lunedì 25 agosto 2008

Welcome to Mars part V (the end)


Il falco stalla nel cielo, poi con volute sempre più strette discende verso il nido.

Allo stesso modo il mio viaggio procede toccando cose nuove e altre già viste e vissute, ma in punti diversi, più profondi direi. Poi alla fine di questa lunga cabrata mi attenderà il ritorno a casa.

Le giornate a Izumo sono state una stretta di mano sincera con la parte più bella del Giappone.
La bellezza semplice dei posti, la calma e il sorriso delle persone, tanto diversi dalla frenesia delle città, mi fanno capire quanto tutti alla fine ci somigliamo.

Il volo JAL interno, che ci riporta Tokio è pieno di malinconia. Una parte di me è rimasta su quelle scogliere, fra i rami degli alberi votivi dove si legano le preghiere affinché il vento le porti agli Dei.
Negli occhi le immagini del faro sul mar del Giappone, un mare sempre agitato che pare cucito al cielo pieno di nuvole.


Sensazioni che mi fanno nuovamente respirare dopo l’atmosfera lievemente opprimente della grande città di Tokyo.
Già i ricordi si affacciano come un gruppo di ragazzini curiosi: sento i tamburi, del tempio mentre si consuma un rito antico, mi restano negli occhi i rimasugli di terrecotte in una fabbrica dove si producono a mano come trecento anni fa. Tutto si accumula nella mente e sento il bisogno di mettere le cose nel loro giusto ordine.

Potrei raccontare molto di quello che ho visto ancora, ma sarebbe per me ragione di vera felicità riuscirne invece a trasmetterne il senso e l’emozione. Non è facile.

Che parlino allora le immagini come in un film muto d’altri tempi.
Istantanee rubate al mondo che suggeriscono senza spiegare. Additano senza accompagnare: la strada si percorre sempre da soli.

Passo così le mie ultime giornate nella capitale gironzolando nei quartieri della city e in quelli del commercio di Asakusa e Rappongi dove compro regali per gli amici e piccoli oggetti per me stesso.
Navigo sul battello, lungo il fiume Sumida che si dipana come un rotolo di seta colorato ai miei piedi.


Poi sono a “Chyoda”, il quartiere della residenza imperiale, appena velata alla vista da una pioggerellina fitta e inaspettata come spesso accade in questo periodo dell’anno.



La sera a Shibuya è una caleidoscopio di colori lanciati da un taxi.


Concludo l’ultimo giorno con una visione dall’alto: salgo sulla Tokyo Tower. A 250 metri dal suolo si può anche cominciare a credere di essere più vicini a Dio.



Mi sento comunque diviso, mentre il mattino preparo i bagagli, c’è in me una frattura: fra questo e l’altro emisfero del mondo.
Calpesto il suolo dell’isola di Honshu, ma la mente è già con un piede in Italia.

Saluto K, che forse è un po’ sollevato dal liberarsi di questo straniero tanto diverso da lui. Saluto anche i suoi amici, con i loro serate trascorse al karaoke, i film giapponesi in tv che hanno una sceneggiatura tanto lenta che una telenovela in confronto pare un action movie. Mi mancheranno anche un pochino gli inchini e i sorrisi forse un po’ finti, ma che comunque sono meglio delle facce incazzate dei milanesi.
Sono un pò estraneo a questo mondo, e come potrebbe essere diverso? Sono certamente molto lontano dal panorama che mi circonda, dagli impiegati che esausti dormono sulla metropolitana o in un atrio di un grande palazzo. Non mi appartengono le signorine in “yukata” che sorridono con la mano davanti alla bocca. E' solo folklore per per me i ragazzi che si incontrano nel metrò per sfoggiare i loro vestiti strani e che li fanno sembrare delle icone di un fumetto.


Mi rendo conto che il Giappone non è solo quello che si vede in città e più in generale non certo quello che si vede, ma penso che comunque un piccolo strascico del suo profumo mi sia rimasto addosso. Mi lascio così alle spalle una folla di volti e sensazioni e porto via qualche cosa, ma anche lascio qualche cosa: tutto si paga, in un modo o nell’altro.

Posso solo dire: "Domo arigato gozai mastè", ma ora…E’ tempo di andare.

12 commenti:

Haemo Royd ha detto...

grazie

ladyoscar ha detto...

grazie di questo taccuino di viaggio. Mi hai raccontanto di un mondo sconosciuto e bellissimo.
ladyoscar

Visir ha detto...

Grazie a tutti voi, un piccolo regalo per gli amici di penna.

Jean du Yacht ha detto...

Lessi, gustassi, apprezzassi!

Porporina ha detto...

Non ho resistito e ho finito troppo rapidamente di leggerti.
Visir, con te andrei anche a Casalpusterlengo, sono sicura che ne trarresti racconti indimenticabili.

Visir ha detto...

Vero. Mi ricordo che mi persi proprio li in una notte di tempesta.
In cerca di informazioni per tornare a casa finii per errore in un cimitero. Tra le ombre della sera e la pioggia mi avvidi troppo tardi che il cancello era ormai chiuso e mi rassegnai a passarvi la notte.
Per mia fortuna dopo poco, trovai il guardiano che mi accompagnò all'uscita. Notai però una cosa strana e ne domandai cagione al villico: "Queste lapidi sono tutte di giovini, buon uomo. Tutti vissero pochi anni, alcni mesi altri minuti. Com'è?".
L'uomo ristette per qualche attimo e mi disse: "Questo è un cimitero strano, quello che viene scritto sulla lapide è solo il tempo che un uomo ha veramente vissuto".

Riuscii a tornare a casa, ma non fui più lo stesso.

Octuagenario ha detto...

La ritrovo sempre più sciroccato mio caro compagno di deliria trementa.
L'oriente le si addice non c'è che dire.

Visir ha detto...

Oriente e Occidente alla fine si somigliano.
Come diceva mia nonna: "Francia o Spagna purchè si magna".

Bentornato.

Octuagenario ha detto...

Beh, dalla patria dell'arrosto di balena e delle cavallette fritte questa me la risparmierei magari.

Visir ha detto...

Le cavalette fritte le mangiano in Cina. Per le balene non metto bocca. In quanto a stranezze noi ci mangiamo le rane.

Octuagenario ha detto...

Dall'Emilia in giù no.

Haemo Royd ha detto...

urge leggere qualcosa di nuovo