venerdì 11 aprile 2008

Parte VII Salita agli Inferi



Gli eventi con singolare rapidità stavano per volgere in tragedia.

All’interno del pentacolo infuocato i nostri tre “amigos” erano legati mani e piedi a picchetti di ferro incuneati nel selciato. A nulla valsero le invocazioni dei suoi due amici sulle indelebili pieghe che andavano creandosi sui loro vestiti, i diavoli erano intenzionati a far scempio di loro.
Come naufrago che rivolge il suo ultimo sguardo all’orizzonte tempestoso il nostro prigioniero volse il suo ultimo colpo d’occhio al mondo.
Tra il branco affamato che aspettava di dilaniare le sue nobili carni egli incrociò lo sguardo con quello torvo di Chuck Norris.
Fece quindi affidamento alle sue capacità ipnotiche ed eruppe in tutta la sua eloquenza: “Esimio collega” si rivolse al principe delle tenebre come ad un suo pari e continuò “Lei mi insegna che nel “debello diabuli” è posta al capitolo 6 versetto 66 la possibilità di uno scontro tra anime dannate per la supremazia della legione malefica”.

Il capo dei vampiri alzo di scatto un pugno chiuso (come un caposquadra swat, quando incontra una minaccia) e di botto si fece silenzio.

“Bene sono riuscito ad avere la loro attenzione” penso il nostro giovine avvocato.
“Come dicevo, pocanzi stimati giurati, il libro delle messe nere prescrive ove lo demone sfidante affronti lo Principe degli Inferi, uno scontro su tre prove a guisa di torneo.
Abilità, forza et intellighenzia sono pesate et misurate e chi fosse giudicato mancante lascerà il terreno allo vincitore” lasciò quindi qualche secondo di silenzio affinché le proprie parole facessero l’effetto voluto.
“Ma che cazzo stai a dì!” intervenne uno dei suoi assalitori in un poco appropriato accento romanesco.
Nosferatu (Chuck Norris) lo zitti con un calcio ad uncino girato e carpiato direttamente sulla tempia facendolo crollare a terra svenuto.
“Silenzio” disse con una voce inaspettatamente stridula, “precisa alla deputata Rosa Russo-Iervolino” avrebbe detto sempre la sua portinaia napoletana.
“Sentiamo questo rifiuto dove vuole andare a parare” aggiunse con un sovracuto.
E con un cenno della testa magicamente fece sciogliere i nodi che vincolavano il nostro prigioniero.
Sfregandosi i polsi spellati il nostro eroe sentenzio: “Io sono Zer-Bin-ah-thor, “odorato” signore del male nelle isole della Malesia e della Micronesia.
Estrasse dalla tasca la reliquia avuto in dono dal santo Elia che era la prova del suo lignaggio. Si trattava di una pergamena del medioevo ove era ritratto egli stesso, mentre riceveva investitura direttamente da John Holmes come suo discendente legittimo ed accreditato.

“Ti sfido nelle tre prove come da regolamento condominiale precitato” concluse la sua splendida arringa.

Gli astanti esclamarono un simultaneo: “ Ooooooohhh!”

La moltitudine venne però nuovamente zittita da Nosferatu che si esibì in due colpi di pugno a vuoto i quali produssero il caratteristico rumore di una spada che fende l’aria “fuah- fuah!” e bastò questo per riottenere il silenzio.
Solo un sussurro, lievemente effeminato, proferito dai due prigionieri legati segnò la ripersa del dibattito. Il loro commento congiunto e sommesso alla performance di Chuck Norris fu: “Meravigliosamente tamarro…”

La tensione ormai era al vertice.

Furono enunciate dal nostro patrocinatore le tre prove previste dal regolamento sanitario.

“Prima prova, prova di intelligenza sarà stabilita con una partita a scacchi”.
“Seconda prova, prova di abilità sarà consumata con una partita a freccette”.
Concluse infine, schiarendosi la voce: “Ultima prova, prova di forza, braccio di ferro con i denti canini”.
L’enunciazione di questa ultima maschia prova di potenza strappò un’ovazione di piacere del pubblico pagante di questa arena demoniaca.
“Va bene” squittì acconsentendo il Iervolino-Vampirino e voltò la testa in un gesto di stizza.

Per brevità la partita di scacchi fu fissata in una “partita lampo” in cui il tempo massimo per tutte le mosse fu stabilito in 15 secondi totali.
Allestito in un baleno la scacchiera si diede inizio alla prima prova.
La partita si svolse con una tale rapidità che anche un giocatore esperto sarebbe stato messo in difficoltà nel seguirne lo sviluppo e per questo su un maxi schermo fu trasmessa in slow motion.

Il nostro Gran Maestro utilizzò la sua apertura preferita ma sconosciuta a qualunque manuale (detta apertura Baskin dal nome del suo ideatore) concepita di una rosa di pedoni aperta a ventaglio, l’originalità del gioco confuse il suo avversario.
Per amore di verità la partita all’inizio si volse in sfavore del nostro prode che dopo aver perso quasi tutti i pezzi con continue mosse stravaganti e apparentemente svantaggiose, risolse con una combinazione geniale il finale ribaltando la situazione e con un solo un alfiere, una regina e un pedone concluse con uno scacco matto alla mossa numero 27.
Il Principe delle Tenebre sconfitto si masticò una torre per la rabbia.

Con grazia e dignità il nostro vincitore lasciò cadere nel vuoto le ovazioni della nera compagnia che man mano si appassionava a questo outsider.

I suoi amici prigionieri non si erano ancora accorti che la loro posizione stava migliorando e continuavano reciprocamente ad accusarsi di aver accettato questo invito ad una festa che fino ad ora non aveva avuto quasi nulla di divertente, volgendosi poi ad un guardiano degli inferi posto a loro custodia chiesero almeno di abbassare il riscaldamento, in quanto faceva un “caldo d’inferno” all’interno di quel pentacolo. Inutile dire che maleducatamente non fu dato corso alla loro gentile richiesta.
Sordo ad ogni distrazione il nostro tiratore scelto si apprestò alla seconda prova non senza aver tracannato almeno altri sei long island ice tea (ma senza coca-cola).

La lotta fu dura sin dall’inizio anche perché Nosferatu era un insuperato lanciatore, allenato e consigliato nella strategia da uno stravagante personaggio, un certo Michele Magilla giocatore di freccette professionista, sport cui aveva votato la propria intera esistenza. Il consulente era inoltre tra i più ingordi bevitori di birra del Regno Unito. In effetti, non si capiva se aveva iniziato a giocare a freccette per poter bere o viceversa.

Comunque fosse, complice il caldo torrido vicino al pentacolo, il perito Michele Magilla era probabilmente ubriaco già prima di dispensare i suoi consigli, i quali risultarono forvianti per Nosferatu; questi, furente, lanciava le sue freccette con una violenza inaudita, ma senza precisione.
Il nostro beniamino invece lavorava “di polso” con un’eleganza ed un distacco che si sarebbe detto che nella sua vita non aveva mai fatto altro che dedicarsi a questo gioco.
La vittoria si realizzò sul filo del risultato in un crescendo di “suspance” che confermò il nostro beneamato cecchino come dominatore.
Egli dichiarò, già prima del ultimo tiro, un “triplo diciannove” puntualmente realizzato e che lo coronò trionfatore.

Nosferatu era pieno di odio e contava sull’ultima prova per stroncare questo diavoletto della Malesia.
Sfogò la sua rabbia sul povero Michele Magilla infilandogli una serie completa di freccette al carbonio in quel posto dove nessuno si aspetterebbe di riceverle e il suo commento fu: “Triplo cinquanta per il mio bravo consulente!”.
Il disperato Magilla giurò sull’immagine di Trezeguet (suo calciatore preferito) che non avrebbe più toccato una freccetta né una birra in tutta la sua porca vita.
Giunse così il tempo della prova finale: la mischia dei denti canini.

Come due lottatori di Sumo, i due campioni, guardinghi si giravano attorno con le braccia aperte e le mani ad artiglio, pronti a sferrare l’attacco alle fauci del proprio avversario.
La folla di demoni vampiri gli faceva cerchio levando un canto di incitamento “Osteria numero venti se le fighe avessero i denti ecc ecc.” Credo che fosse questo il motivetto intonato.

Dopo un tempo che parve scandito dalla tensione palpabile i due titani si lanciarono in un attacco kamikaze.
I canini di entrambi si scontrarono in un braccio di ferro odontoiatrico di inaudita forza.
Una pioggia di lapilli e di scintille cadde dalle fauci serrate in questo “bacio mortale” sfrigolando sull’asfalto.
Come le migliori lame di Toledo i denti dei due campioni si scalfiscono senza spezzarsi.
Le mani strette l’uno nelle altre, i glutei e le cosce contratte in una spasmodica spinta facevano ora avanzare il Principe della Notte e ora il Conte di Massa in una danza che ricordava il combattimento dei mufloni argentini per il diritto alla riproduzione con la femmina.
La folla era in delirio.
Scorrettamente il figlio di Satana liberò una mano e agguantò i genitali del nostro guerriero con una mossa subitanea. Proferì, l’infingardo con voce stranamente baritonale una frase Eduardiana dal senso oscuro “Te piace o’ presepe? Eh!”.
Il nostro samurai replicò con un urlo belluino (leggermente più acuto del solito)e trovò nel vile attacco la forza di reagire con un colpo distruttivo.
Egli sollevò di peso con la sola forza delle fauci l’ignobile Chuck Norris e gli spezzo con un contraccolpo entrambi i canini facendolo rovinare a terra nella polvere e nella sconfitta.

Come Rocky Balboa il nostro vincitore sollevò i pugni verso il cielo tra le urla di acclamazione pronunciando, come Stallone nel film, il nome della sua amata: “Kiki! , Kiki!”.
Era certo meglio di “Adriana!”, senza alcun dubbio.

Fu poi portato in trionfo.

Come nuovo capo degli inferi egli stabili da subito che la festa nazionale del vampiro fosse spostata al 4 settembre (giorno del suo genetliaco) e che fossero aboliti i sacrifici umani, fatto salvo per gli ausiliari della sosta (razza proto-umana che infesta la metropoli).
Come succedaneo all’immolazione umana durante questo Grande Sabba e per i prossimi a venire si dispose che un vampiro estratto a sorte, ma che doveva però essere un parrucchiere e con un -nome a caso- che corrispondesse a Tankredi, fosse sodomizzato con un enorme fallo di fuoco.
La presente regola si abbattè subito sulla "perfita anima necra" che venne individurata facilmente grazie ai suoi flash di segnalazione.

Era giunto infine il tempo di dire addio alla folla dei suoi nuovi adoratori.

Liberati i suoi amici e preso “in prestito” una station wagon funebre il nostro eroe parti a tutta velocità verso la sua casa in via Palmaria.

Mentre si allontanava, alla guida di quel nero veicolo e ancor più si allontanava da quella notte di terrore, udì le urla disumane di Tanckredi che riecheggiavano alle sue spalle.
In quel preciso istante il primo raggio di luce del nuovo giorno lo sorprese con un mezzo sorriso beffardo che si insinuava come una fenditura sul suo volto di pietra.

Continua….

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