E’ l’uomo che fa l’arte o viceversa?
Tutti possiamo dipingere, ma un quadro
di Caravaggio è un’altra cosa.
Michelangelo Merisi è diventato “il
Caravaggio” grazie all'arte della pittura che ha imparato, ma in seguito ha
portato quello che aveva appreso oltre, grazie a se stesso.
La vetta si tocca avendone il talento,
ma il talento si scopre grazie al mezzo che lo esprime. Vi è dunque un
collegamento inscindibile tra le due cose.
Le peculiarità e le doti contano, ma
anche il carattere personale, perché l'abilità da sola non permette di essere
tra i migliori.
Penso però che è' necessario qualcosa di
più, perché l'arte possa chiamarsi “Vera Arte” cioè vi è la necessità di
esprimere attraverso di essa un "principio universale" che nell'arte
figurativa può essere: la Bellezza.
Una bellezza diversa dalla
rappresentazione di quel semplice piacere dell’occhio che subisce il
decadimento delle novità e il capriccio del gusto.
Per essere Vera Arte, la Bellezza
espressa in un opera dovrà essere una bellezza universale cioè non corrotta
come accennato prima dal senso personale del bello né dalla moda, né dal tempo.
La definizione di “principio universale”
non è affatto semplice da chiarire, visto che ogni verità è soggettiva.
Parlare di universalità appare
presuntuoso, oltre che quasi sempre sbagliato.
Potrei però azzardare affermando che è
comunque possibile averne la misura se lo definiamo “quel qualcosa” che può
essere percepito da tutti, anche se -non da tutti- può essere compreso.
Infatti, se è vero che siamo tutti
diversi e che tutti siamo influenzati dalle interpretazioni e non immuni ai
fraintendimenti personali e agli errori; Quando “quel qualcosa” supera tutti
questi ostacoli e ci tocca oltre la parzialità della nostra soggettività,
allora entriamo in una dimensione diversa dall'ordinario e bisogna domandarsi
se siamo di fronte a qualcosa di speciale.
Quindi la risposta personale alla
"Vera Arte” sarà certamente diversa per ognuno, ma tutti ne saranno
comunque colpiti profondamente e in qualche modo da essa trasformati.
Un’influenza che in alcuni sarà un
piacere nuovo, in altri una sorpresa che conferma quanto immaginato, in altri
magari solo uno stupore profondo o una sensazione indistinta che lascerà un
segno vago ma persistente.
Si avrà così la prova che si è di fronte
a qualche cosa di diverso rispetto al semplice bello.
Similmente, ma con le dovute proporzioni rispetto alle arti canoniche c'è la pratica dell’arte marziale che solo nella sua dimensione più completa può definirsi tale.
I sistemi di combattimento sono molti e
diversi, ma hanno tutti avuto origine dal fango del conflitto umano, hanno
però, prodotto in alcuni casi, un fiore che ha favorito lo sviluppo delle
capacità e dello spirito dell’uomo grazie alla trasformazione, cioè passando da
un mero metodo di combattimento a qualche cosa di diverso, più profondo e meno
legato allo scopo primario, trascendendolo.
Nel nostro tempo, dove qualunque colpo
di pistola è più veloce del più rapido pugno, è evidente che risulta
anacronistico pensare ancora a questi sistemi con lo scopo che avevano, ovvero
come mezzo di combattimento e di sopravvivenza per sopraffare un soggetto
ostile.
Tuttavia, visto che è nella mia
esperienza, ho notato che il confronto reale o realistico di un combattimento e
perfino un combattimento sportivo, possono insegnare molto, mi sono interessato
ad approfondire questa esperienza.
Fermo restando che l’agonismo è un punto
di passaggio e non di arrivo nella crescita personale di un atleta marziale che
vuole completarsi come uomo, attraverso questa pratica.
Il problema è così di scelte e di
prospettive.
Schematizzando direi che usato come
metodo di combattimento non è efficace quando l’uso delle armi contro un
nemico; Se invece diventa solo uno sport risulta essere forviato rispetto al suo
primitivo spirito di sopravvivenza, adeguandosi necessariamente ai regolamenti
che trasformano un metodo di combattimento in un qualcosa di regolamentato e con esigenze di spettacolo, facendolo diventare
inefficace e spesso addirittura volgare, come accade speso agli sport che con tutti i maneggi e gli interessi economici si corrompono.
Dunque a cosa può servire questa pratica
quando è autentica? Di cosa deve essere peculiare per diventare Arte?
Penso che l’aspetto originale dell’arte
marziale, ma direi di ogni Arte che si possa definire “Vera Arte” è nella sua
componente educativa che si realizza come orizzonte al quale tendere, cioè come
evoluzione dello scopo primario liberandolo dal suo mero utilizzo applicativo è
considerando l’azione (artistica) nella sua accezione più ampia, ovvero libera
dal risultato; Trasformandola in espressione come detto di un principio
universale che nel caso particolare dei metodi marziali è il principio che
permette di usare nel modo migliore l’energia del corpo e della mente in
situazioni estreme.
Ho appena introdotto una nuova parola
-Energia- che potrebbe essere fraintesa e sarà dunque utile provare a
chiarirla.
L’Energia non é un concetto astratto, ma
reale.
Essa permea, collega e costituisce ogni
cosa ed è possibile utilizzarla attraverso la nostra soggettività biologica
comprendendone iil modo e le forme in cui si esprime.
Il suo utilizzo è perfettibile da parte
dell’uomo e in questo ha senso la disciplina continua cui si sottopone il
ricercatore, ma la sua forma in sostanza è perfetta.
L’utilizzo dell’Energia che è dentro ad
ogni persona e intorno ad ognuno, nella sua forma più dirompente, libera e non
convenzionale è paradossalmente educativa, perché formativa di una coscienza
spirituale che allarga la percezione del Mondo in maniera assolutamente
inaspettata.
Aumentando le percezioni, si aumenterà
di conseguenza anche il Mondo stesso in cui si vive, e la nostra capacità di
agire in quel Mondo. Ampliando i confini si avrà di conseguenza un ampliamento
della nostra capacità espressiva e dunque artistica.
In questa dimensione più alta e grande è
possibile raggiunge un particolare stato che potremmo definire “d'arte” perché
svincola l’azione dalla meschinità degli scopi, travalica il tempo che fa
divenire obsoleta ogni cosa e ci si emenda dalla logica del profitto che
appiattisce ogni intuizione, tutti quegli elementi che sono distintivi e
costitutivi di una universalità che resta comunque oltre le definizioni.
E’ una maturazione che per giungere al
suo apice abbisogna di tempo e va di pari passo con la crescita personale del
praticante.
A differenza però delle creazioni
artistiche, l’opera marziale si trasforma insieme al suo creatore che diventa
una sorta di Performer.
Produttore e produzione sono
indissolubilmente legati, interdipendenti e in armonia dinamica nel tempo.
Si dice che le persone intelligenti si
riconoscono non tanto dalle risposte, ma dalle loro domande; Allora è la
domanda di chi pratica l’arte marziale che conta.
In particolare nel rapporto dialettico
con un Maestro.
E’ importante questa domanda per un
eventuale allievo e conta anche per un eventuale Maestro.
Il vero Maestro sarà poi colui che
susciterà e incoraggerà la domanda giusta, ma non fornirà una risposta
stereotipata, ma la adatterà al momento e alla persona che la pone,
sottolineando senza dirlo che l’unica risposta autentica è quella che una
persona si dà da se stesso.
Purché gli strumenti con cui si procede
siano corretti.
In questo è tra le altre la funzione del
Maestro.
Il punto d’arrivo per l’allievo, ma
direi più giustamente “il suo punto di inizio” sarà nella comprensione che il
Maestro non serve se non per fargli capire che non servono maestri.
L’insegnamento non è dunque per
imparare, ma per imparare a imparare da se stesso.
E’ necessario però mantenere viva la
continua ricerca di una visione autentica e un alto livello di critica,
altrimenti si rischia che una giusta domanda sia forviata da strumenti
sbagliati che non tengono conto della realtà oggettiva e non confrontano questa
realtà con quanto trovato e sperimentato.
Senza questa “ancora” ci si perderebbe
seguendo percorsi bizzarri e avulsi da un senso reale dei fatti. Oppure
renderebbe banale la ricerca e si avrebbero risposte altrettanto banali, perse
a loro volta nel buio dell’ignoranza e nell'errore che è il vero nemico di chi
pratica qualsiasi tipo di Arte.
In altre parole bisogna imparare ad
essere modesti nei confronti del Mistero.
E’ una ricerca difficile proprio perché
percorre sentieri poco battuti. A volte inesplorati.
Per chi più semplicemente cerca onore,
fama e soldi, grazie all'attività sportiva oppure artistica e rincorre il
plauso e il divertimento dello spettatore curioso in cerca solo di
"circenses" lo troverà più facilmente, ma rimanendo sempre se stesso
e senza vivere l’esperienza trasformante di essere ciò che fa, agendo oltre lo
scopo dell’azione intrapresa e in questa unione armonica, per un momento, far
scaturire qualche cosa di bello, perché autentico e autentico, perché
espressione della radice di tutte le cose.
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