mercoledì 24 agosto 2016

Arte, sport e frivolezze

E’ l’uomo che fa l’arte o viceversa?

Tutti possiamo dipingere, ma un quadro di Caravaggio è un’altra cosa.
Michelangelo Merisi è diventato “il Caravaggio” grazie all'arte della pittura che ha imparato, ma in seguito ha portato quello che aveva appreso oltre, grazie a se stesso.
La vetta si tocca avendone il talento, ma il talento si scopre grazie al mezzo che lo esprime. Vi è dunque un collegamento inscindibile tra le due cose.
Le peculiarità e le doti contano, ma anche il carattere personale, perché l'abilità da sola non permette di essere tra i migliori.

Penso però che è' necessario qualcosa di più, perché l'arte possa chiamarsi “Vera Arte” cioè vi è la necessità di esprimere attraverso di essa un "principio universale" che nell'arte figurativa può essere: la Bellezza.
Una bellezza diversa dalla rappresentazione di quel semplice piacere dell’occhio che subisce il decadimento delle novità e il capriccio del gusto.
Per essere Vera Arte, la Bellezza espressa in un opera dovrà essere una bellezza universale cioè non corrotta come accennato prima dal senso personale del bello né dalla moda, né dal tempo.

La definizione di “principio universale” non è affatto semplice da chiarire, visto che ogni verità è soggettiva.
Parlare di universalità appare presuntuoso, oltre che quasi sempre sbagliato.
Potrei però azzardare affermando che è comunque possibile averne la misura se lo definiamo “quel qualcosa” che può essere percepito da tutti, anche se -non da tutti- può essere compreso.

Infatti, se è vero che siamo tutti diversi e che tutti siamo influenzati dalle interpretazioni e non immuni ai fraintendimenti personali e agli errori; Quando “quel qualcosa” supera tutti questi ostacoli e ci tocca oltre la parzialità della nostra soggettività, allora entriamo in una dimensione diversa dall'ordinario e bisogna domandarsi se siamo di fronte a qualcosa di speciale.
Quindi la risposta personale alla "Vera Arte” sarà certamente diversa per ognuno, ma tutti ne saranno comunque colpiti profondamente e in qualche modo da essa trasformati.
Un’influenza che in alcuni sarà un piacere nuovo, in altri una sorpresa che conferma quanto immaginato, in altri magari solo uno stupore profondo o una sensazione indistinta che lascerà un segno vago ma persistente.
Si avrà così la prova che si è di fronte a qualche cosa di diverso rispetto al semplice bello.

Similmente, ma con le dovute proporzioni rispetto alle arti canoniche c'è la pratica dell’arte marziale che solo nella sua dimensione più completa può definirsi tale.
I sistemi di combattimento sono molti e diversi, ma hanno tutti avuto origine dal fango del conflitto umano, hanno però, prodotto in alcuni casi, un fiore che ha favorito lo sviluppo delle capacità e dello spirito dell’uomo grazie alla trasformazione, cioè passando da un mero metodo di combattimento a qualche cosa di diverso, più profondo e meno legato allo scopo primario, trascendendolo.
Nel nostro tempo, dove qualunque colpo di pistola è più veloce del più rapido pugno, è evidente che risulta anacronistico pensare ancora a questi sistemi con lo scopo che avevano, ovvero come mezzo di combattimento e di sopravvivenza per sopraffare un soggetto ostile.

Tuttavia, visto che è nella mia esperienza, ho notato che il confronto reale o realistico di un combattimento e perfino un combattimento sportivo, possono insegnare molto, mi sono interessato ad approfondire questa esperienza.
Fermo restando che l’agonismo è un punto di passaggio e non di arrivo nella crescita personale di un atleta marziale che vuole completarsi come uomo, attraverso questa pratica.
Il problema è così di scelte e di prospettive.

Schematizzando direi che usato come metodo di combattimento non è efficace quando l’uso delle armi contro un nemico; Se invece diventa solo uno sport risulta essere forviato rispetto al suo primitivo spirito di sopravvivenza, adeguandosi necessariamente ai regolamenti che trasformano un metodo di combattimento in un qualcosa di regolamentato e con esigenze di spettacolo, facendolo diventare inefficace e spesso addirittura volgare, come accade speso agli sport che con tutti i maneggi e gli interessi economici si corrompono.
Dunque a cosa può servire questa pratica quando è autentica? Di cosa deve essere peculiare per diventare Arte?

Penso che l’aspetto originale dell’arte marziale, ma direi di ogni Arte che si possa definire “Vera Arte” è nella sua componente educativa che si realizza come orizzonte al quale tendere, cioè come evoluzione dello scopo primario liberandolo dal suo mero utilizzo applicativo è considerando l’azione (artistica) nella sua accezione più ampia, ovvero libera dal risultato; Trasformandola in espressione come detto di un principio universale che nel caso particolare dei metodi marziali è il principio che permette di usare nel modo migliore l’energia del corpo e della mente in situazioni estreme.

Ho appena introdotto una nuova parola -Energia- che potrebbe essere fraintesa e sarà dunque utile provare a chiarirla.

L’Energia non é un concetto astratto, ma reale.
Essa permea, collega e costituisce ogni cosa ed è possibile utilizzarla attraverso la nostra soggettività biologica comprendendone iil modo e le forme in cui si esprime.
Il suo utilizzo è perfettibile da parte dell’uomo e in questo ha senso la disciplina continua cui si sottopone il ricercatore, ma la sua forma in sostanza è perfetta.

L’utilizzo dell’Energia che è dentro ad ogni persona e intorno ad ognuno, nella sua forma più dirompente, libera e non convenzionale è paradossalmente educativa, perché formativa di una coscienza spirituale che allarga la percezione del Mondo in maniera assolutamente inaspettata.
Aumentando le percezioni, si aumenterà di conseguenza anche il Mondo stesso in cui si vive, e la nostra capacità di agire in quel Mondo. Ampliando i confini si avrà di conseguenza un ampliamento della nostra capacità espressiva e dunque artistica.
In questa dimensione più alta e grande è possibile raggiunge un particolare stato che potremmo definire “d'arte” perché svincola l’azione dalla meschinità degli scopi, travalica il tempo che fa divenire obsoleta ogni cosa e ci si emenda dalla logica del profitto che appiattisce ogni intuizione, tutti quegli elementi che sono distintivi e costitutivi di una universalità che resta comunque oltre le definizioni.

E’ una maturazione che per giungere al suo apice abbisogna di tempo e va di pari passo con la crescita personale del praticante.
A differenza però delle creazioni artistiche, l’opera marziale si trasforma insieme al suo creatore che diventa una sorta di Performer.
Produttore e produzione sono indissolubilmente legati, interdipendenti e in armonia dinamica nel tempo.

Si dice che le persone intelligenti si riconoscono non tanto dalle risposte, ma dalle loro domande; Allora è la domanda di chi pratica l’arte marziale che conta.
In particolare nel rapporto dialettico con un Maestro.
E’ importante questa domanda per un eventuale allievo e conta anche per un eventuale Maestro.
Il vero Maestro sarà poi colui che susciterà e incoraggerà la domanda giusta, ma non fornirà una risposta stereotipata, ma la adatterà al momento e alla persona che la pone, sottolineando senza dirlo che l’unica risposta autentica è quella che una persona si dà da se stesso.
Purché gli strumenti con cui si procede siano corretti.
In questo è tra le altre la funzione del Maestro.
Il punto d’arrivo per l’allievo, ma direi più giustamente “il suo punto di inizio” sarà nella comprensione che il Maestro non serve se non per fargli capire che non servono maestri.

L’insegnamento non è dunque per imparare, ma per imparare a imparare da se stesso.

E’ necessario però mantenere viva la continua ricerca di una visione autentica e un alto livello di critica, altrimenti si rischia che una giusta domanda sia forviata da strumenti sbagliati che non tengono conto della realtà oggettiva e non confrontano questa realtà con quanto trovato e sperimentato.
Senza questa “ancora” ci si perderebbe seguendo percorsi bizzarri e avulsi da un senso reale dei fatti. Oppure renderebbe banale la ricerca e si avrebbero risposte altrettanto banali, perse a loro volta nel buio dell’ignoranza e nell'errore che è il vero nemico di chi pratica qualsiasi tipo di Arte.
In altre parole bisogna imparare ad essere modesti nei confronti del Mistero.

E’ una ricerca difficile proprio perché percorre sentieri poco battuti. A volte inesplorati.

Per chi più semplicemente cerca onore, fama e soldi, grazie all'attività sportiva oppure artistica e rincorre il plauso e il divertimento dello spettatore curioso in cerca solo di "circenses" lo troverà più facilmente, ma rimanendo sempre se stesso e senza vivere l’esperienza trasformante di essere ciò che fa, agendo oltre lo scopo dell’azione intrapresa e in questa unione armonica, per un momento, far scaturire qualche cosa di bello, perché autentico e autentico, perché espressione della radice di tutte le cose.


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