lunedì 14 aprile 2008

Conversazione con Antony Sopriano

Seduzioni o maledizioni?

Breve antefatto.

Durante la mia gioventù trascorsi un breve periodo negli “States” a New York.
Lavoravo per mantenermi a Staten Island come operaio al porto. Nei miei momenti liberi facevo visita a mio zio “Pussy” Bonpensiero che abitava nel New Jersey. In una di quelle occasioni mi venne presentato Antony Sopriano, il “Boss”.
Lo incontrai in seguito un pò di volte al “Badabim”, un locale equivoco dove lui e mio zio avevano il loro ufficio e curavano gli “affari di famiglia".
A volte, per sdebitarmi della loro ospitalità fornivo informazioni utili sui container nel magazzino del porto, i quali venivano poi “trovati” dagli amici del mio caro zio, prima che si perdessero.
Grazie a queste mie premurose segnalazioni si creò una familiarità con Antony che altrimenti non avrebbe avuto modo di esistere.
Passati gli anni, ricevetti una sua telefonata che mi informava che era Milano per affari. Ho avuto così occasione di rivederlo per un breve periodo e chiacchierare con lui di varie amenità . Alcuni dei nostri incontri, avvenuti sempre di notte, sono stati molto interessanti.
Ecco la cronaca di una serata di quelle...


La scena.
Casa di Tony, in una località, non meglio precisata del nord di Milano, notte fonda.
L’appartamento è ampio, ridondante con note kicth che punteggiano gli angoli di casa.

Giganteggia sulla parete uno schermo da 50 pollici Samsung (caduto dal camion come ama dire), sul tavolo basso diverse bottiglie di birra e una solitaria di chinotto S. Pellegrino.
Tony è in canottiera, la camicia è appesa all’ingresso sul portaombrelli.
Noto che la canottiera è a costine molto fini, quasi aderente alla figura grossa e in soprappeso, indossa pantaloni grigi di Coneliani stazzonati, è sdraiato sul divano con in mano il suo palmare intento a consultare le puntate sulle corse dei cani.
Pare una mina sul punto di esplodere (spesso gli capita).
Le scarpe sono Church stringate, marroni, di ottima fattura.

Come pensavo, improvvisamente, come un rutto, commenta: “In un noto film, visto molti anni fa, mi colpì in modo indelebile la frase pronunciata da una donna matura, quasi anziana, ad una giovane donna.
Questa frase nella sua profonda saggezza e giustezza, conserva una penetrante malinconia”.

Tony si sporge verso di me e con le dita chiuse a sostegno del nulla, muove la mano avanti e in dietro in un gesto inequivocabile che spesso gli è familiare, mentre così facendo accompagna le sue parole: “La donna dice alla ragazza: -Cara, due cose al mondo non hanno limiti, il potere della seduzione e i modi per abusarne-”.

Visir, vestito come suo solito in jeans scoloriti e maglione blu (inappuntabile nonostante l’ora tarda e il tasso alcolico decisamente fuori norma), :”In effetti, la seduzione è un potere che sembra assoluto. Comincia ad essere esercitato, magari inconsapevolmente, tra i banchi della scuola elementare. E gioca sempre un ruolo determinante nelle relazione umane, non necessariamente equilibrato o democratico”.

Tony, osservando con una smorfia una macchia di sugo all’altezza del petto sulla bianchissima canotta:
“Secondo me è la base di tutto. E’ un potere che sottilmente si insinua nelle pieghe del cuore e della mente e spezza anche le persone più granitiche, come la goccia costante sulla roccia.
A che serve ad un uomo, mi domando, costruire un corpo forte come quello dì un leone, quando basta un piccolo sorriso per fargli cedere il passo ad una bella ragazza. Certo, noi la confondiamo con la gentilezza, ma cosa ci stia dietro, giù, giù nel fondo dell’anima lo puoi vedere anche tu.
Cosa serve, mi domando ancora, ad una donna vivere mille vite di studio e forgiare una mente brillante e tagliente come un serramanico, quando di fronte ad un uomo che suscita in lei certe emozioni resta con l’esperienza e l’ingenuità di una bambina ritardata.”

Visir: “In effetti l‘esercizio della seduzione, che nei rapporti sentimentali sembra essere una prerogativa più femminile, nei rapporti umani prescinde dai generi, dal sesso”.

Tony, con gli occhi arrossati, come da una notte insonne: “Apparentemente uomini forti e donne solide come montagne. Basta trovare in loro un punto d’appoggio e con la leva della seduzione ecco sollevarli come piume insieme al mondo intero con tutti dentro.
La seduzione è un volto con molte maschere, non dimenticarlo mai. Non è da intendersi solo come seduzione sessuale, come tu dici, quest’ultima davvero è la più facile, banale oserei dire.
C’è la seduzione che procura un’ideale, largamente usata in politica.
C’è la seduzione del guadagno, sfruttata dal mondo del lavoro, dall’economia di mercato.
C’è la seduzione di essere nel giusto, abusata dalle chiese, dalle religioni, da tutti i predicatori ispirati, nelle guerre per mandare gli uomini al massacro.
C’è quella della felicità, “la mutanda per tutti i culi” come diceva mio padre Antony senior.
C’è la seduzione più subdola e cioè quella di farci credere di essere una persona speciale.
A nessuno piace essere ordinario, l’hai mai notato? Abbiamo bisogno di sentirci unici, diversi, migliori dell’altro”.

Visir: “Un gioco politico, se lo vedi secondo una prospettiva più generale…”

Tony, con un’espressione indecifrabile, forse di commiserazione: “Molte sono le vesti con cui si presenta questo ospite non invitato ma tutti, e ribadisco tutti, questi giochi di specchi fanno capo ad un bisogno unico, primario.
Questo bisogno è il bisogno di completezza.
L’uomo si sente incompleto, semplicemente perché non si conosce o più semplicemente ancora non sa come costruire per se ciò che gli serve.
L’uomo non conosce se stesso, e in questa ignoranza profonda, atavica, germoglia l’insicurezza.
Ecco che l’uomo per sapere chi sia ha bisogno di conferme, di domandare, di chiedere come un mendicante.
Sente il vuoto in se e chiede ad un altro di riempirlo.
Pare strano che non si veda tutti, come in realtà ognuno giri ramingo per questo porco mondo con la mano tesa, ed i più ricchi sono proprio i più poveri, facci caso.
Vedrai quante manine hanno, altro che dea kali!”

A questo punto si accende una sigaretta, sbuffa un paio di nuvolette azzurre e continua:
“Dammi considerazione! Dammi amore! Dammi sicurezza! Dammi serenità…dammi, dammi, dammi, sembra mia suocera quando apre bocca!
Queste pretese querule ci assordano, ma abbiamo bisogno di giustificare la cacofonia delle nostre e delle altrui richieste con nomi altisonanti, altrimenti sarebbe troppo squallido.
Ecco allora le parole…eh si le parole, gli araldi della seduzione.
Parole come: Amore (tossisce), Amicizia (fa un gesto vago con la mano), Progresso (mulinella il braccio come un vigile), Dio (indica una macchia di umidità sul soffitto), e tutta la sequela di luoghi comuni che, vigliacco se uno si prende la briga di verificare se siano veri, e dove e a cosa si aggrappino queste gramigne rampicanti”

Passano diversi secondi di silenzio. In televisione scorre l’ultima pubbilicità del deodorante Axe, un uomo sulla spiaggia e preso d’assalto da due schieramenti di donne bellissime che provengono dal mare e dai monti, la sincronicità della cosa mi inquieta.

Visir: “Tante volte mi pare di essere un nano tra nani, tanta è la necessità di tirare a campare, riempire il frigorifero letteralmente e spiritualmente”.

Tony (ridendo): “Visto quanto sei basso mi sembra naturale che ti senti un nano! Seriamente, se vuoi la realtà, è che siamo tutti in fila come alla mensa dei poveri per il proprio piatto di minestra sciapa, ma la fame non passa mai”.

La sigaretta di Tony pende dalle sue labbra, è consumata per metà, ma la cenere non accenna a cadere, sembra incollata al filtro, a volte intorno a lui accadono fatti inspiegabili.

Poi riprende: “Come mai? Forse che nello stomaco teniamo un buchino? Magari non abbiamo uno stomaco, mi viene da pensarlo.
Guarda per esempio gli uomini politici, sono o non sono degli accattoni? Non hanno idee, solo sondaggi, delle banderuole, disperatamente attaccati alla sedia come naufraghi, ma si fanno chiamare nientemeno che “onorevoli”.
Però noi tutti non siamo messi meglio, altroché, se proprio ci fa male guardare la nostra vita osserviamo bene quella del nostro vicino e ce ne accorgeremo”.

Visir: vita da nani?

Tony (sembra non aver sentito): “Quale dignità c’è in un vivere così?
Nessuna. Semplicemente.
L’autosufficienza è libertà, cantava Mina nella canzone Il signor Robinson, e continuava, mezza palma vale due città. Illuminante”.

Una sirena ulula veloce sette piani sotto di noi, Tony si ferma come un lemure di sale, poi il suono si allontana, e ricomincia.

“Ora vorrei, solo per sulfureo divertimento, provare con te a immaginare di essere privo di bisogni, autarchico.
Di un’autarchia perfetta, meravigliosa, conchiusa nel perimetro della nostra pelle.
Come sarebbe la nostra vita? Le nostre (parolone) relazioni? Ancora tutto in piedi?
Oh! Mi pare di capire che diverrebbe molto diversa la storia da quella di ora”.

La voce gli si fa chioccia e si dondola con i palmi aperti vicino alla faccia gonfia, le dita brulicano come zampette:
“Manine, manine quante manine tese”.

Poi con nota greve ed ispirata:
“Poveri noi, che ci danniamo senza sapere che nulla si può aggiungere né si può togliere.
Fatemi ridere, stavolta” (ma invece resta serio, la faccia è una maschera Kabuki)
Scandisce le parole come in un soliloquio: “L’altro e il mondo è solo un’occasione.
E’ bello scoprire che quello che cercavamo era semplicemente riposto in luogo che avevamo scordato, dentro di noi magari, ma per edificare questa unità bisogna avere le mani libere, e allora? Basta non tenderle, non chiediamo più l’elemosina, ma usiamo le nostre mani per fare”.

Visir: Che hai detto?!? “ma usciamo i nostri nani per mare”?!? che vuol dire?!

Tony: ma sei sordo?

Visir: no, è che in piscina mi è entrata dell’acqua nelle orecchie.

Tony: “Ma che te lo dico a fare? Con te finisce sempre così…fammi chiamare quelle due mie amiche slave che almeno ci divertiamo un po’, stasera mi sembri una fetenzia”.

Si “attacca” al cellulare ed esce sul terrazzo, la sigaretta è nel posacenere, esala le ultime nuvole di tabacco bruciato è certo presagio di ciò che è stato e certamente sarà…per tutti.

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