venerdì 27 aprile 2018

Free Jazz emani



"La rinuncia all'opposizione violenta è, molto semplicemente, la legge dell’amore depurata da sofismi. L’amore, ovvero l’aspirazione dell’anima dell’uomo alla comunione con le altre anime, e la mansuetudine reciproca che ne deriva, è la più elevata, la sola legge della vita". (Lev Tolstoj)

E' interessante questo stralcio di una lettera che il grande scrittore indirizzò a Gandhi. Il tema sotteso è il sacrificio, perché non opporsi alla violenza del mondo, implica necessariamente una più grande sofferenza, in nome però di un'Etica rivoluzionaria.

Spesso mi sono domandato il senso del sacrificio nella meditazione di Gesù nel campo del Getsemani (in aramaico, frantoio).

Un evento narrato nel Vangelo cui spesso ho dedicato il mio tempo pur non essendo un uomo religioso, almeno non in questa vita.

Sono giunto alla considerazione che i fatti descritti nella narrazione di Matteo siano il culmine della grandezza umana, nella persona di Cristo che obbediente al cuore, accetta su di se le colpe commesse da altri, da tutti per l'esattezza e da innocente le patisce.

Nella Sua dimensione universale non c'è alcuna differenza tra il buono e il malvagio, tra l'empio e l'innocente. Ancora di più: Egli soffre come uomo perseguitato dalla giustizia degli uomini, ingiustamente.

Nonostante la sua estraneità al male, accetta su di se la colpa degli altri. Accetta un tale pesante fardello, non in nome di una bontà astratta, ma più semplicemente perché riconosce la comunione di tutti e di ciascuno. In Lui non c'è più divisione tra uno e tutti.

E' un atto di straordinario coraggio e forza che Egli esprime con grande umiltà, anzi con grande umanità e lo si comprende quando dice: “Se questo calice non può passare davanti a me senza che io non lo beva, allora sia fatta la Tua volontà, non la mia”.

Una decisione al di là dalla logica umana che invece identifica la Giustizia con la responsabilità personale, e il peso della condanna commisurato alla colpa.

Gesù, pare abbia detto a proposito di quella notte spaventosa: "Ero la Luce e non vedevo che tenebre; ero il Fuoco e non sentivo che gelo; ero l'Amore e non sentivo che il disamore; ero il Bene e non sentivo che il male".


Che notte terribile fu quella! In quel podere sul monte degli Ulivi però si realizzò qualcosa di straordinario.

Credo che solo attraverso una tal esperienza, un tale slancio, una tale sofferenza, un uomo possa forse avere in regalo un'anima.

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