venerdì 31 agosto 2018

Vecchie squaw e guerrieri silenziosi


La comunicazione odierna è rapida, sintetica, spesso superficiale, perché la capacità di attenzione della maggioranza, pare essere quella di una mosca su una merda. 

Così oggigiorno si consuma un happy hours di parole, è tutto solo un aperitivo; mentre la cena non arriva mai. 
Personalmente, pur conservando un aspetto "giovanile" sono una essere arcaico. 
In me la comunicazione va solo in una direzione: la profondità...E ovviamente anche qualche stronzata che quelle scappano a tutti. 
Non credo di essere serioso, perché con le tre o quattro persone di valore che ho conosciuto, delle migliaia che ho incontrato nella mia vita, riesco a sviluppare questo modo anche ridendoci sopra. 

Come in un ricordo di una vita passata, immagino che un tempo forse si comunicava in maniera più vera. 
Allora si avvicinava l'interlocutore e gli si diceva: "Parliamo". 
Si trovava un posto tranquillo per discorrere e ci si sedeva. 
Si montava e si accendeva la pipa, si faceva qualche respiro, e si cominciava a dire qualcosa, fumando con la Channunpa. 
L'altro ascoltava, poi rifletteva su quanto sentito. Valutava se la logica del discorso era coerente, se le informazioni su cui si basava il ragionamento avevano un fondo di realtà, per chi e per cosa era stato detto quello che era stato detto. 
Con lo stesso metodo si pensava ad una risposta, e se quella risposta era adatta al momento e alla persona che si aveva di fronte. L'intento delle parole era buono?  

Queste erano le domande che ci si faceva prima di aprire la bocca. 
Perché la parola ha un grande potere. La parola può guarire ma anche uccidere. 
La parola ha una potente magia, prende vita grazie al fiato di chi la pronuncia e non può essere più distrutta, nemmeno da chi l'ha creata, nemmeno da un grande guerriero. 
L'unico modo per far morire una parola detta è ucciderla con la solitudine, ma anche allora non era facile, figuriamoci ora in un mondo tanto affollato. 
C'è dunque grande responsabilità.

Non si poteva mentire fumando la pipa sacra, perché essa rappresentava tutto l'esistere, le sue belle piume d'aquila univano tutti i regni animali con l'animale a due gambe. Essa portava la voce al Sacro Mistero. 

Poi, si guardava il cielo e si cercava un segno. 
Forse Wakan Tanka era lì? 
Partecipava a quel dire? 
Se inviava un segnale, magari era solo un rumore inaspettato di qualche animale, un tuono lontano oppure una nuvola strana che metteva l'accento della Natura a quel discorso, bisognava considerarlo nel modo giusto. 
Infine chi aveva ascoltato, dopo un po' parlava a sua volta.

Comunicare allora era incontrare il cuore di un'altro, era mettersi in contatto con tutto quello che non si conosce per dargli modo di esprimersi. 
Non solo il pensiero si faceva fiato, ma il fiato si faceva vento e parte della Terra cui tutti apparteniamo e non viceversa come accade oggi.  

Questo si è perso o peggio è ignorato. 
Oggi resta solo il silenzio della gente che parla.

Oppure come si diceva allora con una certa ironia delle parole senza peso: "Borbotta come vecchia squaw stupida mentre fa sogno ancora più stupido".

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