lunedì 13 agosto 2018

Sex or no Sex, that is the question




Tutte le religioni sono maschiliste. Alcune più di altre.
La donna all'interno dei precetti religiosi è vista sempre in una condizione subordinata se non addirittura come nemica del maschio.

Sebbene sia innegabile anche per la Dottrina riconoscere alla femmina, l'insostituibile ruolo di donatrice di vita con la sua capacità di procreazione o per meglio dire di gestazione, non le è riconosciuto un ruolo paritario. 
Anche nelle gerarchie ecclesiastiche (cristiane, mussulmane, buddiste, induiste o ebraiche, in ogni religione insomma) la donna è sempre in secondo piano. 
Non è solo misoginia, perché in realtà non è solo la donna ad essere relegata in un ruolo vincolato, a volte quasi come fosse in una prigione, ma è la sessualità che è in definitiva repressa.  
La sessualità nel maschio è lasciata un po' più libera solamente per questioni di opportunità, così facendo lo si illude di avere un'autonomia e si evita un'opposizione violenta. La questione è però solo apparente, infatti un uomo dovrà  comunque relazionarsi con una donna e se lei è sottoposta a dei vincoli, ci sarà in ogni caso una coercizione indiretta anche per l'uomo. 
E' interessante domandarsi perché vi siano così tante regole morali a riguardo della sessualità, quando è solo un'esisgenza naturale e in definitiva riguarda più che altro un singolo in rapporto a un altro singolo e non dovrebbe quindi interessare alla Società nel suo più generale funzionamento e organizzazione. 
Questo controllo trova invece senso per via che la sessualità è la primaria forma di libertà a disposizione dell'essere umano; E' infatti la personale espressione carnale del desiderio, la soggettiva peculiarità di amare attraverso il corpo che ha ognuno. 
Non a caso si sviluppa quando un essere umano inizia a essere autonomo. 
Nel momento che una persona comincia ad avere gli strumenti per badare a se stesso, ecco che sorge in lui la sessualità, almeno nella sua espressione più completa. 
C'è un perfetto sincronismo tra lo sviluppo della sessualità e la nascita del desiderio di  libertà e successivamente nella responsabilità individuale che questa libertà comporta, almeno se questa condizione si sviluppa in un'ideale contesto sociale naturale e non represso. 
Sarà forse banale, ma vale la pena ricordare che i primi conflitti con i genitori  iniziano nell'età dell'adolescenza e come si cominci in quel momento a voler uscire magari la sera e avere le chiavi di casa per conoscere maschi e femmine  e stabilire delle relazioni di amicizia e avere le prime esperienze sessuali. 
Autonomia e sessualità viaggiano così di pari passo. 

E' curioso che le nostre leggi siano in ritardo con la biologia umana, la maggiore età infatti è stabilita tra i diciotto e ventuno anni secondo i diversi paesi, quando a livello biologico la donna si sviluppa dopo i quattordici anni e l'uomo verso i sedici, ovvero nel momento di massima fertilità riproduttiva.
E' allora che dovrebbe essere soppesata la maturità dei giovani per conferigli lo status di persona con la potestà sulla propria vita.
Ribadisco che è una condizione da "valutare" perché la Natura propone una tale decisione, ma la nostra organizzazione sociale, particolarmente in un contesto civilizzato, è molto complessa, per cui non necessariamente le due cose potrebbero essere vere nel medesimo momento.

In Cambogia giusto per fare un confronto con realtà diverse, in alcune villaggi remoti, esitono le cosiddette "capanne dell'amore". Sono costruite dal padre per le figlie quando cominciano a essere donne verso i tredici/quattordici anni per fare esperienza con i ragazzi in perfetta autonomia.
Con un certo pudore e ironia sono costruite per "non disturbare il sonno dei genitori" che al mattino si devono svegliare presto per lavorare i campi.
Pare sconvolgente per i nostri canoni, ma c'è una certa pragmatica saggezza in questa consuetudine; Come potrebbe infatti una ragazza scegliere un buon marito se non ha esperienza degli altri uomini? 
Questo favorisce la crescita dei giovani e la scoperta di una sessualità senza inutili tabù e gelosie confrontandosi e conoscendosi in un contesto naturale e libero, permettendogli di crescere in esperienza e maturità. 
A votle invece nella nostra società anche persone in là negli anni non sono ancora maggiorenni, dunque... 

Sorvolando le fangose questioni legali sull'età è incontestabile che la potente spinta alla procreazione è anche una grande espressione di emancipazione, perché se possiamo creare Vita, questo significa che siamo liberi. 
A patto che questo moto verso la riproduzione o anche solo verso l'altro, sia veramente spontaneo cioè libero da regole e stereotipi, viceversa risulterà una semplice funzione biologica benedetta dalle consuetudini, non un meraviglioso atto della propria volontà e della natura profonda che ci unisce come umanità.

Solo in tale dimensione di libertà, e solo in quella, si può esprimere completamente il proprio modo di amare, ciò è però visto dalla società, fatta di leggi e dogmi come una ribellione.
Ognuno sicuramente vive la sessualità e la relazione con il partner in maniera diversa e originale, ma solo all'interno di quel recinto costruito dalla morale, dagli usi e dai costumi stabiliti da altri. 
Tutto ciò non è necessariamente giusto solo perché regola.

Certamente c'è differenza fra sesso e amore, principalemente perché nelle persone vi è una frattura tra corpo ed emozioni, e avviene così di poter scindere le due cose in maniera drastica. 

E' vero, si può amare senza sesso; Lo è per gli amici, i figli,  le persone della propria famiglia e certamente lo è con la consorte dopo qualche anno di matrimonio, ma al di fuori di questi casi, il desiderio e il sentimento passano attraverso la sessualità, si esprimono grazie al corpo, almeno nelle persone normali.  
Perfino emozioni più tiepide come l'affetto e la simpatia ci spingono naturalmente a manifestarlo corporalmente, attraverso un'abbraccio o una pacca sulla spalla. 
Questa materialità ci permette di scambiare i sentimenti e  di percepire quelli degli alri, attraverso il contatto. 
Senza tocco fisico non ci sarebbe sviluppo psichico in una persona.
Questo è dimostrato da esperimenti con i primati, forse gli animali a noi più simili. 
Prendendo due gruppi diversi di scimpanzé, in uno di essi le scimmie sono allevate dalla madre biologica e nell'altro invece da manichini di pezza.; Sebbene nutriti della stessa quantità di cibo, i cuccioli allevati con madri artificiali risultano crescere la metà degli altri e con turbe psichiche perché deprivati del vivo contatto materno. 

Tornando agli umani, penso che ognuno vorrebbe conoscere e vivere la propria sessualità nel modo che più gli piace, ma questo dalla società e dalla religione non è consentito; Non per una questione morale com'è dichiarato ipocritamente per giustificare quest'ingerenza nella vita privata di ognuno, ma per non voler permettere all'energia di ogni uomo e donna di manifestarsi liberamente, e con essa generare dei pensieri emancipati dai luoghi comuni, derivanti proprio da questo stato liberatorio. 
Le scelte connesse poi a questo libero pensiero, libero perché spontaneo, sarebbero dirompenti per gli interessi e i privilegi custoditi proprio dal potere e dalla religione.

Reprimendo la libido, si reprime così la potente spinta alla vita di ognuno. 
La vita è libera, lo si vede nella Natura che ci insegna più di ogni prete, monaco o ayatollah cosa sia l'esistenza nella sua forma incontaminata, cioè scevra dalle idee che si mettono davanti ai fatti pervertendoli.
Limitando la sessualità, si limita la forza esistenziale di tutti, la capacità di trarre piacere senza senso di colpa, e di sviluppare la capacità di amare, di amare secondo il proprio sentire.

Questi sono i primi passi verso la libertà individuale che potere secolare e spirituale non vogliono, perché in contrasto con i loro interessi, per il semplice motivo che uomini e donne felici, senza complessi e senza assurdi sensi di colpa, sono persone molto difficili da manipolare.
E' curioso che proprio i religiosi che non vivono una sessualità libera, perché spesso sono obbligati al celibato o all'astinenza (apparente) siano paradossalmente quelli che definiscono le regole cui gli altri dovrebbero vivere la vita intima e familiare. 
Non è assurdo? Eppure funziona così.

"Dividi et impera" non è valido solo in campo politico e militare, ma anche nel letto di casa. 
La religione dividendo l'umanità in uomini e donne, credenti e infedeli, messia e gregge, assegna compiti e diritti diversi in maniera arbitraria.
In realtà, essi spaccano il genere umano in più parti, schieramenti opposti e volutamente in contrasto tra loro, mettendo il seme della discordia, della rivalsa e della sopraffazione ora per una, ora per l'altra fazione. 
Si crea, in nome di ottime parole, un'umanità schizofrenica poiché separata da muri chiamati: definizioni.
In particolare tra uomini e donne. 
Come potremmo mai andare d'accordo se dividiamo noi stessi, l'umanità e il mondo in generi? 
Quando la vera reale diversità è solo di status sociale ed economico tra esseri umani o per meglio dire tra chi sfrutta e chi è sfruttato che è molto peggio che tra predatori e prede, perché il predatore almeno quando è sazio non caccia il più debole. 
L'uomo infierisce sul debole, solo perché può farlo e la sua fame non si placa mai.

Quei pochi che hanno potere e denaro e che purtroppo vivono come parassiti, grazie alla povertà e all'ignoranza di altri, fomentano divisioni per trarne guadagno e giustificare la propria esistenza addirittura come risolutori di problemi, quando in definitiva ne sono la causa.
Risulta evidente che c'è una forte commistione di interessi tra politica e religione, di fatto questi poteri non sono quasi mai in conflitto tra loro, si spartiscono i guadagni e i privilegi derivanti da questa leadership senza pestarsi troppo i piedi a vicenda, anzi spesso sono complici dei medesimi raggiri.

E' palese che il più generalizzato e odioso problema tra gli uomini è l'avidità.
Nelle persone in posizioni di privilegio tale difetto è talmente grande da essere quasi senza misura; Necessariamente per la realizzazione dei loro sempre nuovi desideri esercitano il disprezzo verso la vita e la felicità degli altri, soprattutto se non gli servono, proprio perché per loro contano solo le voglie non le persone. 
La loro meschinità criminale ben si misura con il modo cui valutano il valore dell'esistenza di chi non gli è utile che risulta pari a zero, in quanto per essi contano solo i costi e i ricavi. 
Una contabilità dove non può trovare posto nessun senso di  umanità. 
Arriverà anche per loro il momento quando saranno pagati con la moneta che spendono, non è una jattura perché quel momento arriva sempre e per tutti. 
Sino ad allora bisognerebbe limitarli, ma anche smettere di sopportarli. 
Non sarebbe necessaria un'insurrezione armata, basterebbe non aderire acriticamente ai loro maneggi e alle piccole comodità che usano per togliere a tutti tantissimo. 

La repressione sessuale è giustificata da queste "guide illuminate" dell'umanità per evitare comportamenti malsani, eccessivi, addirittura smodati. 
Come se senza una ferrea morale, la gente potesse trascorrere la vita in una sorta di orgia continua, dimenticando il lavoro con cui si guadagna il pane. Follia. 
Non lo affermo per spirito di contestazione, ma è la biologia stessa che risponde al mio posto. 
Quanto umanamente una persona può fare sesso? 
Una, due, tre o quattro volte al giorno? Tutti i giorni? Per tutta la vita? 
Pare poco credibile e fisicamente insostenibile con tutte le cose che ci sono da fare quotidianamente e la fatica che comportano.
Sostengo invece che una volta tolto il "proibito" dalla sessualità si ridimensionerebbe molto il suo fascino e desiderio, lo si vivrebbe in maniera naturale, certamente più di quanto è preteso ora dalla morale con l'imposizione.

Esiste una profonda distorsione negli esseri umani a proposito della realtà umana. 
Sono basito come non lo notino. Molte persone non comprendono come le strutture cui affidano la loro sicurezza e benessere siano le stesse che gli fottono la qualità della vita. 
Si scagliano in assurdi conflitti e discussioni per stabilire regole e ordinamenti necessari a risolvere i problemi, quando in realtà l'unico problema l'abbiamo tutti davanti agli occhi appena ci guardiamo allo specchio.

Come dico sempre: "Non esistono regole buone, ma solo persone buone."

Bisognerebbe investire in questo, mi pare evidente. 
Una persona buona cioè in contatto con la realtà, non ha bisogno di alcuna regola, mentre una cattiva (inconsapevole) appena non sarà vista o sottoposta a un controllo farà del male a dispetto del Diritto e dei Comandamenti. 
Qual'è il senso dei meccanismi di repressione, quando gli effetti utili saranno solo superficiali e momentanei? 

La religione sembra voler dare un insegnamento di libertà, ma in sostanza esalta la repressione, la negazione di ogni legittimo piacere a disposizione in questo mondo (già povero di soddisfazioni). 
Di fatto è contro l'uomo, o almeno contro la sua felicità. 
Questa castrazione è vista addirittura come una virtù; In nome di ipotetici compensi post-mortem non concede alcuna soddisfazione in ciò che invece ci è messo a disposizione qui e ora: la Vita. 
Se qualcuno osa godere di qualcosa che lo rende felice, questo qualcosa sarà sempre all'ombra di un assurdo peccato. 
Così alla fine se un essere umano colgie un po' di felicità non potrà mai esserne completamente contento, soffrendo di qualche senso di colpa. Se non è malattia psichica...

Lo stesso meccanismo funziona per il potere che gestisce le leggi e l'economia. 
Maggiormente un cittadino sarà ligio e supino alle norme della società, comprese quelle ingiuste e assurde che separano questo mondo in classi e mantengono questa separazione insormontabile, benché tutti sanno che è iniquo, più lo si definirà onesto, integerrimo, quando in relatà sarà solo un servile schiavo quasi lobotomizzato.

Similmente, più un uomo e una donna saranno considerati pii e devoti dai canoni religiosi, più la loro vita sarà priva di bellezza radiosa; Negandosi infatti il piacere sarà svuotata di passione e d'amore vero, cioè quello carnale e ardente, e non quella brutta copia sbiadita di una vita deprivata dal sano godere di vivere gustato sino in fondo senza ansie e paure.

In quest'ottica che personalmente trovo miope, pare proprio che l'approvazione dei cosiddetti poteri forti sia l'unica e sola gratificazione concessa a quella moltitudine di masochisti omologati che chiamiamo umanità.
Ogni tentativo di cambiamento verso una maggiore autonomia e libertà, anche solo un modo diverso di vivere,  è schiacciato.

Come dimostrato ampiamente dalla Storia il "proibizionismo" ingigantisce i problemi, invece di risolverli.

La domanda che giunge naturale come il mattino dopo la notte è: "A chi giovano questi problemi e queste strategie inutili?" 
I problemi servono, servono eccome; Al potere prima di tutto per esistere e giustificare le sue azioni spesso abiette che altrimenti non avrebbero giustificazione. 
Possibile che nessuno si rende conto che in migliaia di anni l'umanità non ha mai risolto un solo problema? Neanche uno. Pare credibile? 
Allo schiavo si è sostituito il salariato (non certo per filantropia ma per convenienza), alla nobiltà che spadroneggiava prima, ora ci sono gli anominmi oligarchi che spadroneggiano ugualmente, ci sono i  membri dei  consigli d'amminstrazione delle multinazionali che gestiscono la vita e la salute dei cittadini come prima lo facevano i baroni. Tutto avviene oggigiorno solo in maniera più nascosta e subdola, almeno nei paesi dove c'è un po' di libera informazione, perché dove nessuno può vedere le barbarie si compiono esattamente come quando non vi era altra legge che quella del più forte. Alle scuole elitarie certamente i figli degli operai non potevano andarci prima e non possono andarci ora. 
Di fatto la diseguaglianza ci rende quasi tutti simili. 
Abbiamo molte prigioni che ci rinchudono e ci dividono, e le peggiori sono quelle trasparenti che ci segregano illudendoci di essere liberi. 
Basta fare qualche centinaio di chilometri lontano dalla "democratica" Europa ed ecco che si ripiomba in un medioevo fatto di soprusi e superstizione. 
Il lusso con cui le poche nazioni ricche coprono la miseria che esiste comunque nel medesimo territorio, è solo una maschera, una scenografia che si sostiene grazie alle flebili sovrastrutture economiche che se crollassero, tutto il nostro sistema sociale imploderebbe su se stesso, perché privo di sostanza e reali principi etici.

Questo fallimento umano totale, è avvenuto e avviene, non per stupidità e nemmeno per mancanza di mezzi, ma solo per colpevole interesse di alcuni che sono definiti dalla società civile come "importanti leader" e l'altrettanto colpevole disinteresse dei molti, più prosaicamente chiamati "morti di fame".

Non ci vuole una dottorato in Scienze Politiche per comprendere che se alcune persone in una società hanno un problema e altri, nella medesima società non l'hanno, non è ragionevole aspettarsi che chi non ha questo problema possa risolvere quello di chi l'ha. 
Si incaricano invece i ricchi di risolvere il probrema della povertà, ai bianchi i problemi dei neri, dei gialli o di tutti i colori che vivono al mondo, ai religiosi la crisi di fede dei non credenti, ai politici che trascorrono la vita nel privilegio si chiede che trovino le soluzioni per i diseredati. 
Non è certo un caso che non si è mai risolto nulla. 
Mi pare ancora più ovvio che chi ha un problema non ha né i mezzi né la soluzione per risolverlo, altrimentei lo avrebbe già fatto. 
Che fare allora? 
Il modo di sistemare le problematiche di alcuni e farle diventare le problematiche di tutti, è così semplice. Lo ripeto: "Quando i problemi di alcuni saranno i problemi di tutti si troveranno finalmente soluzioni".

Quando tutti hanno lo stesso problema infatti una soluzione si trova sempre. 
La storia umana l'ha mostrato centinaia di volte, ma sembra che questo "uovo di colombo" sia passato inosservato. 
In ogni caso è talmente banale che non serve un genio in sociologia per capirlo. 

Se qualcuno è perplesso che una soluzione così semplice possa risolvere tutti i "complessissimi" problemi di questo mondo, basta immaginare cosa succederebbe se l'inquilino dell'ultimo piano, si proprio quello che da una settimana non ha il riscaldamento, per infiniti e inestricabili problemi operativi, di colpo come per magia potesse trasferire il medesimo disagio a tutto il condominio e anche alla casa dell'Amministratore dello stabile. 
Alé! Tutti senza riscaldamento per il medesimo guasto. 
Pensate che in 24 ore il problema non sarebbe risolto? 
Alzi la mano chi non lo crede che è di sicuro il più cretino su questo pianeta.

Sarebbe estremamente semplice cambiare il cupo panorama odierno ma servirebbero persone un "pochino" diverse di quelle oggi a disposizione.
Ipotizzando un'umanità fatta  di persone normali, basterebbe  considerare la nostra felicità e la naturale aspirazione alla libertà come espressione comune della felicità di tutti, ovvero libera dai vincoli insensati e dall'ipocrisia che gestisce non tanto la vita sociale, ma quella personale.
Regole che tra l'altro, si applicano alla maggioranza, non certo all'élite. 
Stranamente nella moltitudine questa disparità non crea conflitti cerebrali, non vi è nessuna contraddizione agli occhi del popolo. 
La gente non contesta veramente, cioè con le azioni, i privilegi. Di fatto non li considera un vero male, ma più che altro un proprio nascosto auspicabile obiettivo e infatti li vorrebbe per se, ma visto che non li può avere, allora sommessamente ammira i privilegiati e magari un po' l'invidia. 
Pare proprio che l'uomo non sappia vivere senza un padrone o viceversa lo deve diventare egli stesso. 
Una condizione di eguaglianza reale e non a chiacchere come avviene oggi, sembra disorientarlo. 
Parla di libertà, ma non la merita fino in fondo, perché essa comporta una notevole emancipazione, in primo luogo dalle gabbie che tutti abbiamo dentro la testa che sono le più inviolabili prigioni che esistono, perché non si vedono, almeno finché uno ci vive dentro. 

Essere conformi a quello che sentiamo, rispetto a quello che ci è detto di sentire come giusto è considerato scorretto da questo mondo. 
Allora, se non siamo buoni giudici di noi stessi che vita ci attende? 
Una vita schiava delle norme di chi si arroga il diritto di sapere cosa è giusto o sbagliato non solo per se stesso, ma addirittura per tutti.

Mi domando ancora come con tali premesse, la nostra adesione alla rettitudine non sia altro che mero conformismo, e dunque quale valore ha la nostra stessa vita? 
Quale peso hanno con una tale subordinazione, le nostre scelte?
Se la felicità e la libertà di tutti e di ciascuno non è unita e non ha la medesima importanza, di quale felicità e di quale libertà si può parlare veramente?

Felicità e libertà condivisa dovrebbe essere il contrappeso da porre sulla bilancia della Giustizia per pesare i nostri comportamenti e desideri. 
Non serve altro maestro che un po' di onestà e sinceramente guardare dentro noi stessi e questo "me stesso" in rapporto agli altri, considerandole allo stesso modo, e così capire cosa è equo.

Il primo passo è sicuramente comprendere il linguaggio del corpo, attraverso i suoi desideri naturali e anche la sua sessualità che non è altro che una comunicazione tra un corpo e un altro per giungere perfino a una comunicazione tra anime.
Consideriamo banalmente la comunicazione come la trasmissione di un'informazione attraverso la parola, quando la scienza ci dice che la maggior quantità di informazioni sono trasmesse e percepite in maniera non verbale. 
Il corpo non mente, le parole invece lo fanno spesso, infatti in alcune ricerche e test si utilizza la lettura del comportamento, l'espressione corporea, come metodo di verifica della veridicità di quanto è affermato.

A quanti è capitato di udire un "si" e di sentirsi comunque respinti? 
Quante volte tale percezione è risultata errata? 
Credo, assai poco. Sarebbe allora auspicabile comunicare con quanto ci permette di cogliere una maggiore sincerità.
Esistono tanti modi di comunicare.

Nell'antico Giappone dove la maggior parte delle persone non sapeva scrivere si usavano i sassi al posto delle missive. 
I codisiddetti "sassi parlanti". 
Quando ad esempio un uomo voleva far sapere ad una donna quanto fosse profondo e importante il suo amore, oppure voleva esprimere la preoccupazione per il comportamento di un familiare, mandare un'augurio a una persona cara, sceglieva un sasso da fargli recapitare, altre volte glielo donava lui stesso.
Se era bianco e liscio, indicava purezza e un augurio di felicità e di serenità, pesante o leggero ne definivano l'importanza, ruvido oppure colorato le altre sfumature dei sentimenti. 
Il sistema funzionava bene, basandosi sull'intuizione comune propria della natura umana.
L'uomo sa dunque esprimersi in moltissimi modi.

A me è capitato perfino che certi brevi silenzi mi parlassero per ore...

Ciò che non è da dimenticare è che viviamo tutti in un mondo materiale, anche se generalmente crediamo all'insostanziale, all'invisibile, alla spiritualità o come si voglia chiamare la nostra propensione verso l'intangibile.
Questo Mistero, a mio modesto parere, deve essere colto attraverso la materia che è ciò di cui siamo fatti e che tangibilmente appunto, abbiamo a disposizione.

Alla comprensione del vuoto si giunge attraverso il pieno. 
Così come un'anfora è intesa dalla sua capacità, è il suo  spazio vuoto cioè la possibilità di accogliere un contenuto che le conferiscono un senso; Dal suo vuoto interno, circondato dalla tangibile argilla, essa si riempie di significato.
  
Accade anche che il valore di alcune cose sia capito dalla loro mancanza, non solo perché l'uomo nella sua idiozia si accorge dell'importanza di qualcosa quando non l'ha più, ma perché certi fatti analizzati direttamente risulterebbero inconcepibili e incomprensibili.

La natura della realtà è colta per sottrazione più che per definizione. 
Si chiarisce di più cosa sia qualcosa, comprendendo cosa non è, perché la cosa in sé, il suo senso ultimo, il suo valore intrinseco ci sfugge sempre.

Se però non conosciamo il nostro corpo, e quello che la Natura ci dice di seguire è certo che non possiamo che perderci.

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