lunedì 7 aprile 2014

L'uomo che non dorme mai


Generalmente non scrivo di me stesso, men che meno della mia quotidianità, neppure dei miei sogni che trovo banali rispetto a una realtà così interessante e inaspettata nella sua diversità.

Mi trovo però, a prendere spunto da un certo disagio che vivo in questo momento e che ho notato, ricorre nella mia vita in media ogni sette anni. E’ una ciclica metamorfosi che accompagna il mio essere; Come un serpente cambio pelle ogni settennio per crescere.
La sofferenza di questa scorticazione è in alcuni momenti quasi insopportabile, ma l’attraverso con la stoica determinazione di chi non può farci niente. Quando una salita diventa più dura l’affronto con un cuore più deciso.
Sorvolo però sulla banalità dei miei impicci, ma come detto voglio raccontare degli effetti che questi determinano sul mio psichismo che è talmente sensibile che fa meraviglia che io sia ancora vivo e sano di mente.
In poche parole non dormo più, o meglio a fasi alterne.  Pur avendo in passato goduto di un sonno proverbiale oggi, mi trovo a sperimentare questo nuovo stato dell’essere.
Trascorro anche due giorni senza chiudere occhio, a volte senza mangiare.
Dopo, magari recupero nutrendomi cinque volte in un giorno e ingurgitando di tutto, stranamente la mia usuale forma fisica resta quasi perfetta. A volte chiudo un  occhio per qualche ora, ma stranamente non patisco il sonno durante il giorno.

L’unico dato significativo è una certa irritabilità che si manifesta in particolare nei confronti dell’ipocrisia delle persone e delle leggi assurde della nostra società, perartro già conclamata nella mia vita da molti anni.
Provo oggi un’intolleranza quasi epidermica alle regole che non considero in ogni caso giuste perché regole, ma le valuto e le seguo sempre più sulla scorta della mia etica. Certamente un'etica personale, ma  che valuta nella maggior soddisfazione condivisa la guida di ogni indirizzo morale.
Si dice che l’illuminazione sia una sorta di risveglio dal sonno dell'ignoranza in cui non è più possibile riaddormentarsi. 
Tranquillizzo le poche persone che mi vogliono ancora bene: non è il mio caso, sono sempre lo stesso idiota di sempre.
Infatti, tra gli effetti più tangibili di un completo risveglio spirituale mi s’informa che s’interrompe il continuo soliloquio interiore che accompagna le persone ordinarie e che tra l’altro non si sogna più nei rari momenti di sonno, una cosa che a me accade ancora.  
La riduzione delle ore di sopore è determinata, sempre secondo questi esperti dell’illuminazione, da un notevole risparmio di energia che tutti sprechiamo pensando a cose inutili, a fantasticare su fatti che non accadranno mai e a rimuginare su un passato che non possiamo più cambiare.
Tutte attività che senza tema di sbagliare posso definire una perdita assoluta di tempo e una patologia diffusa che è diagnosticata dalla maggioranza come: “Normalità”.

Come dicevo l’illuminazione interiore non è il mio caso grazie a Dio, ma e sottolineo il “ma” la mia veglia notturna mi permette un’osservazione alla moviola delle mie esperienze; Di comprendere qualche cosa di più della realtà, cioè procedo a una sorta di analisi che parte da fatti di vita per svilupparsi in maniera del tutto autonoma come sotto dettatura (magari di un inconsio collettivo narrante, chissà?) e approdo qualche volta a una percezione lucidissima della vita umana fornendomi così una comprensione sorprendente.
Almeno per quanto è possibile elaborala con la mia coscienza che è pur sempre determinata da una mente umana.
Durante queste notti interminabili sviluppo teorie e connessioni anzi delle vere e proprie visioni, ma dopo, riprendendo le mie attività nel mondo con il mio contatto con gli altri, le dimentico quasi completamente. Qualche volta però, esse sfumano solamente.
Resta così una sorta di eco in me, anche se perdo la lucidità della primitiva intuizione.
E' un’ombra illuminante che mi segue sempre, anzi mi porta a mettermi in penombra da tutte le assurdità condivise dalla maggioranza come verità radiose.
In altre parole non credo più a nulla a meno che non si manifesti nell’attuale con un oggettivo riscontro di fatti, ma non è un’esasperazione di una razionalità ad ogni costo.
Ho ben compreso che l’essere umano è in minima parte un’entità razionale, ma è piuttosto un essere emotivo.
Il mio è un vero e proprio disincanto.
Mi appare chiarissimo che l'uomo cerca sempre una relazione con la collettività con cui però ha fatalmente un rapporto conflittuale; Determinato dal suo personale desiderio di affermazione e dalla contraddittoria pulsione di appartenenza a una società che nega quest’affermazione.
Una negazione dell'individuale originalità di ognuno fatta in nome delle regole, regole quasi sempre favorevoli a qualcun'altro o ad un gruppo dominante sugli altri.  
Nonostante questo uomo, un po' smarrito, intuisca in una parte remota della propria coscienza questo insanabile paradosso, ha comunque bisogno di una società che in qualche modo lo confermi come identità e lo rappresenti con delle definizioni. 
Sembra così che senza limiti, la maggior parte delle persone si sentono perse nella grandezza di una libertà incondizionata; Una situazione che generalmente le terrorizza ancora di più di una schiavitù. Se poi, il confronto è tra la libertà e una confortevole schiavitù, beh! In questo caso non c'è addirittura battaglia.

Il messaggio che passa evidente all'uomo per la condivisione del pseudo benessere e rispettabilità che chiamiamo società civile, è: “Non fare domande e un giorno saprai il perché di tutto questo".
 
Quando dopo molti anni questo individuo ormai adulto comprenderà il “perché”, realizzerà anche di essere stato ingannato, ma non potrà più cambiare quel mondo che è diventato parte stessa della sua vita.
Il sistema sociale ha in maniera geniale (nella sua perversione) procrastinato la naturale domanda che ogni persona con un minimo di buon senso si pone rispetto alle contraddizzioni folli di questo mondo,  sino al punto che questa stessa persona una volta cresciuto in queste contraddizzioni, non potrà più cambiarle; Mantenendo pressoché inalterato lo "status quo" perché completamente condizionato o almeno assuefatto a una realtà sociale fondata sulla violenza, su una competitività esasperata senza effettive ragioni e sulla sopraffazione.

La coabitazione pacifica del lupo e dell'agnello che vivono in ogni uomo non è dunque possibilie in questo mondo.
Questa realtà umana pretende una scelta: "Sii un predatore, oppure una vittima". 
Qualunque sia la scelta, entrambe le situazioni porteranno alla cocente mancanza della parte negata, creando anime monche e deformi. 

E' una società che evidentemente non persegue la felicità dell’individuo nonostante lo dichiari ad ogni pié sospinto, in realtà è interessata principalemnte nel plasmare un essere omologato e conformato acriticamente a un modello disumano di marionetta meccanica, di consumatore sedato, di simulacro di volontà senziente se si vuole usare questi eufemismi per descrivere il morto-vivente quale questo essere è effettivamente.
La vita degli altri mi appare in questo gioco di esigenze inconciliabili sempre più un tragico Luna Park malinconico, senza alcuna traccia di senso.
I rapporti umani poi, determinati dall’assoluta mancanza di introspezione, di auto-coscienza individuale e da un condizionamento tanto capillare non possono che essere falsi, aleatori e ondivaghi perseguendo inevitabilmente solo la convenienza momentanea e il capriccio cui si sacrifica la felicità condivisa che è l'unico valore autentico che può avere la felicità. 
E’ un miracolo che non ci siamo distrutti vicendevolmente nel passato e si preferisce invece autodistruggersi nel presente, ma lentamente.

L’uomo dunque non invecchia in questo mondo, ma si consuma.

Molti sono impegnati nel seguire il puerile miraggio propinato da questa società disperata, edificando per se un futuro di benefici, accumulando oltre misura dei beni materiali che sebbene in alcuni casi possono essere utili, sono parte di un benessere che spesso è a scapito di qualcun'altro e determina, per acquisirlo una vita talmente stressante e infelice che quest’affare prospettato in maniera seducente non sarà mai conveniente.
In generale si potrà arrivare a questa constatazione probabilmente quando quest’obiettivo è raggiunto, cioè si perverrà alla percezione dell'immane vuoto interiore che si cerca di riempire con oggetti superflui; Una realizzazione quasi sempre rimossa prontamente in un inconscio sonnecchiante. Alla meglio, al meschino propietario di questo destino apparirà evidente che l’unica saggezza è il senno di poi, ma essa è inutile, perché giunta troppo tardi.
C'è un gan vociare, a parole tutti perseguono la felicità, ma non è così. Altrimenti in questi millenni di storia e scoperte rivoluzionarie si starebbe realizzata.  E’ evidente nelle scelte operate dal singolo e dalla maggioranza che il fine cui portano quasi sempre le decisioni intraprese con i migliori sentimenti  è il dolore. Perchè? 

E’ evidente per me; Perché la moltitudine dei miei irriconoscibili simili è formata in larga parte da maniaci depressivi.
Essi non vogliono essere felici, ma infelici, semplicemente per confermare, giustificare e vivere la propria depressione.
Oppure sto diventando pazzo?
A ognuno la conclusione che più gli conviene; Cioè come accade di solito.

 

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