lunedì 12 dicembre 2022

Graziati a morte

L'essere umano ha sempre ucciso il suo simile sin dagli albori dell'umanità, oggi grazie alle bombe atomiche realizzerà più compiutamente questa ambizione.

Vi è un impulso distruttivo nell'Uomo verso gli altri, perché li considera diversi, ma distrugge anche se stesso non riconoscendosi più.
La comunicazione è il mezzo che avrebbe a disposizione per mitigare questo moto annichilente, ma tale comunicazione andrebbe realizzata con la sincerità che è invece il difetto più severamente punito al mondo.
Qualche settimana fa ho visto in televisione ciò che è accaduto a Seul in Corea.
La folla riunitasi per Halloween alla notizia di un personaggio famoso si è accalcata lungo una strada interrotta, trovandosi in un vicolo cieco e spintonandosi per andare avanti più di centocinquanta persone sono state uccise.
Un'immagine emblematica di un comportamento generalizzato che metaforicamente rappresenta la corsa verso un progresso inteso come qualcosa di auspicabile da possedere e inevitabilmente conduce verso un muro e una fine.
E' sempre stato così, è l'illusione di un miraggio che l'uomo chiama traguardo che lo fa inciampare.
Sebbene tutti concordino nel deprecare questo insulso comportamento che porta alla guerra e anche ai conflitti minori, parimenti li si attua, perché l'Uomo non considera obiettivamente le sue pulsioni profonde e nascoste, nascoste soprattutto a se stesso.
Dunque l'Uomo non vedendo il male che è in lui è costretto a viverlo.
Gli esseri umani desiderano sempre, non solo oggetti, ma qualità e virtù. Vogliono essere buoni, amati, felici, ma lo vogliono direttamente come se dovessero cogliere un fiore e non fare in modo che gli venga donato.
Non si comprende che non è possibile raggiungere nulla se prima non si considera la propria posizione.
E' nel vedere i propri mostri interiori che tutti abbiamo che si può esorcizzarli, senza questa presa di coscienza profonda non è possibile conciliare questa volontà distruttiva che è in ogni essere umano.
Non è inoltre possibile essere "buoni" se non si conosce il "male" così come non è possibile dar voce alla saggezza se non si riconosce prima l'ignoranza.
Le persone generalmente si affannano fuori da se stesse, nel mondo, cercando una soluzione; Quando essa è a disposizione dentro di sé, il problema sei tu, tu sei la soluzione, cercare fuori è una perdita di tempo.
Questa spinta interiore non è attuata e nemmeno voluta, perché l'interiorità è dolorosa.
E' come un parto, se un essere umano vuole nascere come individuo dovrà staccarsi dalla madre.
Tutti pensano che la madre soffre, ma soffre anche il bambino.
La sofferenza è sempre ripartita equamente in questo mondo, e non vi è scampo alla sofferenza.
Questo mondo è fatto di sofferenza.
Il male è invece nostra responsabilità.
Il male non è solo dare un calcio negli stinchi all'avversario con cui invece dovresti giocare una partita di pallone, il male è un atto contro te stesso negando la propria natura connessa agli altri, grazie alla comunicazione, non solo verbale ma completa, empatica.
Ci sono atti inqualificabili, orribili, senza alcuna pietà.
Sono un male assoluto?
Ma dovremmo chiederci: E' un male voluto?
Oppure il male è solo ignoranza, mancanza di coscienza e se è incosciente dov'è la volontà?
Se manca una reale volontà consapevole, dov'è allora la responsabilità?
Al di là delle leggi civili, penali e universali o delle generalizzazioni è fondamentale prendere responsabilità di se stesso.
Perché fuggendo il male che abbiamo in noi stessi lo incontriamo lungo la strada che abbiamo scelto per evitarlo.
La differenza sostanziale tra queste due condizioni che comunque conducono alla sofferenza, una interiore che guida l'analisi spietata di se stesso, e l'altra esteriore determinata dagli eventi, è nella volontà.
La volontà fa la differenza, non cambia gli eventi, ma cambia il risultato che tali accadimenti determinano in noi.
Parlo della volontà di essere, non quella di avere cioè quella che ci fa volere per possedere.
E' solo la sofferenza volontaria che dona la reale consapevolezza, quella accidentale determinata dai comportamenti inconsapevoli e dagli eventi casuali, attira solamente la nostra attenzione, poi semmai ci sarà una riflessione che aiuterà a una maggiore comprensione, forse.
Pochi colgono un dato evidente, la vita è fondata sulla distruzione, una distruzione controllata o meglio limitata.
Uccidiamo (non direttamente) gli animali per nutricene, così con le piante e i frutti.
Distruggiamo anche le possibilità e i desideri degli altri con la supremazia dei nostri.
Inoltre senza morti il mondo scoppierebbe di persone.
Per cui si può comprendere l'incendio, perché nutre il terreno per una foresta nuova e più rigogliosa.
Non sempre però questa realizzazione ci consola, ma resta vera.

A una visione più attenta si nota che ogni cosa è sostenuta dal suo opposto.
Il male è sostenuto dal bene, pare strano ma è così, certamente è un bene egoistico che determina il male, ma anche il bene astratto lo fa, anche il bene "giusto" determina a volte grandi ingiustizie.
E' curioso come in un conflitto entrambe le fazioni abbiano ragione, il risultato però è la violenza, sino alla sopraffazione di una parte.
Com'è possibile essere nel giusto se poi il risultato sono cadaveri?
L'Evangelizzazione delle Americhe e anche le Crociate o l'espansione mussulmana hanno fatto milioni di morti e sono state fatte per i più alti scopi, così anche le guerre mondiali fatte per difendere i diritti e le libertà nazionali, addirittura i confini della Patria, considerando di proprietà la terra.
Come si possa trucidare altri esseri umani per una linea illusoria disegnata su una cartina geografica per me resta un mistero.
Si dirà: erano altri tempi. Peccato che la cronaca contemporanea ci riproponga gli stessi comportamenti errati.
Gli scopi furono mistificati, ma li si mistifica anche ora e la gente è morta e muore ugualmente credendoci o per lo meno non opponendosi.
Quanti schiaffi si danno per educare?
Fanno male anche se dati con amore e spesso non educano se non a diventare violenti.
A volte sono risparmiati e invece servirebbero.
A un certo punto scendendo se non proprio sprofondando in me stesso, noto che è puerile la distinzione, qualsiasi distinzione, anche sul bene e sul male, vita o morte, giusto o sbagliato.
Fuori dalla soggettività non è così facile esprimere un giudizio netto.
Ci sono atti intollerabili, violenze inaudite, torture, atti maniacali riprovevoli.
Sono atti malvagi?
Sicuramente sbagliati dal mio punto di vista, ma dal punto di vista per esempio di uno stupratore il suo atto è giusto.
Anche l'assassino in se stesso è sempre giustificato. Non lo è per la vittima.
Al di là delle ragioni personali a volte comprensibili altre volte arbitrarie, è importante fare conto sul dolore.
Se si infligge dolore è sempre un comportamento sbagliato?
Potrebbe esserlo, ma allora l'autodifesa?
E' un male necessario, si dirà.
Questo "male necessario" però non lo rende giusto.
Il Maestro una volta mi disse: la vittoria sorride al giusto. Devi essere nel giusto per avere il favore dell'Energia.
Giusto per chi? Giusto per che cosa? E' una domanda senza risposta certa? No, perché in qualsiasi caso di conflitto, io offro la pace. Se non viene accettata, allora ho la ragione.
Potrebbe accadere in determinate circostanza di non avere il tempo per questa conciliazione, allora la eseguo mentalmente, diciamo spiritualmente, e lascio il resto alla mano del Destino.
Addirittura potrebbe capitare che non vi è spazio nemmeno per questo moto interiore. In tal caso significa che il Fato ha già deciso e non ha senso porsi altri interrogativi.
Questo è il modo che realizzo per essere "giusto".
Quanto alle giustificazioni degli altri, o per meglio dire alle loro scuse per azioni violente?
Certamente possono essere plausibili, ma lo sono giuste in senso più ampio?
Se guardiamo alle cose del mondo con distacco le certezze vacillano, in quanto gli opposti si somigliano così tanto che si confondono.
I risultati dei nostri comportamenti spesso non ci appartengono.
Uomini rispettabilissimi e padri amorevoli sganciarono le due bombe atomiche sul Giappone.
L'ombra del rimorso non li tocca, ne ho visto l'intervista qualche giorno fa, sebbene abbiano sterminato duecentomila civili con un vampata radioattiva, la loro vita scorre serena, e il sorriso non gli manca.
Donne, bambini bruciati vivi non hanno lasciato traccia in questi piloti.
Com'è possibile?
Non sono pazzi, è gente normale, vanno al ristorante e festeggiano i compleanni con i nipoti.
Non è dunque un problema morale, di legge, di Etica o Religione.
E' un'evidenza questa amnesia.

Se ogni cosa è sostenuta dal suo opposto e noi possiamo solo e a malapena, cogliere uno di questi opposti che primeggia momentaneamente, ma che in definitiva è un moto e un'alternanza che armonizza due cose diverse che si sostengono e si distruggono nel medesimo tempo, come si può giudicare?
Infatti la sospensione del giudizio è forse la risposta.

Appare a questo punto evidente che il ginepraio filosofico del bene e del male, del giusto e dello sbagliato così spesso influenzati dalla soggettività sembra non aver via d'uscita.
Personalmente vivendo come essere arcaico l'attualità, mi affido qualche volta al "Giudizio di Ra" di antica tradizione egizia.
Peso il mio cuore rapidamente davanti all'evento con la verità che mi guarda (come fossi di fronte alla Dea Maat) che per me corrisponde alla sincerità, e se il cuore rimane leggero come una piuma, allora l'azione, qualunque sia, mi permetterà comunque di attraversare l'ombra e accedere al regno dei morti.
L'azione giusta porta con se non solo la leggerezza del cuore, ma la dimenticanza.
Il male fatto invece lo ricordiamo eccome.
Se questo non è possibile o non si conosce il modo?
Il mondo ci chiede comunque di agire e dunque decidere.
Il mondo vuole risposte da noi.
Ecco perché gli offro solo domande. Lo pago con la sua stessa moneta.
Possiamo dare solo una risposta personale, ma la verità è sempre personale.
E' normale, e sebbene sia chiaro per alcuni questa cooperazione di punti e moti antitetici, che un uomo indulgerà comunque alla tristezza nella disgrazia.
L'essere umano soffre senza scampo, poiché come ho detto la sofferenza è inevitabile; E' origine e destinazione, su questo bisogna essere realisti.
Questo scritto infatti non è un manuale sul vivere.
Non è un prontuario per la felicità che dal mio punto di vista è una trappola. E' semmai uno spunto di un piano eversivo di evasione.
E' un'osservazione della vita con un po' d'attenzione, più di quanto generalmente le si dedichi.
Non è un opuscolo per vivere meglio, questo lo lascio fare ad altri, ma una riflessione per comprendere come sia incomprensibile la vita.
Perché il suo senso non ci è dato d'intendere, ma comunque ne comprendiamo sulla pelle le conseguenze.
Per oltre trentacinque secoli dopo la nascita parziale del mio corpo d'oro ho cercato di vita in vita la sua completezza e ho elaborato la mia evasione, perché non vi è fine pena, non c'è Grazia nemmeno nella morte.
Ognuno deve conquistare la sua Libertà, perché nessuna amnistia arriverà, questo è bene saperlo.
Perché lo scrivo?
Perché a me da piacere scriverlo.

Le valutazioni le lascio agli altri, personalmente non passo quel limite.
Un calzolaio non giudica oltre la scarpa. Un fabbro comprende bene solo il martello e il metallo.

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