni a disposizione da una telenovela o da programmi demenziali televisivi.
Il ridicolo è sempre un rischio per noi poveri cristi che abbiamo superato la boa della gioventù e non apparteniamo al jet-set. E' sempre in agguato nell'erba come le deiezioni canine quando si passeggia in un giardino pubblico.
Risulta così un'impresa titanica accettare il naturale decadimento, specie se si considerano preziosi i vantaggi della giovinezza dimenticandone però, le stupidità, le ansie inutili e la cecità che spesso accompagnavano i passi arroganti con cui iniziavamo il cammino nell'esistenza.
Una certa maturità e ragionevolezza non sono però, una regola biologica. E' noto che peggio di un giovane stupido c'è solo un vecchio stupido, perchè questi ha più esperienza nell'antica arte dell'idiozia.

A volte, curiosamente mi viene da pensare che se a questo mondo non esistessero gli specchi, forse non esisterebbe neanche la vecchiaia.
Così fra qualche decennio promuoverò un movimento rivoluzionario composto di coetanei della terza età. Lo scopo eversivo sarà distruggere tutte le superfici riflettenti per la salvaguardia della autostima dei non-più-giovani (questi eufemismi, vabbè!).
Certamente questo manipolo di coraggiosi sarà legato a evidenti difficoltà. L'area operativa circoscritta, per esempio, alla lunghezza del tubo del flebo; L'ingombro dei cateteri che non favoriscono i gesti atletici legati ai colpi di mano terroristici. Per non parlare della difficoltà delle comunicazioni fra i membri di questo "gruppo di fuoco", rese ostiche dalla dizione non perfetta propria delle dentiere traballanti.
Immagino il rischio legato alla preparazione di ordigni esplosivi costruiti e manipolati da cospiratori affetti dal morbo di Parkinson.
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"Allora geometra Fusetti, ci vediamo domani alle 6 per mettere la bomba alla fabbrica di specchi"
"Tomba? Quale tomba, chi è morto? Il Cerutti?"
"Bomba! Bomba geometra, ho detto bomba, al Cerutti gli hanno tolto solo la prostata e domani torna a casa dall'ospedale"
"Ah, ho capito! Alle 6? Non posso, ho gli ultrasuoni al ginocchio. Sapesse che male stanotte, l'artrosi non mi fa chiudere occhio e poi, la sciatica anche quella..."
"Allora facciamo alle 8?"
"Eh no! Dopo ho il Bingo"
"Il Bingo? E la Causa non è forse più importante?"
"Certo ragioniere, ma l'ho promesso già al Colasanti"
"Beh! Se c'è anche il Colasanti allora vengo anche io, l'attentato lo facciamo magari un alto giorno"
"Si, si, lo facciamo dopo la gita in pullman ad Albissola"
"Quella gratis? Con quelli che vendono le pentole?"
"Proprio loro, poi si va in trattoria a mangiare, quel posticino dove fanno il brasato che è la fine del mondo"
"Ummm, buono il brasato, ma l'altra volta mi ha fatto acidità, magari prendo lo stinco che è più leggero"
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Si capisce che non sarà facile...
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Tornando invece alla mia riflessione, mi domando e sorrido pensando: -Quanto del mio buon umore dipende come nella favola di Biancaneve dal responso di questo specchio?-
-Molto e spesso, troppo- mi viene sinceramente da rispondere.
Siamo un impasto di briciole tenute insieme dall'orgoglio.
Così l'immagine che percepiamo di rimando è a volte abbagliante e altre invece desolante, ma più realisticamente penso è una sembianza che rivela solo la nostra fragilità, un'evanescenza indistinta e incoerente che è tale perchè è edificata sull'apparenza.
Non di meno sono specchi ingannevoli gli altri, i dolori, i successi, le adulazioni, le vanità, gli ideali, le occasioni buone e le sconfitte brucianti. Tutti elementi opinabili in balia delle circostanze che viviamo invece su questo pianeta manicomio come verità assolute e valori obiettivi.
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Si giudica così gli altri in base a quello che fanno e non a quello che sono. Non sarebbe un errore così grossolano se quello che le persone realizzano poi non fosse giudicato a sua volta in base al successo che ne deriva.
Tardivamente l'umanità si accorge (giusto qualche secolo di solito) del valore di opere che i contemporanei ignoravano bellamente.
A volte vorrei avere la sfera di cristallo di un mago per vedere cosa nel futuro sarà giudicato e ricordato come significativo di questo presente.
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Mi pare una globale attesa inconsapevole per guarire dalla follia e meritare così forse, una nuova destinazione. Magari in una dimensione parallela dove non esisterà un decadimento così feroce, le tasse non saranno inique, dove si godrà del libero amore tra uomini e donne bellissimi e soprattutto non ci sarà più il traffico nelle ore di punta.
Se proprio non si può avere tutto questo, almeno vorrei il parcheggio riservato per l'automobile; Questo già sarebbe, a mio modesto parere, un grande passo avanti personale verso il divino.

Oscar Wilde ha scritto: "La tragedia della vecchiaia non è non essere più giovani, ma esserlo stato".
Ecco che chi vuol vivere felice gli anni che passano non deve guardare molto avanti e certamente (quasi mai) indietro esitando nei ricordi.
A onor del vero se proprio uno volesse stare bene-bene non dovrebbe proprio guardarsi intorno, ma non voglio essere un promotore della cecità totale, meglio continuare come accade ora con una visione sporadica, cioè uno vede quello che gli pare e quando gli pare.

In questo marasma ci aiuta, ancora una volta, la Natura che alla maggior parte degli anziani non lascia una buona vista e ancor meno, una buona memoria.
Questo ultimo deficit, porterebbe immensi vantaggi sul tempo refrattario tra un coito e l'altro, se solo funzionassero ancora le attrezzature del piano basso che invece sono le prime a guastarsi, togliendoci fra i piaceri effimeri ed illusori di questa vita, il più divertente.
Lo sostiene anche il mio idraulico che le tubature sono il "tallore d'Achille" di ogni opera ingegneristica.
Allora, l'ultimo baluardo contro questa realtà cinica resta il rincoglionimento senile: è l'ultimo Paradiso in questo Inferno, l'ultimo bastione prima dell'indifferenziato.
In fondo, non si dice sempre che bisogna saper cogliere il meglio da ogni situazione? Però, che fine ingloriosa ci tocca...

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ci chiameranno vecchi

Haemo Royd ha detto...

Sempre ottimista...io che posso fregiarmi con orgoglio del titolo di nonno ho fra le altre una gran consolazione: la vecchiaia per chi ci arriva è democratica, o meglio lo è la morte che si dona a tutti, nessuno escluso, papi e presidenti, re e regine, ricchi e poveretti ed a pensarci bene credo che anche Dio sia morto.
Ma ora basta scherzare che devo prendere il Cialis.

Visir ha detto...

Lei, esimio professore, sfiora anzi tocca un punto nodale dell'esistenza maschiale.
Siamo dei fortunati e degli ingrati lo so, potendo godere (nel vero senso della parola) di un preparato farmaceutico che a molti bisognosi ha cambiato la vita.
Altro che folgorazione sulla via di Damasco, qui si tratta di erezione sulla medesima via…che per molti è anche meglio.

Come sosteneva un mio caro amico non siamo altro che biochimica materializzata in un divenire, cui la nostra follia dà il nome altisonante di identità.
Pare allora un'immensa orgia mondiale dove l'imperativo è riprodursi o almeno godere.

Mi pare invece un pazzo autobus lanciato a vorticosa velocità lungo una strada di montagna.
Si sfiorano i burroni, si rasentano i muri, mentre i passeggeri ballano un tragico samba assordati da una musica ad altissimo volume.
Talvolta cerco in questo delirio chi guida questa vettura, cioè il conducente di questo pullman lanciato come un missile, ma il sedile dell’autista è sempre vuoto; Il volante (ahimè) gira liberamente e pare incredibile che lo schianto si rimandi da così tanti secoli.
Penso allora valga la pena di sorridere, distogliere lo sguardo da questa folla danzante e rivolgerlo al panorama. Mi è capitato così di cogliere un tramonto in rosa nel grande cielo d’indaco ed è sempre una visione tanto bella da togliere il fiato.

Jean du Yacht ha detto...

Bombardare le fabbriche di specchi? Eh no, già mi resta poco da vivere, faccio volentieri a meno anche di sette anni di disgrazie.
p.s.: concordo con Oscar Wilde; a proposito il cognome del suo Dorian è attinente al fatto che avesse (avuto) una buona CERA?