lunedì 2 gennaio 2012

Ta-tà!

Ogni tanto c'è qualche nuova profezia.
Dieci anni fa andava in voga Nostradamus ora non se lo fila più nessuno per colpa dei Maya.
Durante l'avvento dell'anno mille si racconta che molti diedero tutti i loro averi alla Chiesa.
In tanti smisero di fornicare, di uccidere, di peccare insomma. Nell’attesa certa della fine del mondo e del giudizio di Dio.
Visto poi che non accadde un bel niente tornarono tutti a fare i loro comodi.
Tutto uguale, tranne per i soldi e le proprietà elargite al Papa che non diede indietro: Deus gratias, allora come oggi. Si sa che i preti sono uno strano animale con tre braccia, un braccio gli serve per arraffare e gli altri due per non dare niente a nessuno.
Cosa ci insegna tutto questo?
Un bel nulla visto che ogni generazione fa gli stessi errori.




A proposito di questo proprio stamattina riflettevo sui ragni.
Contemplavo idealmente la forma perfetta della loro tessitura e mi domandavo da dove mai è pervenuta questa sapienza.
Gli aracnidi sono una specie antichissima che fu tra i primi colonizzatori delle terre emerse, questo è almeno quello che ci insegna la Scienza, io allora non c’ero.
Fra l’altro non tutti i ragni sono dei tessitori, questo lo scrivo solo per sfatare un luogo comune.
L’esistenza di questi artropodi risale a 400 milioni di anni, ma due ordini principali dei quattro noti si sono estinti circa 280 milioni di anni fa e non si sa al momento da quale di questi due può essere provenuta la capacità di costruire la tela.
Problemi nodali, me ne rendo conto, che cito solo per amore di erudizione.

In ogni modo tanto per rimanere in tema di curiosità è utilissimo sapere che ogni ordine diverso di questi aracnidi ha una sua architettura nella costruzione della tela.
Un disegno che contraddistingue la famiglia di appartenenza tanto per parlare semplice, una sorta di firma d’autore.
E’ anche stupefacente sapere che si muovono senza muscoli estensori ma grazie ad un sistema a pressione idraulico centralizzato. Un sistema semplice di allungamento molto efficiente che farebbe la gioia di tanti uomini di una certa età.
Il ragno poi è presentato come un cacciatore solitario, ma ne esistono anche specie comunitarie, una addirittura vegetariana. Magari ne troveranno presto anche una specie vegana.
Immaginavo inoltre durante la mia solitaria elucubrazione il momento in cui un insetto di questo tipo si è trovato a produrre il filo di seta che compone la ragnatela grazie a una ghiandola serica che gli altri suoi simili non avevano.

Poi, dopo svariati millenni, questo animaletto ha fatto di questa strana capacità lo strumento per costruire una perfetta trappola per altri insetti.
Credo che prima della ragnatela abbia sperimentato la costruzione di una sciarpa, poi magari si è fatto un maglioncino; Purtroppo inutile perchè senza un sistema circolatorio il nostro beniamino non poteva conservana alcun calore. Infine, probabilmente un disendente hippy della specie, ha realizzato un'amaca molto grande per dormirci sopra. Visto che si riempiva continuamente di insetti avrà detto: “Ciò che non ammazza ingrassa”, e ha approfittato di questi ospiti per ampliare la sua dieta.
Va detto, e questo è un dato oggettivo, che la seta secreta dal rago non ha corrispettivi sintetici per robustezza, leggerezza ed elasticità.
Un prodigio dunque, ma come è accaduto? Mistero. L’ufficio brevetti non era stato ancora inventato.
Viene anche da chiedersi: Come spiega questi fatti la teoria evolutiva?
Con altre teorie certamente ma non del tutto certe.
Resta il fatto che questa capacità è, chissà come, passata nel DNA per giungere intatta come conoscenza “ante litteram” ad ogni discendente di questo simpatico animale.
C’è da rimanere basiti.
L'istinto, si dirà, certo, ma il concetto di istinto è in buona sostanza un artifizio scientifico.
Un gioco di prestigio dei naturalisti per nascondere più che per spiegare questo enorme punto di domanda.
Nessuno lo ha mai visto: l'istinto. Cazzo!
Si suppone che sia allocato in alcune aree del cervello, forse nel sistema nervoso, magari in alcuni gangli di esso, ma non si capisce come funzioni né fisicamente si è mai trovato il suo contenitore.
La domanda che mi ha regalato qualche momento di stupore è stata: quando, come e semmai perché una conoscenza oggettiva è diventata patrimonio indelebile di una specie? E’ possibile che accada anche a noi esseri umani proprio adesso? O dobbiamo aspettare migliaia di secoli per mandare a casa tutti i predicatori e i consiglieri di amministrazione delle banche?

In generale è spesso possibile spiegare il “come”, talvolta il “quando”, quasi mai il “perché” di un certo evento.
In questo caso (dei ragni) paradossalmente è vero il contrario.
E’ facile comprendere il “perché” fanno la tela: Perché è utile.
Molto difficile stabilire il “quando”: migliaia di anni or sono (?).
Però, è quasi impossibile capire il “come” è giunta questa abilità sino a loro.
Forse non si capisce nulla perché il tempo di osservazione di noi umani è tanto breve.
Siamo una specie recente nel patrimonio vivente del mondo.
Pare che lo dimentichiamo spesso.
La Natura proceda per salti, si sostiene, ma è impossibile affermarlo con sicurezza perchè bisognerebbe tornare ai tempi successivi al periodo Cambriano pr verificare se veramente è avvenuta l’esplosione di quella miriade di tipi di vita di cui si favoleggia. Moltissime di queste specie estinte quasi immediatamente. Solo così forse si potrebbe affermare se è proprio vero che ogni qualche milione di anni la Natura si sveglia dal suo torpore apparente e ci mostra cosa vuol dire essere veramente creativi.
Anche questa idea è naturalmente un artifizio dell’intelletto. Un modello interpretativo. Stimolante, forse affascinante, ma tutt’altro che certo.
Noi uomini siamo successivi a tutto; Siamo gli ultimi arrivati e come tutti i bambini siamo degli egocentrici che fanno sempre casino finchè non cresceranno. Secondo me siamo solo un eperimento per un nuovo metodo di trasmissione della conoscenza. Comunque una versione di prova, un beta test, come dicono gli informatici.
Infatti tornando proprio al processo di apprendimento degli esseri viventi e dell'uomo in particolare è da rilevare che il più delle volte è fortuito, spesso generato dalla necessità ma in fin dei conti accidentale.
Parlo dell’apprendimento personale, “esperienziale” non certo delle lezioni che si prendono a scuola mi pare ovvio.

La particolarità di tutte le nostre esperienze e conoscenze è che sono soggettive è spesso intrasmissibili.
Solo in alcuni casi certe informazioni possono passare da una persona ad un'altra. La conoscenza appare così un prestito, un privilegio ma non certo un diritto per l'uomo a differenza di ogni altro animale che riceve dall'istinto quanto gli serve per vivere. In questa apparente defraudazione vi è anche però, una grande opportunità. L'uomo infatti grazie al linguaggio potenzia all'enesimo grado le possibilità di apprendimento e grazie ad esso può sviluppare modelli interpretativi diversi e funzionali confrontabili con quelli di altri e comprendere molto più velocemente. Una comprensione che permette all'umanità di adattarsi all'ambiente senza bisogno di cambiare strutturalmente.
Direi con un tocco di poesia che l'essere umano è una mutanda per molti culi.
Come detto in questo processo di trasmissione di informazioni (quindi di conoscenza) si inserisce necessariamente il linguaggio, un espediente nuovo nel panorama animale, almeno non articolato e pravalente come nell'essere umano, che ha dato notevoli vantaggi nel breve termine.


Uno strumento non certo perfetto, visto le manipolazioni al quale si presta, ma necessariamente perfettibile se volessimo veramente il nostro bene, cosa di cui dubito fortemente.


Il linguaggio dunque e con esso la scrittura è il by-pass della conoscenza per trasmettersi da una entità (umana) ad un'altra. La scorciatoia che scavalca i tempi dell'evoluzione.


Il pericolo, l'insidia e la responsabilità nell'uso di questo dispositivo è di contro: la non certezza del vero.
Almeno fino alla nascita di un linguaggio abbastanza efficente ma soprattutto utilizzato con molta attenzione. A differenza degli altri animali dove la trasmissione di dati conoscitivi si misura in millenni e passa (?) nel DNA dopo un attentissimo vaglio, nella nostra conoscenza umana, trasmessa dal linguaggio e dalla scrittura, non vi è alcun filtro.
Essa inoltre agisce e opera immediatamente una volta appresa in maniera quasi indipendente dalla volontà del soggetto che la accoglie cioè funziona sull'individuo sia che il dato sia vero o falso, purchè ritenuto vero.
Se dunque l'uomo non costruisce per se stesso e da se stesso un filtro depuratore resta invevitabilmente inquinato dalle follie dei suoi predecessori.
Cioè il veleno è talmente mischiato alla medicina che il paziente si ammala proprio nel tentativo di guarire. Basta osservare la situazione attuale ad ogni livello per comprendere da soli lo stato di intossicazione dell'umanità.
Ecco il motivo della pervicace sopravvivenza nei secoli di opinioni prive di qualunque fondamento e l'adesione di molti a superstizioni di ogni tipo camuffate magari da religioni che in teoria pretenderebbero di sviluppare la spiritualità ed invece ne sono solo la ghigliottina.

C’è inoltre da considerare con sincerità che tutto ciò che abbiamo imparato finirà con noi e questo, mi spiace dirlo, è una certezza.
Nulla può sopravviverci ed è illusorio confidare in figli e nipoti.

L'umanità intera si estinguerà con la nostra fine personale, si spegneranno le luci e comparirà la scritta "game over" sul nostro piccolo display, ma non ci sarà il modo di inserire un'altra moneta e riprendere il gioco da dove si era interrotto.
Poco o nulla resterà agli altri delle nostre esperienze e conoscenze se non abbiamo scritto qualche cosa e non abbiamo avuto occasione di comunicare in maniera significativa con qualcuno pronto ad ascotare e a capire.
Affidiamo quindi, la nostra vita ad una trasmissione estremamente aleatoria se paragonata alla "certezza genetica" del cosiddetto “istinto” ma infinitamente più rapida.


Aleatoria perché affidata al caso e all’interpretazione, rapida perché non abbisogna dei tempi giudiziari della Natura.

Comunque un azzardo, come direbbe il mio amico che gioca a poker tutti i venerdì sera.


Le nostre esperienze trasmesse sono dunque un messaggio infilato in una fragile bottiglia ed affidato al mare dell'esistenza, diretto spesso ad un lettore sconosciuto. Queste incognite dovrebbero se non generare un senso di responsabilità almeno di pudore per chi si occupa dell'insegnamento, dell'informazione e della formazione culturale della moltitudine.
Tuttavia è solo utopia pretendere uomini migliori in una società che premia l'avidità. Quando mai si è visto un uomo che ama la virtù apprezzato dalla folla? Si apprezzano tali esseri quando sono morti e non possono più dire nulla a riguardo del modo di interpretare quello che hanno fatto e detto.

Viviamo in un tempo dove è palpabile che la comunicazione usata è funzionale solo per alcune idee ma non certo per tutte.
Per le conoscenze tecniche può essere molto utile ma per quelle filosofiche, umaniste o con maggiore estensione, per tutto quello che riguarda “l’essere” dell''uomo ovvero la sua soggettività, il suo personale rapporto con il mondo, questi insegnamenti sono parole quasi senza significato.
Il senso di questo messaggio, se mai perviene correttamente, va ricercato poi nella vita.
Forse questo tipo di conoscenza va “interpretata” non può essere certo usata come le istruzioni necessarie a costruire una turbina a gas.
Interpretata non certo con la propria soggettività, ma con un modello conoscitivo il più possibile reale e privo di preconcetti. Viceversa gli effetti saranno completamente nelle mani del caso.


Personalmente penso che il bagaglio di conoscenza indelebile (istintivo direi con una certa riluttanza) non sia da considerarsi una conoscenza cerebrale ma piuttosto cellulare.
Infatti, mi è capitato di notare casi di persone catatoniche e con un importante ritardo mentale (spesso presentate come interlocutori autorevoli durante la tribuna politica) che comunque conservavano le funzioni primarie di nutrizione e alcuni riflessi vitali e riproduttivi. Queste funzioni comunque emergevano nonostante tutto il cervello fosse andato a ramengo.
Disponiamo quindi di una sorta di piccolissimo libro indelebile che portiamo dentro nelle nostre cellule. Piccolo, ma non breve.

Sono certo, di quella certezza forgiata dall’ignoranza, ma sostenuta dall’intuizione che in questo libro non solo è contenuto ciò che siamo stati e cosa siamo, ma che vi sia lasciato molto spazio per scrivere da noi stessi anche ciò che potremmo essere.

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