venerdì 11 aprile 2008

Parte X L'Eterno Ritorno


Il mondo pareva dischiudersi ai suoi occhi emanando la fragranza di un fiore di loto sorto dal fango.
Era come attraversare al contrario lo specchio di Alice, ogni cosa trovava il suo posto, la sua giusta collocazione. Così lo faceva sentire sempre l’incontro con la sua personale Mecca, con il suo tabernacolo, con il tempio del suo amato guru: il suo dentista.

Le conseguenze della lotta titanica con il principe delle tenebre avevano lasciato sulle sue protesi dentarie non pochi problemi. Il lavoro del suo amato sacerdote in camice bianco era stato lungo e laborioso, ma alla fine era sortito l’agognato premio: nulla di meno che la perfezione.

“Non avrai problemi” disse quel gran figlio di Ippocrate, e il peso di questo giorno che pareva non finire mai di colpo si alleggerì.

Provava, uscendo dallo studio odontoiatrico, la meravigliosa sensazione di compattezza e di realizzazione che solo un’arcata dentale incondizionata poteva elargire.

I nuovi denti nella sua bocca erano comodamente adagiati all’osso mandibolare, serrati con le viti numerate (praticamente indistruttibili) e riposavano come bimbi addormentati in una nursery.
Il mondo era ora ai suoi piedi scalzi.

Quello che gli serviva lo aveva già con se, doveva solo trovarlo.

Procedeva spedito verso la sua ultima destinazione: Parigi.
In quella meravigliosa città egli avrebbe incontrato finalmente lei, la venere bonsai, il suo eterno interrogativo malese.
E dove, si domandava con un sorriso lieve che distendeva i suoi tratti insonni, dove mai avrebbe potuto amare un uomo se non a Parigi?
I passeggeri frettolosi non potevano intuire che in questo essere seminudo nell'attesa del suo turno allo sportello delle partenze dell’aeroporto di Malpensa ardesse nel petto un simile fuoco.

Poi, comodamente adagiato sul sedile vicino al finestrino vide sfrecciare qualche metro sotto di lui la pista di decollo.
Il leggero sobbalzo che provò al distacco generò in lui una strana preoccupazione, ingiustificata naturalmente, ma proprio per questo più subdola e malevola.

Cercò di stendere le lunghe membra per poter riposare, ma il sentore di un evento incombente non lo abbandonò.
Anche se scacciato, questo presagio nefasto tornava sempre; fedele come un cane randagio e pulcioso che si strofina vicino ad un passante frettoloso, insistente nonostante le male parole.

Il corso di questa battaglia inconscia fu interrotto dal suo vicino, un uomo dalla carnagione chiara e dagli occhi chiari anch’essi, allegri e intelligenti.

“Mi scusi, non ho potuto fare a meno di notare la sua eleganza minimalista”.

“Ci sono abituato, non si deve scusare” rispose gentile il Semidivino, con la sua voce bassa e flautata.
“Vede” continuò il simpatico compagno di viaggio “spesso per lavoro viaggio moltissimo e raramente incontro la vera nobiltà di un abbigliamento “understatement”, mi permetta…”, aggiunse offrendogli la mano “Sono Bing Loden Oznama”.
“Dall’origine del suo nome e dai suoi tratti somatici nonché dalla mimica corporea direi che lei è tosco-siriano, ma vive spesso a Dubai” disse il nostro megadeduttore.
“Sono sorpreso” sorrise Loden ”Sbalordito, come ha fatto?”.
“Empatia” disse con una nota di vaghezza che rimase in sospensione fra loro per qualche secondo.

In un moto di inaspettata e assolutamente ingiustificata accondiscendenza egli provò, per questo proto-umano, una disposizione d’animo che lo spinse a mostrare le sue innate qualità di sommo psicologo.

“Vede, figliolo” aggiunse con pastorale serenità “lei non deve angustiarsi del suo problema”.
“Quale problema?” glissò sornione il mediorientale.
“L’unico problema che valga la pena di affrontare seriamente, la gnocca”.
“In effetti, ci stavo proprio pensando. Come l’ha capito?” confermò spiazzato l’arabo infelice.
“L’ho notato da come osservava concupiscente l’hostess accaldata e in soprappeso che illustrava le uscite di sicurezza. Dal brivido muliebre che ha avuto alla vista delle sue braccia aperte come in crocifissione e che accompagnavano la solita spiegazione sul da farsi nel caso la fortuna ci volgesse le spalle. Un rituale sempre uguale per noi viaggiatori che non avrebbe destato altrimenti il suo interesse” lasciò, con abile retorica che la pausa donasse sapore alle sue parole come la decantazione il giusto pregio ad un vino raro.

Dopo qualche secondo di riflessione Oznama confermò “Pensi, Eminenza che prima di salire sull’aereo ho avuto tre rapporti mercenari con procaci peripatetiche moldave e non contento mi sono trombato anche la cameriera dell’albergo, un’equadoregna oversize, ma il vero problema rimane. E’ il pensiero.”
“Lo so” disse il nostro splendido “Lei soffre di erotomania indotta da una sovrabbondanza testosteroidea, nulla che non si può risolvere con un corretto dosaggio ormonale.
Due compresse di Estrogen al dì e tutto sarà risolto”
Scrisse rapidamente la ricetta su di un tovagliolo di carta preso al volo dal carrello delle bevande a pagamento e lo diede all’infoiato impenitente.

La sua prescrizione nelle mani tremanti del compagno di viaggio riluceva della fulgida deduzione inappellabile.

“Per quanto riguarda la sua fantasia ricorrente non si deve preoccupare, sparirà anche quella, ma se così non fosse è innocua” continuò adamantino.
“Quale fantasia?” replicò ratto il paziente.
“Quella della suora nana posseduta contro natura” aggiunse il clinico senza tema di smentita.
“E lei professore come la conosce?!” proferì a bocca aperta il derelitto islamico.
“Empatia…non ricorda sciocchino” sbottò soavemente il grande taumaturgo affibbiando uno scappellotto al distratto sodomizzatore anticlericale.
“E ora, bacia la mano che ti ha punito” concluse dandogli momentaneamente del tu e nel contempo offrendo il dorso carpale per il dovuto atto di sottomissione.

“Un ultimo consulto, Maestro…spesso ho la sensazione che la mia vita non ha senso, sono infastidito dagli altri e la gente non mi considera sufficientemente, cosa devo fare?” parlò contrito, Bing Oznama, come in un confessionale.

Il grande luminare ristette pensoso per qualche secondo, poi elargì una porzione della sua immensa saggezza.
“Il mio esimio collega, il prof. Haemo Royd mi raccontò una volta una storia illuminante.
Vi era una scimmia che era molto triste e sofferente, il suo branco non le voleva più bene come un tempo. Alcuni incontrandola non la spulciavano più e questo le dava molta pena. La scimmia rimuginava queste cose mente la foresta andava a svegliarsi alle prime ore del mattino.
Tutto era cominciato, quando era arrivata quella scimmia rossa, pensava assorto e mesto il quadrumane, e così facendo non si accorse di un giaguaro che, spuntato dal nulla, oscurò per sempre il suo sole.
Vede dunque cosa succede a dimenticarsi di essere felice per il solo fatto di essere vivo”

“Non avevo mai considerato la cosa in questi termini. Grazie, Santità” disse il devoto con voce rotta dall’emozione.

“Eh? Che grazie e grazie! Sono 500 euri per la visita, li lasci alla hostess e gli ricordi di consegnarmeli prima di uscire dall’aeromobile. Ora goda e sia morigerato per il futuro, sciò-sciò!”. Il Supremo Druido accompagnò il rimbrotto con un gesto a ventaglio della mano che lasciava chiaramente intendere di non disturbarlo oltre.
Pose il suo sguardo fuori dell’oblò verso le luci di terra che gli indicavano la capitale d’oltralpe sempre più prossima.
Sentiva su di se il sorriso di Dio ed egli lo ricambiò compiaciuto.

Continua…

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